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Servizio Sanitario Nazionale: un bene prezioso da riscoprire e difendere con i denti

di Maria Rita Montebelli

Avere un’assistenza sanitaria di tipo universalistico è, per le generazioni nate dopo gli anni ’80, un dato di fatto, un diritto scontato. Purtroppo non è così, soprattutto in una prospettiva futura. La volontà politica di mantenere pubblica l’assistenza sanitaria c’è, ma si scontra con costi crescenti, difficoltà organizzative importanti, soprattutto al Sud, con il fatto di non essere ancora riusciti a gestire la cronicità, vero incubo per gli anni a venire. Fondazione Roche dà il suo contribuito a questo importante dibattito con tre incontri dedicati al Ssn. Ieri sera il primo, dedicato all’universalismo.

18 APR - Le nuove generazioni lo danno per scontato, ma anche gli ultracinquantenni sembrano avere la memoria corta in tema di Servizio Sanitario Nazionale, che quest’anno compie i suoi primi 40 anni. Eppure la legge 833/78 ha rappresentato una rivoluzione senza precedenti per l’assistenza sanitaria in Italia, con l’abolizione delle vecchie mutue, per far posto ad un servizio sanitario ispirato ai tre principi fondanti dell’universalismo, dell’uguaglianza e dell’equità.  Le ‘mutue’, rese celebri dal dottor Tersilli, erano infatti prodighe anche oltre misura con chi aveva la fortuna di essere assistito, a fronte però di una massa di ‘figli di nessuno’ ai quali le prestazioni venivano centellinate, lasciando molti senza tutele.
 
Per ricordare a tutti che il Servizio Sanitario è un tesoro prezioso, ma tutt’altro che scontato (secondo alcuni potrebbe scomparire nell’arco di una decina d’anni) Fondazione Roche ha deciso di dedicargli tre incontri-dibattito  distinti (“40 anni di SSN – Diritti al Futuro”) nel corso dei quali i protagonisti della sanità di oggi ripercorrono questi 40 anni di SSN, aprendo una finestra sul futuro dell’assistenza universalistica, sempre più incerto in Italia, come in Europa.
 
La legge 833/78 è una delle più importanti conquiste sociali della Repubblica Italiana “ma le persone nate a cavallo degli anni ’80 –riflette la professoressa Mariapia Garavaglia, Presidente della Fondazione Roche – hanno vissuto l’SSN come una situazione di fatto, come un diritto acquisito, senza avere reale consapevolezza del grande traguardo di civiltà di una legge che, già 40 anni fa, offriva una rilettura lungimirante del concetto stesso di salute, interpretato e applicato non più come bene individuale, quanto piuttosto come risorsa della collettività (l’articolo 1 della legge recita: La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività mediante il servizio sanitario nazionale). Dallo sforzo del legislatore è derivato uno dei sistemi migliori al mondo, ancora oggi tale”.
 
 
E la bontà di questo sistema è certificata anche dall’Oms che ha incoronato il nostro SSN come il secondo migliore del mondo, anche se come efficienza è il primo in assoluto (facciamo cioè molto, spendendo relativamente poco).
“L’istituzione del SSN – fa notare il professor Walter Ricciardi, presidente dell’Istituto Superiore di Sanità  – ha introdotto un ‘prima’ e un ‘dopo’ nella sanità italiana. E’ stato un vero spartiacque. Basti pensare che prima della sua introduzione, anche partorire  in Italia era un rischio: per ogni 1.000 bambini nati, ne morivano 30 (nello stesso periodo in Francia la mortalità era di 8/1.000). Non è dunque esagerato dire che per l’Italia, l’introduzione del SSN ha rappresentato una conquista enorme che ha favorito lo sviluppo socio-economico, parallelamente a quello industriale”.
 
Certo, i problemi non mancano. “Siamo molto bravi nella gestione dei problemi acuti, delle emergenze – riflette Ricciardi – ma i veri problemi nascono sulla gestione della cronicità e dell’assistenza domiciliare (la migliore, quella dell’Emilia Romagna copre il 4% della popolazione over-65, a fronte ad esempio dell’8% di quella danese) ”.
 
Resta poi da affrontare il divario nord-sud. “Con l’aziendalizzazione delle USL – prosegue Ricciardi – alcune Regioni del nord hanno fatto dei passaggi importanti, affidandosi a grandi manager. Questo al Sud non è avvenuto. Così, oggi il Sud ha dei professionisti straordinari, ma anche delle gravi difficoltà organizzative”.
 
L’universalismo dell’SSN risuona nell’articolo 3 della Costituzione. L’accesso al sistema delle cure dovrebbe dunque essere lo stesso a Udine come a Reggio Calabria. Purtroppo la qualità del servizi è molto diversa. E a rimetterci è anche la prevenzione. Conseguenza logica di tutto ciò è che l’aspettativa di vita sia molto diversa tra Nord e Sud.
 
“Oggi la sfida forse più grande da affrontare – commenta il Ministro della Salute Beatrice Lorenzin – è quella dell’uguaglianza. La ricerca scientifica va sempre più verso la medicina personalizzata , verso la genomica; sta aprendo nuovi scenari sul fronte delle neuroscienze. Ma tutto questo costa. Sempre più. Siamo riusciti a garantire sostenibilità e accesso alle terapie avanzate istituendo il fondo dell’innovazione. Ma solo con un’attenta negoziazione avremo la possibilità di continuare a garantire a tutti l’accesso alle cure, a prescindere dal reddito.”
 
La nostra è l’unica costituzione che prevede (articolo 32) la tutela della salute come diritto fondamentale; fatto questo tutt’altro che scontato in tanti altri grandi Paesi (negli Usa ad esempio la salute è considerato una commodity, un bene commerciale); l’SSN dunque è un bene prezioso, da difendere a tutti i costi, ma che è invece trascurato al punto da non figurare neppure nel curriculum di studi del futuri medici.
Ed è bene ricordare che anche il Ssn ha i suoi diritti. “Va usato bene cioè – conclude la Garavaglia -  non è uno sportello per consumi sanitari. Dobbiamo diventare promotori di una concezione civile; il Ssn è prezioso; tutti devono lavorare e fare uno sforzo comune per non perderlo”.
 
“Il progetto ‘40 anni di SSN – Diritti al futuro’ – spiega il Direttore Generale della Fondazione Roche, avv. Fausto Massimino – nasce dalla volontà della Fondazione di offrire dei momenti di dialogo e di confronto tra esponenti del mondo sanitario, del giornalismo e memorie storiche del decennio di conquiste sociali a cavallo tra il ’68 e la fine degli anni ’70, per sensibilizzare e aumentare la consapevolezza della società verso la conquista di un servizio sanitario pubblico, equo e universalistico. Non vuole però essere una commemorazione storica di quello che è stato, quanto piuttosto un commento ad una Legge attuale, con un occhio alle sfide che ci attendono in futuro”.
 
Maria Rita Montebelli

18 aprile 2018
© Riproduzione riservata

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