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Usa: la genetica in aiuto della fecondazione in vitro


Uno studio pubblicato su Developmental Cell mostra come la recettività uterina sia regolata dai geni Msx1 e Msx2. E come tramite la manipolazione di questi sia possibile migliorare i tassi di riuscita della Fivet.

21 NOV - Uno dei principali problemi per le coppie che si sottopongono a trattamenti di procreazione medicalmente assistita è il loro basso tasso di successo. Per la fecondazione in vitro con embryo transfer (Fivet), nella quale l’embrione fecondato viene trasferito direttamente nell’utero della donna, questa percentuale si attesta intorno al 30%. Ma secondo uno studio del Cincinnati Children’s Hospital Medical Center, pubblicato su Developmental Cell, questi risultati potrebbero essere migliorati aumentando – nel momento giusto – l’espressione nei tessuti dell’utero di due particolari geni (Msx1 e Msx2).
Msx1 e Msx2 giocano un ruolo fondamentale nella formazione degli organi durante lo sviluppo del feto, ma sono anche essenziali per assicurare che l’utero sia pronto a ricevere l’impianto di embrioni fecondati. Una recettività uterina compromessa è, infatti, una delle principali cause di fallimento dei trattamenti di fertilizzazione in vitro. “I nostri risultati – ha spiegato Sudhansu K. Dey, direttore della Divisione di Scienze Riproduttive nell’istituto di Cincinnati – suggeriscono che presto potremmo essere in grado di sviluppare terapie genetiche per migliorare le percentuali di successo degli impianti. Ad esempio potremmo estendere la finestra di recettività dell’utero, garantendo agli embrioni un tempo maggiore per l’annidamento nell’utero”.
Per dimostrare la funzione dei geni Msx nella riproduzione umana, i ricercatori hanno usato dei topi nei quali questi non erano correttamente espressi. Questi roditori mostravano fertilità compromessa a diversi livelli, a seconda che fosse represso solo uno o entrambi i geni. Le cavie alle quali era stato cancellato Msx1 generavano prole sottosviluppata o non ne generavano affatto, mentre l’eliminazione congiunta con Msx2 risultava in una infertilità completa, dovuta al fatto che gli embrioni non riuscivano ad annidarsi nell’utero.

Ma che ruolo hanno questi geni nel caso umano? Analisi hanno dimostrato che l’espressione di Msx1 e Msx2 nei tessuti uterini cambia secondo le fasi del ciclo mestruale, facilitando – al momento giusto – l’impianto e l’embriogenesi.  Per questo il loro studio potrebbe essere utile per lo sviluppo di nuove strategie per migliorare gli esiti dei cicli di Fivet.
Il presente studio suggerisce anche che questi geni favoriscano e mantengano la recettività uterina senza alterare i livelli ormonali o la sensibilità dell’organo agli ormoni. Per questo, secondo i ricercatori, gli stessi geni Msx potrebbero essere utili anche per lo sviluppo di contraccettivi non steroidei.
Gli scienziati di Cincinnati stanno oggi lavorando per sviluppare tutte le possibili applicazioni. “Sebbene siano necessari ulteriori studi per applicare queste scoperte anche su modello umano – fanno sapere dal Children’s Hospital Medical Center – abbiamo fatto un passo avanti nella comprensione dei processi molecolari che sono alla base della fertilità femminile. E soprattutto abbiamo capito che questi possono essere cambiati secondo necessità”.

Laura Berardi

21 novembre 2011
© Riproduzione riservata

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