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Monica Bertagnolli è la nuova presidente dell’American Society of Clinical Oncology. L’intervista esclusiva di Quotidiano Sanità

di Maria Rita Montebelli

Una donna determinata e solare, di origini italo-francesi, è il nuovo presidente della società scientifica degli oncologi americani. Monica Bertagnolli, 59 anni, è un chirurgo oncologo ‘dalle mani d’oro’ presso i templi della medicina stelle-e-strisce, il Brigham and Women’s Hospital e il Dana-Farber Cancer Institute. Professore di chirurgia ad Harvard, è sposata e ha due figli. A colloquio con una donna che è riuscita con la sua grinta e determinazione a sfondare il ‘tetto di cristallo’.

03 GIU - Un curriculum da donna bionica quello di Monica Bertagnolli, che diventerà presidente dell’American Society of Clinical Oncology (ASCO), dal momento in cui il congresso-monster annuale degli oncologi americani (oltre 39.000 partecipanti) chiederà i battenti il prossimo 5 giugno a Chicago.

La Bertagnolli vive a Boston con il marito e i suoi due figli. Ed è un mistero il come riesca a conciliare la sua complessa vita professionale, alla quale si sono appena aggiunti gli oneri e gli onori dell’essere a capo di una delle più grandi società scientifiche del mondo.

E’ direttore della Divisione di Chirurgia Oncologia presso il Dana-Farber/Brigham and Women’s Cancer Center, professore di chirurgia alla  Harvard Medical School, e chirurgo presso il Brigham and Women’s Hospital e il Dana-Farber Cancer Institute. Come se non bastasse, la Bertagnolli ha già ricoperto diversi ruoli all’interno dell’ASCO, partecipando al Board of Directors, al Cancer Prevention Committee e allo Strategic Planning Committee.

L’abbiamo incontrata a Chicago durante il congresso dell’ASCO.
 
Quali sono le sue radici e visto il suo nome, parla italiano?
No, non proprio e me ne dispiace. Mio padre diceva che conosco abbastanza italiano per mettermi nei guai, ma non abbastanza per tirarmene fuori. Mio padre è originario di Bolzano, mia madre di un paesino dei Paesi Baschi francesi. Un mix pazzesco.

Lei ha un curriculum da Wonder Woman; qual è il segreto del suo successo?
No, non sono una creatura bionica e neppure una wonder woman. Ma ho energia da vendere, quello si, e sono una donna molto fortunata. Tante cose mi sono andate bene nella vita; ho avuto dei genitori che mi hanno insegnato il valore di lavorare duro e di studiare per arrivare a fare qualcosa di importante nella vita. Ho avuto un’istruzione meravigliosa e sono stata messa nelle condizioni di fare il training in chirurgia in ospedali dove ho incontrato dei mentori meravigliosi. Lavoro veramente tanto, ma sono felicissima perché so che quello che faccio è veramente importante. Ho sempre pensato che questo lavoro fosse il più difficile da fare ma anche il più meraviglioso. E naturalmente sono molto fortunata ad avere accanto un marito stupendo che mi supporta in tutte le mie attività e due ragazzi meravigliosi, ormai adulti, che mi fanno sentire quanto sia importante per loro quello che faccio. Per me è stato fondamentale avere tutto questo supporto dagli uomini della mia vita.
 
Quali sono le sue priorità come presidente dell’ASCO?
Il nostro è un lavoro di squadra. La qualità delle persone con le quali lavoro qui all’ASCO è molto elevata; il mio lavoro consisterà nell’esaminare piani e strategie che l’organizzazione ha messo insieme e capire cosa posso fare per fare del mio meglio e mettere in condizioni le persone intorno a me di fare la loro parte. Io farò la mia parte, al meglio delle mie possibilità, ma come sempre, se sono arrivata dove sono oggi, lo devo anche e soprattutto alle persone meravigliose che hanno lavorato con me. Non sto cercando di essere modesta, sono veramente molto grata a tutti quelli che lavorano con me.
 
Lei è una donna di successo in tutti i campi. Se i suoi genitori non si fossero trasferiti negli Usa avrebbe fatto tutto questo?
Penso che per la mia natura, essendo molto curiosa e determinata nel lavoro, avrei comunque raggiunto degli obiettivi anche in un altro contesto. Ma chissà cosa sarebbe potuto accadere! Di certo sono molto fortunata a vivere in questo Paese. e quando penso alla fortuna di vivere in questo contesto, questo mi dà anche la forza e la motivazione di raggiungere sempre nuove mete; se la gente ti dà tanto, si aspetta anche tanto da te, insomma. Quindi non posso permettermi di perdere questa opportunità che viene data a così poche persone.
 
Le donne all’ASCO sono messe in condizioni di arrivare ai vertici?
Si certo. Ne è una prova il fatto che le donne presidenti all’ASCO non sono una rarità. L’ASCO ha sempre avuto una buona rappresentanza femminile anche nel board. Dove siamo invece ancora indietro è con le minoranze etniche.  La nostra idea è che la nostra organizzazione e la nostra leadership debbano riflettere la tipologia dei pazienti che trattiamo; ci siamo riuscendo bene sul versante delle donne (35-40% degli oncologi sono donne) , non ancora in quello delle minoranze, perché lì non abbiamo ancora la pipeline, quindi c’è da lavorare veramente tanto.
 
In questa nazione ci sono ancora i tetti di cristallo per le donne medico o peggio chirurgo?
Naturalmente si. Ma la cosa peggiore di queste cattivi atteggiamenti è che spesso vengono dalle stesse donne. Le survey condotte sul gender bias, dimostrano che a livello inconscio sono le donne per prime ad avere questo bias nei confronti del loro stesso sesso. Quindi, come donne abbiamo un ruolo importante nel fare attenzione a questo bias e a non portarlo avanti noi stesse. Dobbiamo essere parte della soluzione, giorno dopo giorno, se vogliamo rimuovere tutti i ‘tetti di cristallo’ nella nostra professione. Il primo passo è quello di riconoscere che ci sono dei bias e che sono ingiusti. Se una donna, e non solo per fatto di essere una donna, fosse veramente inadatta a fare un lavoro, allora ovviamente non dovrebbe farlo. Ma se non esiste ragione per cui il gender bias debba giocare un ruolo nel penalizzare una donna nella sua carriera, allora dovremmo decisamente eliminarlo. Quindi, il primo passo consiste nel capire che esiste un bias, poi bisogna lavorare attivamente per rimuoverlo. E penso che, almeno a livello dell’ASCO, stiamo facendo grandi progressi in questo.
 
Cosa direbbe a una giovane donna all’inizio della sua carriera?
E’ veramente molto semplice. Il mio consiglio è: credi in te stessa e non accettare mai un ‘no’ come risposta. Sii determinata, anche se non tutti i ‘no’ diventeranno ‘si’ e non tutte le porte si apriranno. Ma tu continua a bussare a quelle porte e alla fine una si aprirà. Abbia fiducia perché intorno a te c’è sempre qualcuno che vuole vederti crescere e avere successo. Se sei fortunata incontrerai queste persone nella vita, ma certo te le dovrai anche cercare. Il successo è certamente in gran parte dovuto a quello che facciamo noi stesse, ma anche a chi incontriamo nella nostra vita. Nessuno ce la può fare da solo. E’ uno sbaglio pensarlo. E’ molto tipico delle donne della mia generazione pensare ‘ce la posso fare da sola!’ , senza capire quanta forza può venire dal chiedere aiuto agli altri, anche ad altre donne.
 
Maria Rita Montebelli

03 giugno 2018
© Riproduzione riservata

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