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Usa. La sconfitta dell’Hiv si avvicina grazie a un metodo che previene il contagio

di Laura Berardi

Nella giornata mondiale contro l’Aids arriva un’ottima notizia: ricercatori del California Institute of Technology avrebbero sviluppato un modo che blocca il contagio da Hiv nei topi. Si chiama VIP e gli scienziati sperano possa funzionare anche sull’uomo. Lo studio su Nature.

30 NOV - Si chiama VIP, ma non è l’acronimo di Very Important Person. Si tratta invece della Vectored ImmunoProphylaxis, un nuovo promettente metodo per prevenire il contagio da HIV. Il nuovo sistema, pubblicato a meno di ventiquattro ore dalla giornata mondiale contro l’Aids, arriva dal California Institute of Technology (Caltech), dove per tutto lo scorso anno un team di ricerca ha studiato un gruppo di anticorpi che in laboratorio riusciva a neutralizzare il virus da immunodeficienza. Gli scienziati, tra cui anche il premio nobel David Baltimore, sono finalmente riusciti a sviluppare un metodo per trasferire questi anticorpi nei topi, neutralizzando l’infezione. Il sorprendente studio è stato pubblicato su Nature.
L’approccio normale quando si sviluppa un vaccino è quello di usare delle sostanze che scatenino la risposta immunitaria, talvolta stimolando la nascita di anticorpi, altre volte attivando i linfociti T contro le cellule infette. I ricercatori statunitensi si sono allora chiesti se potesse funzionare un metodo che fornisse direttamente quegli anticorpi capaci di bloccare l’infezione. La risposta, sorprendentemente, è stata positiva. “VIP ha lo stesso identico effetto finale di un vaccino. Solo che il sistema immunitario non deve fare nulla”, ha spiegato entusiasta Alejandro Balazs, ricercatore che ha coordinato lo studio. “Non dobbiamo più aspettare che sia l’organismo a produrre la risposta all’antigene o al batterio, abbiamo semplificato il tutto”.
 
Ma come hanno fatto i ricercatori ad ottenere questo straordinario risultato?Innanzi tutto hanno dovuto creare in laboratorio dei roditori che fossero sensibili all’HIV, perché i topi in generale sono immuni alla malattia. Poi hanno utilizzato un virus adeno-associato (AAV), un piccolo agente patogeno incapace di sviluppare una reale infezione, per trasferire nell’organismo delle cavie i geni che attivano la produzione degli anticorpi specifici. Una produzione massiccia, che non si interrompeva più per tutto il resto della vita di questi piccoli topi.
Bastava una singola iniezione degli AVV per sviluppare una quantità di anticorpi che resisteva anche ad un esposizione crescente al virus HIV, che avveniva via flebo. Per testare l’efficacia di questo metodo infatti gli scienziati hanno continuato ad aumentare la dose di virus con cui i topi venivano a contatto, partendo da un nanogrammo (che è già una dose che infetta la maggior parte dei piccoli roditori) sono arrivati fino alla dose record di 125 nanogrammi di virus. “Per noi è stata una specie di sfida, ci aspettavamo che prima o poi ci sarebbe stata una soglia limite superata la quale gli anticorpi non sarebbero più stati capaci di proteggere le cavie”, ha spiegato Balazs. “Siamo arrivati a somministrare loro una dose 100 volte maggiore di quella che sarebbe bastata a infettare sette topi su otto, una quantità che è decisamente maggiore anche di quella alla quale qualsiasi essere umano potrebbe incontrare. E gli anticorpi hanno risposto anche a quella.”
Un risultato che se confermato anche sugli esseri umani potrebbe segnare un passaggio epocale. Ma su cui i ricercatori, nonostante il chiaro entusiasmo, spingono alla cautela. “Non giuriamo di aver definitivamente risolto il problema dell’HIV”, ha frenato il Nobel David Baltimore. “Se la biologia dell’Aids negli esseri umani è simile a quella che abbiamo osservato nei topi allora abbiamo scoperto il modo di evitare il contagio da persona a persona. Ma questo è proprio un gran bel se”.
 
Il team ha infatti precisato che le diversità tra roditori ed esseri umani potrebbe essere troppo grande, nel qual caso non è detto che lo stesso approccio efficace sulle cavie sia poi realmente indicato anche sugli uomini. Nonostante questo i ricercatori sperano che visto che il successo sui topi è stato così straordinario, tanto da essere addirittura indipendente dalle quantità di HIV con cui le cavie venivano a contatto, allora questi risultati potrebbero essere veramente promettenti. “Quando si sviluppa un normale vaccino – ha concluso Balazs – l’incognita più grande è sapere se i composti che vengono inoculati svilupperanno una risposta immunitaria. Ma noi già sappiamo che questi anticorpi funzionano, dobbiamo solo sperare che il metodo per somministrarli sia efficace negli umani quanto nei topi. Se dovessimo scoprire questo la probabilità che VIP possa essere il futuro della lotta all’Aids sarebbero decisamente alte”.
 
Laura Berardi

30 novembre 2011
© Riproduzione riservata

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