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Colesterolo. Attenzione alle terapie. Metà dei pazienti trattati con farmaci sbagliati


Pubblicato lo STAR, uno studio di pratica clinica condotto su 5 ASL italiane. La ricerca riporta che più della metà dei pazienti a rischio non viene trattato con i farmaci giusti, con implicazioni dal punto di vista del rischio cardiaco per i pazienti e dei costi della salute.

02 DIC - Che succede quando i pazienti ad elevato rischio per patologie cardiache ricevono trattamenti non adeguati? Oltre a una cattiva aderenza alla terapia, il problema si riflette anche in un consumo inappropriato di risorse e quindi un aumento dei costi per il sistema sanitario nazionale. Secondo lo studio STAR (Statins Target Assessment In Real Practice), condotto dalla società CliCon che si occupa di ricerca sanitaria, in collaborazione con l’azienda biofarmaceutica AstraZeneca, questo accadrebbe addirittura per oltre il 50% dei pazienti a rischio cardiovascolare.
Lo studio, tutto italiano, è stato condotto in 5 ASL su 912 pazienti con obiettivo terapeutico di riduzione di oltre la metà dei livelli di LDL, ovvero del cosiddetto “colesterolo cattivo”.
 
In Italia, le persone che hanno un profilo lipidico non ottimale sono numerose, sia pure meno che nei paesi del Nord Europa. Questi pazienti, che presentano alti livelli di rischio cardiaco, per il nostro sistema sanitario hanno diritto alle statine in regime di rimborsabilità. Ma gli obiettivi da raggiungere non sono gli stessi per tutti, cambiano da paziente all'altro, a seconda dei livelli di colesterolo di partenza. Inoltre, non tutte le statine disponibili sono efficaci allo stesso modo.
Non pochi tra questi pazienti, ad esempio, a causa del proprio profilo di rischio cardiovascolare, dovrebbero assumere terapie specifiche per ridurre in modo drastico i livelli di colesterolo. “Nei pazienti che noi definiamo a rischio alto e molto alto, quelli cioè che già hanno subito un precedente infarto o ictus, hanno placche ateromatose a livello carotideo, oppure pazienti affetti da angina o da diabete – ha spiegato Andrea Mezzetti, presidente della Società Italiana per lo Studio dell’Aterosclerosi  – le Linee Guida raccomandano di mantenere  il colesterolo cattivo LDL a livelli inferiori rispettivamente a 100 mg/dL e addirittura a 70 mg/dL”.
 
Questi pazienti dovrebbero essere trattati con farmaci efficaci nel migliorare il profilo lipidico, attraverso una maggiore riduzione del colesterolo-LDL associata ad un maggior incremento del colesterolo-HDL, il cosiddetto “colesterolo buono”. Nello studio è stata presa in considerazione la rosuvastatina, una molecola ad alta efficacia e tollerabilità, che permette ad una percentuale molto alta di pazienti di raggiungere i target terapeutici consigliati dalle linee guida internazionali.
Lo studio STAR ha però messo in evidenza che oltre il 50% dei pazienti non riceve i farmaci anticolesterolo raccomandati, nelle dosi efficaci per raggiungere i corretti livelli e con la durata adeguata, con conseguenti sprechi per il sistema sanitario. Secondo i ricercatori, nelle persone a rischio cardiovascolare, il giusto farmaco consentirebbe di ridurre mediamente del 50% i livelli di colesterolo LDL. Tale riduzione si assocerebbe a una corrispondente diminuzione del 44% dell’incidenza di eventi cardiovascolari maggiori, del 47% del rischio combinato di infarto, ictus e mortalità; del 54%, del rischio di infarto; di poco meno del 50% del rischio di ictus e del 20% della mortalità totale.
 
L’appropriatezza prescrittiva secondo i medici ha quindi implicazioni dal punto di vista del rischio cardiaco per i pazienti e dei costi della salute. “La mancata protezione cardiovascolare a distanza di anni causerà una serie di gravi eventi, il cui  costo assistenziale sarebbe potuto essere evitato”, ha spiegato Luca Degli Esposti, presidente di Clicon.
Lo studio ha confermato che nei  pazienti con obiettivo terapeutico di riduzione ≥ 50% dei livelli di LDL, l’appropriatezza della prescrizione, l'impiego di statine ad alta efficacia e l'aderenza alla prescrizione costituiscono i fattori chiave del  raggiungimento dell’obiettivo terapeutico. Dunque, se la prescrizione è fatta secondo un criterio di appropriatezza, sulla base di quanto raccomandato dalle Linee Guida in base al livello obiettivo del rischio cardiovascolare, la terapia ipocolesterolemizzante riduce il rischio di andare incontro a un evento cardiovascolare. “La chiave dev’essere quella della sostenibilità – ha concluso Degli Esposti – e questa, a sua volta, può essere raggiunta a condizione che in ogni situazione clinica sia utilizzato il farmaco meglio in grado di raggiungere l’obiettivo terapeutico al minor rapporto costo/efficacia, e che il paziente assuma realmente il farmaco prescritto ai dosaggi stabiliti dal medico. Sono queste due condizioni che contribuiscono a ridurre il rischio di eventi cardiovascolari gravi, con le connesse conseguenze in termini di salute e di costi”.

02 dicembre 2011
© Riproduzione riservata

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