05 DIC - Saranno probabilmente da rivedere le linee guida sulla Fibrosi polmonare idiopatica (FPI), approvate appena a marzo 2011. La notizia arriva dal XII Congresso Nazionale dell’Associazione Italiana Pneumologi Ospedalieri in corso a Bologna. Recentemente, infatti, la tripla terapia (così come la terapia basata sugli anticoagulanti) ha visto sospendere i propri trial clinici perché ha dimostrato di aumentare mortalità tra i pazienti e tasso di ricoveri di ben 10 volte.
La FPI è una malattia polmonare rara che affligge globalmente oltre 200.000 pazienti nell’Unione europea e negli Stati Uniti. È una malattia gravemente invalidante che colpisce pazienti adulti (di età media di 64 anni), caratterizzata da un tasso di sopravvivenza pari solo al 20% a 5 anni. La patologia è infatti caratterizzata da una proliferazione fibrotica che nel tempo va progressivamente a ridurre la capacità polmonare fino a provocare la morte per insufficienza respiratoria.
“I pazienti che arrivano oggi al nostro centro sono persone che spesso hanno una malattia in stadio avanzato, diagnosticata con un ritardo di anni e curata con farmaci come quelli inclusi nella tripla terapia o a base di cortisone” , ha spiegato Luca Richeldi, direttore del Centro Interdipartimentale per le Malattie Rare del Polmone (Marp) del Policlinico Universitario di Modena. “Alla luce della sospensione del primo di questi trattamenti, tra i possibili regimi terapeutici quello rimasto come scelta più adeguata è probabilmente il pirfenidone”. Come si legge proprio nelle linee guida pubblicate a marzo infatti, seppure dai trial emerga che i corticosteroidi possano essere un trattamento efficace per molti pazienti, in alcuni casi questi potrebbero essere sconsigliabili.
Direttore generale
Ernesto Rodriquez