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Anestesia. Convegno Siaarti. Focus su sostenibilità, scelte green e buone pratiche cliniche

di Marzia Caposio

Utilizzare tecniche anestesiologiche “cucite” sul paziente, effettuare un costante monitoraggio e utilizzare prodotti in modo “green”. Questi i temi al centro del Convegno Camp 2 della Siaarti

26 SET - Scegliere le giuste tecniche anestesiologiche a seconda del paziente, effettuare un costante monitoraggio e utilizzare prodotti in modo “green”. Sono stati questi i temi al centro del Convegno Camp 2 organizzato dalla Società Italiana di Anestesia e Rianimazione Italiana – Siaarti, che si è svolto il 21 e 22 settembre scorsi a Udine.

“Sono milioni le anestesie che ogni anno vengono condotte nel mondo, ed altissime sono le possibilità che un individuo vi si sottoponga nell’arco della sua vita almeno una volta. L’evoluzione tecnica e farmacologica ha raggiunto livelli di sicurezza e di prestazioni notevoli, con ricorso a metodiche miste che utilizzano sia farmaci endovenosi sia inalatori”, spiega Amato De Monte, e organizzatore del congresso e responsabile del Dipartimento di Anestesia e Rianimazione dell’Azienda ospedaliero-universitaria di Udine. “Durante il convegno – prosegue De Monte – si è discusso dell’utilizzo della più classica delle tecniche di anestesia: quella inalatoria, con particolare interesse verso una metodologia resa possibile dalla messa a punto di macchine di anestesia sofisticate, e dalla disponibilità di vapori anestetici in grado di garantire la prestazione in sicurezza”.
 
Proprio per garantire la massima sicurezza ai pazienti, “è fondamentale seguire delle buone pratiche di monitoraggio”, specifica Antonio Corcione, Presidente Siaarti e Direttore UOC Anestesia e Tipo Ao Dei Colli, V. Monaldi Napoli. “Come Siaarti, negli ultimi 3 anni ci siamo battuti proprio per diffondere in tutti gli ospedali italiani, da Nord a Sud, delle linee di indirizzo comuni sulle corrette pratiche cliniche da seguire per garantire la sicurezza di pazienti e operatori e la buona riuscita degli interventi”, prosegue Corcione.
 
Il monitoraggio del paziente si può fare a più livelli: “possiamo usufruire del controllo della temperatura corporea, del monitoraggio emodinamico e di quello neuromuscolare; del monitoraggio del dolore e della profondità di anestesia che ci permette di evitare il rischio di risveglio intraoperatorio”, spiega l’esperto. “I farmaci che abbiamo a disposizione oggi sono molto più sicuri e meno tossici di quelli di un tempo, ma seguire dei protocolli aiuta a fare le scelte migliori”.
 
Altro aspetto fondamentale è la personalizzazione dell’anestesia. “Al di là della tecnica utilizzata, che sia per via endovenosa, per via inalatoria o mista, dobbiamo cucire addosso al paziente la giusta anestesia in base alle eventuali patologie che presenta, al peso, all’altezza e all’età”, precisa Corcione.
 
“Si cerca – infatti – di fare un’anestesia sempre più sartoriale”, aggiunge Flavia Petrini, Presidente eletto Siaarti e Direttore Uoc Anestesia, Rianimazione e Terapia Intensiva del P.O. SS.ma Annunziata dell’Azienda Sanitaria Locale 2 Abruzzo. “Per esempio i pazienti obesi hanno necessità particolari in quanto possono avere un rischio aumentato di complicanze. Lo stesso desflurano rappresenta una scelta molto vantaggiosa per questi pazienti – prosegue Petrini – Altra categoria di persone per cui è consigliabile l’utilizzo di questo farmaco è quella dell’anziano: la scelta del desflurano può rivelarsi utile per garantire al paziente una rapida ripresa delle funzioni vitali”, sottolinea l’esperta.
 
“Se poi riusciamo ad ottimizzare l’utilizzo di questo farmaco e lo associamo ad oppioidi per via endovenosa, la stabilità emodinamica del paziente è davvero eccezionale”, aggiunge Corcione che conclude precisando che “in pazienti con ad esempio insufficienza renale o epatica l’anestesia inalatoria è da preferirsi su quella endovenosa perché meno tossica”.
 
Al congresso Camp 2 si è poi affrontato un aspetto che spesso si tende a non considerare, ma che invece dovrebbe essere maggiormente preso in considerazione: il fattore ambientale. “Per la prima volta poi abbiamo trattato il tema dell’impatto ambientale degli anestetici, confrontando le diverse tecniche anestesiologiche, sia endovenose che gassose. I dati a nostra disposizione – spiega De Monte – ci consentono di sfatare il mito del maggiore inquinamento degli alogenati e ridimensionare l’impatto generale rispetto ad altri fattori inquinanti”. L’attenzione all’ambiente è confermata anche da Flavia Petrini: “le siringhe utilizzate per somministrare anestesie endovenose e packaging non fanno altro che aumentare il carico dell’inquinamento ambientale”, conclude l’esperta.

Il fattore green non è passato inosservato neanche a Baxter, azienda multinazionale medicale leader in anestesia che ha lanciato l’innovativa campagna Play to recycle. Obiettivo dell’iniziativa sensibilizzare al riciclo dei contenitori di alluminio per tutelare l’ambiente. Baxter da anni, infatti, ha convertito l’intera produzione dei contenitori dei propri agenti anestetici inalatori all’alluminio, materiale che, tra tutti quelli esistenti, ha il minore impatto ambientale, come ricorda anche il CONAI, la correlazione tra le tonnellate riciclate e le tonnellate di CO2 equivalenti risparmiate.
 
Dunque, riciclare 50 flaconi di alluminio, consente di produrre il telaio di una bicicletta, con un risparmio di più di 50 kg di gas serra. Ridurre l’impatto ambientale rientra dunque nelle priorità di Baxter che per il XIX anno consecutivo è stata inserita nel Dow Jones Sustainability World Index, che misura la performance delle aziende in tema di sostenibilità e rappresenta uno dei più prestigiosi riconoscimenti a livello globale per la responsabilità sociale.
 
Marzia Caposio

26 settembre 2018
© Riproduzione riservata

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