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Hausermann (Assogenerici): “Italia prenda posizione su deroga ai certificati supplementari di protezione brevetti farmaceutici”


La riforma dell’SPC Manufacturing Waiver è all’ordine del giorno della riunione del Consiglio europeo per la Competitività in programma domani e dopodomani a Bruxelles e ha già ricevuto l’appoggio degli altri grandi Paesi produttori di medicinali, come Germania e Francia. Solo l’Italia deve ancora esprimersi.

28 NOV - “La riunione del Consiglio europeo per la Competitività – in programma domani e dopodomani a Bruxelles – è l’occasione buona perché il Governo italiano prenda finalmente posizione in merito alla riforma del certificato supplementare di protezione (SPC) dei brevetti farmaceutici. Ci auguriamo che i rappresentanti italiani vogliano e sappiano schierarsi con decisione su una scelta che non intacca in alcun modo le tutele brevettuali ma consente alle aziende italiane di competere alla pari con gli altri protagonisti del settore off patent a livello mondiale”. A dichiararlo è Enrique Häusermann, presidente Assogenerici, sottolineando le opportunità potenzialmente offerte dalla proposta di legge varata a fine maggio dalla Commissione Ue sul "Supplementary Protection Certificate (SPC) Manufacturing Waiver”.

Un intervento in materia è da lungo tempo sollecitato dai produttori europei di generici e biosimilari, oggi gravemente penalizzati dalla normativa vigente che estende fino a ulteriori 5 anni la durata già ventennale dei brevetti farmaceutici europei per consentire ai titolari del brevetto di recuperare il tempo intercorso tra il deposito del brevetto e l’ottenimento dell’AIC dei prodotti.

Durante tutto questo periodo le aziende produttrici di farmaci generici e biosimilari non possono produrre sul territorio europeo, neanche per esportare verso quei Paesi dove i diritti brevettuali sono già scaduti. Le aziende europee sono così esposte ad una pesante concorrenza da parte delle imprese che producono nei Paesi extra-Ue, dove non esistono analoghe restrizioni e per poter competere alla pari si trovano costrette a delocalizzare gli impianti stringendo accordi vincolati con i Paesi ospiti.

L’introduzione di una reale deroga all’SPC non altererebbe in alcun modo l’equilibrio brevettuale in ambito europeo, ma la proposta legislativa finalmente prodotta dalla Commissione Ue ha tradito tutte le ragionevoli aspettative, prevedendo dei paletti che di fatto renderebbero inutilizzabile la deroga per i produttori di off patent - specie per le piccole e medie imprese che già oggi, con l’attuale normativa, restano spesso tagliate fuori dalla competizione globale non possedendo le stesse capacità di delocalizzazione delle multinazionali - garantendo un forte vantaggio ai produttori extra UE e mettendo a rischio il primato raggiunto dal nostro Paese, divenuto primo produttore di farmaci in Europa (a valore).

“È a nostro avviso evidente che le pressioni esercitate da chi ha interessi acquisiti sui policymaker europei rischiano di annacquare e vanificare un corretto tentativo di sostenere l’industria farmaceutica europea incrementando i posti di lavoro nel settore”, afferma ancora Häusemann.

Le stesse preoccupazioni sembrano essere state condivise dal Comitato per la salute del Parlamento Europeo (Committee on the Environment, Public Health and Food Safety - ENVI) che proprio ieri ha inviato alla Commissione giuridica le proprie proposte emendative alla legge in esame.

“Gli emendamenti proposti dall’ENVI – prosegue il presidente Assogenerici – mirano a consentire alle aziende di produrre e stoccare i lotti prodotti in presenza di SPC nei propri magazzini per venderli nei paesi UE dal giorno successivo alla scadenza del brevetto (Day-1 entry) e garanti e a proteggere le informazioni commerciali riservate nel contesto delle procedura di notifica di avvio della produzione. L’ENVI non è però intervenuto sulle modalità di entrata in vigore della deroga che – nella versione proposta dalla Commissione UE - scatterebbe solo per i nuovi SPC, palesando i propri effetti tra almeno 10 anni”.

“Ci augriamo che il Governo italiano si schieri al fianco degli altri Paesi grandi produttori del settore come la Germania e la Francia sollecitando anche una data di applicazione più ragionevole di queste misure – conclude Häusermann. – Perché deve essere chiaro a tutti che se l’Europa sceglierà di lasciare campo libero alla concorrenza delle aziende cinesi, indiane o statunitensi dovrà anche prepararsi a perdere oltre un miliardo di euro di ulteriori entrate annuali derivanti dall’esportazione e decine di migliaia di nuovi posti di lavoro altamente qualificati”.

28 novembre 2018
© Riproduzione riservata

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