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Terapia ormonale sostitutiva e trombosi venosa. ‘Cerotto’ ed estradiolo non aumentano rischio

di Maria Rita Montebelli

Due grandi studi inglesi, appena pubblicati su British Medical Journal hanno analizzato il rischio di malattia tromboembolica derivante dall’uso di diverse formulazioni di terapia ormonale sostituiva. In generale, le formulazioni in ‘cerotto’ sono risultate sicure, mentre il rischio aumenta con quelle in compresse, che sono peraltro le favorite dalle pazienti. Buona la safety delle formulazioni a base di estradiolo. Il rischio maggiore (+210%) è stato osservato con le compresse di estrogeni equini coniugati e medrossiprogesterone acetato .

14 GEN - Il rischio di trombosi venosa profonda è davvero aumentato per le pazienti che fanno uso di terapia ormonale sostitutiva? E se si, in quale misura? Sono le domande alle quali ha cercato di care risposta una ricerca pubblicata su BMJ, a prima firma Yana Vinogradova della Divisione di Cure Primarie, dell’Università di Nottingham (GB). I ricercatori hanno condotto due studi caso-controllo nidificati attingendo ai dati della medicina primaria inglese immagazzinati nelle banche dati del QResearch e del Clinical Practice Research Datalink (CPRD) e collegati a dati ospedalieri, di mortalità e di condizioni di disagio sociale.
 
Sono stati inclusi i dati relativi a 80.396 donne di età compresa tra 40 e 79 anni con una diagnosi di malattia tromboembolica fatta tra il 1998 e il 2017 e confrontati con quelli di 391.4949 controlli della stessa età.
I casi di malattia tromboembolica, registrati in un contesto di cure primarie, di mortalità e di dati ospedalieri sono le principali misure di outcome prese in considerazione e sono state aggiustate per abitudine tabagica, dati demografici, consumo di alcol, presenza di comorbilità, eventi medici occorsi di recenti e terapie in corso.
 
In totale, casi di tromboembolismo venoso sono stati registrati nel 7,2% dei casi e nel 5,5% dei controlli esposti al trattamento con terapia ormonale sostitutiva (HRT) nei 90 giorni precedenti la data indice. In questi due gruppi, rispettivamente l’85% e il 78% delle donne utilizzava la terapia orale, che è risultata associata ad un rischio significativamente aumentato di TVP (+58%), rispetto al non assumere alcuna terapia, e questo sia per le preparazioni a base di soli estrogeni (rischio + 40%), che per le combinazioni (rischio + 73%).
 
Le terapie sostitutive a base di estradiolo presentavano un rischio di TVP inferiore sia rispetto a quelle a base di estrogeni equini coniugati sia nelle preparazioni a base di soli estrogeni, che nelle associazioni.
Quando confrontate con le donne che non assumevano HRT, le associazioni a base di estrogeni equini coniugati e medrossiprogesterone acetato presentavano il rischio maggiore di TVP (+210%); al contrario le associazioni a base di estradiolo-didrogesterone erano quelle con il rischio di TVP più limitato (+18%).
 
Le formulazioni transdermiche non sono risultate associate al rischio di tromboembolia venosa e questo a prescindere dai farmaci contenuti nel cerotto.
 
Gli autori concludono dunque che questo studio dimostra che le preparazioni transdermiche sono le più sicure per la terapia ormonale sostitutiva, rispetto al rischio di malattia tromboembolica. Purtroppo il trattamento in ‘cerotto’ è ampiamente sottoutilizzato poiché le pazienti sembrano preferire le formulazioni in compresse.
 
Maria Rita Montebelli

14 gennaio 2019
© Riproduzione riservata

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