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Alzheimer e diabete. Il Cnr studia il legame tra le due malattie


Ricercatori italiani degli Istituti di biomedicina e immunologia molecolare e di biofisica stanno portando avanti la ricerca per lo sviluppo di nuovi farmaci. Di Carlo (Ibf): “Dopo aver individuato la il giusto target molecolare, abbiamo cominciato la sperimentazione”.

17 GEN - Continua lo studio tutto italiano che ha portato alla luce il possibile legame tra malattia di Alzheimer e diabete. La ricerca partiva dai risultati di uno studio statunitense: pazienti con valori elevati di glicemia presentavano una probabilità dell’85% di ammalarsi di Alzheimer. Da lì l’idea per lo studio italiano, condotto dagli Istituti di biomedicina e immunologia molecolare (Ibim) e di biofisica (Ibf) del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) di Palermo e dal dipartimento di Fisica dell’Università di Palermo e pubblicato su Aging Cell. Abbiamo chiesto a Marta Di Carlo, dell’Ibim, di spiegarci come è stata condotta quella ricerca e come va avanti oggi il lavoro del team.

Perché questa ricerca?
“Dalla letteratura scientifica più recente era stato osservato che i pazienti affetti da Alzheimer presentavano una riduzione di insulina (ormone responsabile dell’assorbimento del glucosio a livello cellulare), tanto forte che si sarebbe quasi potuto parlare di una sorta di ‘diabete di tipo III’ – in aggiunta a quello giovanile e al diabete di tipo II, che colpisce in età avanzata. Lo scopo della nostra ricerca è stato proprio quello di identificare delle molecole che potessero essere coinvolte nel legame tra le due patologie”, ha spiegato la ricercatrice.
Lo studio è stato condotto utilizzando cellule di neuroblastoma umano in cui è stata mimata la patologia dell'Alzheimer. “Per farlo le abbiamo trattate con il peptide beta-amiloide, una molecola la cui presenza è la maggior causa dell'insorgere di tale patologia. Dopo questo trattamento è stata somministrata l'insulina è abbiamo osservato che la morte neuronale veniva bloccata e le cellule riprendevano la loro vitalità.
Il primo step è stato perà quello di capire quale molecola all'interno della cellula potesse fare da interruttore tra il percorso di morte a quello di vita. “Abbiamo individuato che la proteina Akt, già conosciuta perché fa parte della ‘cascata di segnali’ attivati dal recettore dell'insulina, svolgeva tale azione: a seconda delle modificazioni che subiva, cioè se si trovava in una forma fosforilata o non fosforilata, poteva innescare o meno il meccanismo”.
La proteina Akt, proprio in base a quali modificazioni subisce, si muove infatti da un compartimento cellulare ad un altro (passando ad esempio dal citoplasma al mitocondrio), riuscendo ad annullare l’effetto degenerativo della proteina beta-amiloide (A-beta), coinvolta nell'eziopatogenesi della malattia di Alzheimer. “A seconda di dove si trova, Akt ‘dirige il traffico’ di altre proteine che possono trasferirsi o allontanarsi dal nucleo e dal citoplasma, attivando molecole responsabili della morte (apoptosi) o della sopravvivenza cellulare”.
Ma qual è il ruolo dell’insulina nel meccanismo? “Dopo essersi legata al suo recettore sulla membrana dei neuroni, l’insulina provoca una serie di reazioni biochimiche che hanno come chiave proprio la molecola Akt. In pratica, dopo il trattamento con l’insulina, i neuroni danneggiati erano capaci di riprendere la loro morfologia e ripristinare le funzioni compromesse”, ha continuato la ricercatrice.

I passi successivi
“La novità di questa ricerca e che abbiamo identificato un meccanismo legato al movimento delle molecole ed allo stato di modificazione che esse subiscono a secondo degli stimoli che ricevono”, ha spiegato ancora Di Carlo. “La proteina Akt risulta essere la molecola o una delle molecole coinvolte nel legame Alzheimer/diabete ed è un interessante potenziale target molecolare per disegnare farmaci mirati per questa patologia”.
Il futuro è quindi nello sviluppo di farmaci mirati? “I nostri studi stanno proseguendo addentrandoci sempre di più nei meccanismi molecolari che regolano queste patologie e stiamo iniziando a sperimentare la somministrazione di insulina con altre molecole antiossidanti, con risultati incoraggianti. Davanti a noi abbiamo la possibilità di sviluppare nuovi farmaci che, agendo in maniera mirata su Akt o sulle molecole da essa attivate, possono essere utilizzati nella prevenzione e terapia dell’Alzheimer”, ha concluso la ricercatrice.

Laura Berardi

17 gennaio 2012
© Riproduzione riservata

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