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Autismo e depressione. Rischio per il feto da infezioni materne

di Will Boggs

Un team di ricercatori USA ha studiato i dati dei registri svedesi delle nascite, per un totale di oltre 4 milioni di individui seguiti fino ai 41 anni. I ricercatori hnno scoperto una correlazione tra infezioni comuni della madri, come quelle del tratto urinario, e aumento dell’ncidenza dei casi di autismo e depressione nei figli

18 MAR - (Reuters Health) – L’esposizione fetale a infezioni è associata a un maggior rischio a lungo termine di autismo e depressione. Il dato emerge da uno studio condotto sui registri svedesi da un gruppo di ricercatori del Children’s hospital e della Washington University di Seattle. “Siamo rimasti sorpresi nel constatare che le infezioni delle vie urinarie conferivano lo stesso livello di rischio di autismo e depressione delle infezioni gravi”, dice Benjamin J. S. al-Haddad, autore principale dello studio. “In letteratura esistono evidenze per cui anche traumi apparentemente minimi possono modificare la secrezione di citochine infiammatorie e neurotrasmettitori e alterare il neurosviluppo”.
 
Diversi studi hanno associato alcune infezioni all’aumento del rischio di alcuni disturbi psichiatrici, ma non si sa ancora se infezioni ed infiammazione nella madre siano in grado di alterare il neurosviluppo del feto in modo da aumentare il rischio di un ampio spettro di condizioni psicopatologiche nel corso della vita del bambino.

Lo studio
Partendo da questa premessa, Al-Haddad e colleghi hanno voluto indagare se l’esposizione fetale a una qualsiasi infezione materna sviluppata durante il ricovero in gravidanza sia in grado di aumentare il rischio di una successiva diagnosi di autismo, depressione, disturbo bipolare o psicosi nel nascituro. Su 4,3 milioni di neonati seguiti fino ai 41 anni, i ricercatori hanno rilevato un rischio aumentato del 79% di diagnosi di autismo e un rischio aumentato del 24% di depressione nei soggetti esposti a un’infezione materna durante la gravidanza.

Invece, l’esposizione fetale a un’infezione materna non è stata associata a un rischio aumentato di disturbo bipolare o psicosi, tra cui schizofrenia.
In una sottoanalisi per tipo di infezione, la portata del rischio aumentato di autismo e depressione è risultata analoga a prescindere dal fatto che il feto fosse esposto a una grave infezione materna o a un’infezione del tratto urinario.

Come conferma esterna, i ricercatori hanno riscontrato che il rischio cumulativo di decesso per suicidio negli adulti esposti a un’infezione durante la vita fetale era inoltre significativamente maggiore rispetto a quello degli individui non esposti ad alcuna infezione a partire dai 21 anni.

I commenti
“Le infezioni durante la gravidanza potrebbero avere effetti neuropsichiatrici a lungo termine sul feto”, conclude Al-Haddad. “Tutte le donne in gravidanza dovrebbero ricevere il vaccino antinfluenzale ed essere controllate e trattate per un’infezione del tratto urinario. Questi risultati sono relativi alla popolazione svedese sana con un’assistenza sanitaria universale di qualità elevata. Se fossero generalizzabili, indicherebbero che in popolazioni con malaria prenatale endemica e mancanza di cure prenatali il burden di patologie neuropsichiatriche risultante potrebbe essere elevatissimo”.

“Anche se, naturalmente”, ha aggiunto, “le infezioni possono avere impatti negativi su un cervello in corso di sviluppo, quindi chiaramente bisognerebbe fare di tutto per evitare infezioni innecessarie durante la gravidanza, soprattutto quelle gravi”.

“Altri studi hanno mostrato che le stime del rischio sono analogamente più elevate per disturbi mentali nel bambino in seguito a infezioni generali al di fuori del periodo di gravidanza – osserva Michael Eriksen Benros della Aarhus University e del Copenhagen University Hospital – quindi potrebbero essere presenti anche fattori genetici o socioeconomici che influiscono. Comunque, ci possono essere specifiche infezioni materne o componenti immunitarie in grado di avere effetti negativi sul feto ed è necessario individuarle per identificare le gravidanze a rischio”.

Fonte: JAMA Psychiatry 2019
 
Will Boggs
 
(Versione Italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)

18 marzo 2019
© Riproduzione riservata

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