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Cambiamenti climatici: in arrivo l’armageddon delle malattie trasmesse da vettori

di Maria Rita Montebelli

Gli esperti riuniti ad Amsterdam per il congresso europeo di microbiologia e malattie infettive lanciano l’allarme: l’Europa si sta tropicalizzando, anche a nord, e questo crea un habitat ideale per zecche, zanzare tigre, mosche della sabbia, tutti vettori responsabili di malattie fino a ieri ritenute ‘esotiche’, quali dengue e chikungunya, encefalite da zecche e febbre del Nilo occidentale. Necessario attrezzarsi, ammonisce Giovanni Rezza dell’Istituto Superiore di Sanità, per non farsi trovare impreparati in caso di possibili epidemie.

14 APR - Sui banchi di scuola le malattie trasmesse da vettori si studiavano alle nostre latitudini come patologie esotiche, lontane dalla pratica quotidiana. Con il ricordo della malaria ormai relegato nelle pieghe della prima metà della scorso secolo, dal ‘catalogo’ delle patologie vector-borne in Italia emergevano ogni tanto in passato dengue e chikungunya come tristi souvenir di vacanze esotiche, importate loro malgrado in Italia da viaggiatori sfortunati o imprudenti. Ma qualcosa sta cambiando. E molto in fretta.
 
Tutto questo potrebbe infatti essere ad un punto di svolta per colpa di quei cambiamenti climatici di cui si parla tanto da qualche tempo a questa parte. Non per il rinnovato impegno di qualche super-potenza mondiale purtroppo, ma per gli ‘scioperi a scuola di venerdì’, i #FridaysForFuture della giovane attivista svedese Greta Thunberg.
 
Facilitate dai cambiamenti climatici, dai traffici e dal turismo internazionale, le patologie infettive trasmesse da vettori sono destinate ad aumentare nella maggior parte dei Paesi europei (e non solo nel’area temperata del mediterraneo) nell’arco delle prossime decadi. E per evitare di essere colti impreparati è necessario migliorare sorveglianza e condivisione dei dati, oltre che monitorare i precursori climatici e ambientali  delle epidemie e implementare opportune misure preventive.
 
A lanciare l’allarme da Amsterdam, dove è in corso in questi giorni lo European Congressof Clinical Microbiology & Infectious Diseases (ECCMID)  è un super-esperto italiano, il professor Giovanni Rezza, Direttore del Dipartimento di Malattie Infettive dell’Istituto Superiore di Sanità di Roma, autore di una review su dengue e chikungunya .”La triste realtà – afferma Rezza – è che la maggior durata delle stagioni calde amplierà la finestra stagionale per la potenziale diffusione delle malattie trasmesse da vettori e ne favorirà le epidemie. Dobbiamo dunque essere preparati a gestire queste infezioni tropicali. Lezioni dalle recenti epidemie di virus del West Nile in Nord America e di chikungunya nella regione dei Caraibi e in Italia sottolineano l’importanza di valutare i rischi comportati dalle malattie trasmesse da vettori e di prepararsi all’eventualità di epidemie in futuro”.
 
“I cambiamenti climatici – afferma il professor Jan Semenza dello European Centre for Disease Prevention and Control di  Stoccolma (Svezia) – non sono né l’unico, né il principale fattore causale dell’aumento delle malattie trasmesse da vettori in Europa, ma va di pari passo con altre cause, dalla globalizzazione, allo sviluppo socio-economico, all’urbanizzazione, al cambiamento generalizzato dell’uso dei terreni, che vanno affrontati per limitare importazione e diffusione di queste malattie”.
 
Il riscaldamento globale ha consentito a zanzare, zecche ed altri vettori di malattie di proliferare , di adattarsi a diverse stagioni e di invadere nuovi territori in tutta Europa, negli ultimi dieci anni; questo ha provocato epidemie di dengue in Francia e in Croazia, di malaria in Grecia, di febbre del Nilo occidentale (West Nile Virus, WNV) nell’Europa sud-orientale, di chikungunya in Italia e in Francia.
 
Ma secondo gli esperti, questa potrebbe essere solo la punta dell’iceberg. “I Paesi europei che si affacciano sul Mediterraneo – afferma il prof. Rezza - sono ormai una regione tropicale ‘part-time’, dove vettori quali la zanzara tigre si sono ormai stabiliti”.
 
Il clima sempre più caldo e più umido, potrebbe fornire le condizioni ideali per la proliferazione e la diffusione della zanzara tigre asiatica (Aedes albopictus), il vettore della dengue e del chikungunya, in altre zone d’Europa, compresi il sud-est della Gran Bretagna e l’Europa centrale.
 
Fino a qualche tempo fa la possibilità di trasmissione della dengue era limitata alle regioni tropicali e subtropicali, visto che le temperature rigide uccidono le larve e le uova della zanzara; tuttavia, l’allungamento delle stagioni calde potrebbe consentire all’Aedes albopictus di sopravvivere e diffondersi nella maggior parte dell’Europa, nell’arco di qualche decade.
 
Le attuali condizioni climatiche in Europa rendono possibile la trasmissione della borreliosi di Lyme e dell’encefalite da zecche che vengono trasmesse appunto da zecche (in particolare dalla Ixodes ricinus); ogni anno si registrano in Europa non meno di 65.000 casi di borreliosi di Lyme e, nelle aree endemiche per l’encefalite da zecche in Europa, è stato registrato un aumento del 400 per cento di questa malattia nell’arco degli ultimi 30 anni.
 
Visto che le previsioni per i prossimi anni sono di inverni sempre più miti e di estati sempre più torride, questo potrebbe creare condizioni favorevoli per le zecche e aumentare il range delle popolazioni di cervi che ‘ospitano’ questi artropodi. I modelli dei cambiamenti climatici prevedono che entro il 2040-2060  potremmo assistere ad una crescita del 3,8% degli habitat favorevoli all’Ixodes ricinus in Europa, e la regione più a rischio sarebbe al Scandinavia.
 
Analogamente, i cambiamenti climatici potrebbero favorire, entro il 2060, la proliferazione e la diffusione delle ‘mosche della sabbia’ ( i flebotomi responsabili della diffusione della leishmaniosi) anche al sud della Gran Bretagna oltre che in Francia e in Germania.
“Vista la velocità della diffusione di zanzare e altri vettori in tutta Europa – ammonisce Semenza – dobbiamo anticipare le epidemie e muoverci per tempo. Gli enti di salute pubblica devono aumentare la sorveglianza, ad esempio implementando sistemi di allarme precoce e aumentando la conoscenza dei rischi potenziali tra il personale sanitario e tra la popolazione generale; importante anche l’adozione di strategie di controllo innovative, quali interventi di comunità”.
 
Maria Rita Montebelli

14 aprile 2019
© Riproduzione riservata

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