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Diabete di tipo 2. Scoperte 20 nuove varianti genetiche della mallatia


Lo studio condotto con il contributo di più di cento istituzioni di ricerca nel mondo. Ha coinvolto quasi 90 mila persone e scoprendo 20 alterazioni genetiche collegate al diabete di tipo 2 ha aperto la via a  nuove possibilità terapeutiche.

13 FEB - I risultati del più grande studio genetico sul diabete di tipo 2, su popolazioni multietniche, potrebbero aprire numerose possibilità terapeutiche. Ad annunciarlo è uno studio pubblicato sulla rivista American Journal of Human Genetics, che non solo ha identificato nuove varianti genetiche associate ad un aumentato rischio di sviluppare la patologia, ma ha anche scoperto geni che potrebbero funzionare da target per farmaci di nuova generazione.
Lo studio ha coinvolto più di cento dipartimenti e strutture sanitarie diverse, dislocate tra Europa, Stati Uniti e Cina, tra cui Massachusetts General Hospital, Harvard Medical School, University College di Londra e Università di Cambridge.

I ricercatori hanno identificato le varianti genetiche specifiche associate al diabete in quattro geni già collegati alla patologia, scoperto cinque nuovi segnali indipendenti che possono essere ricondotti ad essa, sempre in unità ereditarie già collegate al diabete, nonché verificato 16 varianti genetiche che potevano essere collegate alla patologia in altri geni. In totale sono state dunque scoperte 20 alterazioni che possono incidere sul rischio di sviluppare la malattia.
“Fino ad oggi abbiamo scoperto solo il 10 per cento di tutte le varianti genetiche coinvolte nell’insorgenza del diabete, e la maggior parte degli studi precedenti erano stati condotti su popolazioni caucasiche”, ha spiegato Brendan J. Keating, docente al  Children's Hospital di Philadelphia e co-autore dello studio. “Invece nel nostro lavoro abbiamo incluso pazienti di diverse etnie: afro-americani, ispanici, asiatici, oltre agli europei”. Un campione che comprendeva 17 mila pazienti affetti da diabete di tipo 2 e da un gruppo di controllo di addirittura 70 mila persone.

Uno studio imponente, che potrebbe dunque aiutare anche per sviluppare nuove possibilità terapeutiche. “Più geni associati a questa patologia riusciamo ad identificare, maggiori sono le possibilità di capirne le reali funzioni”, ha concluso Keating. “E più riusciamo a capire della biologia di questa patologia, maggiori sono le possibilità di prevenirla, o addirittura curarla”.


Laura Berardi

13 febbraio 2012
© Riproduzione riservata

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