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ESMO. Tumore della vescica. Immunoterapia e chemio insieme efficaci in prima linea

di Sabina Mastrangelo

L'associazione di atezolizumab e chemio avrebbe prolungato, seppur di poco, la sopravvivenza libera da malattia, mentre si aspettano i dati di quella complessiva

30 SET - L'utilizzo dell'immunoterapia in associazione a chemio sarebbe efficace anche in prima linea nel trattamento del carcinoma della vescica in fase avanzata. E anche se i risultati, come spesso accade nella ricerca oncologica, si traducono in un prolungamento della sopravvivenza di qualche mese, a fare la differenza, in questa tipologia di tumore, è il fatto che si parli di una popolazione anziana, che spesso la chemioterapia non può neanche farla a causa delle comorbidità di cui è spesso affetta.
 
Il risultato, che fa segnare un altro passo avanti all'immunoterapia, è stato ottenuto nell'ambito della sperimentazione clinica IMvigor130, il primo studio di fase III a mostrare risultati positivi di un inibitore di checkpoint, atezolizumab, nel carcinoma vescicale in fase avanzata. La sperimentazione, di cui ha parlato Enrique Grande del MD Anderson Cancer Center di Madrid, è stata presentata a Barcellona, dove si stata svolgendo l'incontro annuale del'ESMO.
 
Nello studio sono stati coinvolti 1.213 pazienti con carcinoma uroteliale localmente avanzato o metastatico mai trattati prima. Dai risultati è emerso che la sopravvivenza libera da progressione della malattia (PFS) media sarebbe stata di 8,2 mesi tra i pazienti trattati con la combo atezolizumab/chemio contro 6,3 della chemioterapia da sola.
 
In un'analisi ad interim, inoltre, sono stati osservati risultati incoraggianti, sebbene ancora non statisticamente significativi, anche in termini di sopravvivenza globale (OS) rispetto alla sola chemio in una popolazione intention-to-treat, con 16 mesi di OS per la combo contro 13,4 per la chemio da sola. Infine, il profilo di sicurezza dei pazienti trattati con atezolizumab in associazione a chemioterapia è apparso coerente con i profili di sicurezza noti dei singoli farmaci e non sono stati evidenziati nuovi problemi con la loro combinazione.
 
“Dopo un'assenza di novità in campo terapeutico per circa 25 anni, negli ultimi tre anni le nuove terapie hanno modificato l'approccio terapeutico – ha spiegato Sergio Bracarda, direttore dell'oncologia medica dell'azienda ospedaliera Santa Maria di Terni -. Il problema principale associato all'uso della chemio è che, mediamente, i pazienti con tumore della vescica sono anziani, hanno comorbidità di diverso tipo e per questo è difficile dare loro il miglior trattamento possibile, ma i risultati iniziali dello studio IMvigor130 riconfermano l'importante ruolo del sistema immunitario nel controllo anche di questa neoplasia e dimostrano, a fronte di una buona tolleranza della combinazione, la possibilità di integrare risorse terapeutiche diverse nell'ottica di una sempre maggiore personalizzazione delle scelte”, ha concluso l'esperto.
 
Sabina Mastrangelo

30 settembre 2019
© Riproduzione riservata

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