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Il Nobel per la chimica agli inventori delle batterie al litio

di Maria Rita Montebelli

Sono l’energia che dà vita a tutti gli strumenti che utilizziamo ogni giorno per lavorare, studiare, giocare, ascoltare musica e imparare e che serviranno in futuro a far andare le auto elettriche e a immagazzinare il surplus energetico derivante dalle fonti di energia rinnovabili. E il comitato dei Nobel, riconoscendo l’enorme salto avanti rappresentato dall’uso delle batterie al litio, ha voluto premiare con il Nobel per la chimica i loro tre ‘papà’, due statunitensi e un giapponese. Che sono riusciti a creare un mondo ‘ricaricabile’

09 OTT - Sono leggerissime, ricaricabili e ognuno di noi se le porta dietro tutti i giorni, protette dal guscio dei nostri cellulari, dei tablet e dei computer portatili che alimentano incessantemente per ore e ore. Sono le batterie al litio, invenzione di fine secondo millennio, che hanno portato al Nobel per la chimica (9 milioni di corone svedesi, pari a circa 825.000 euro, da dividere in tre) John Goodenough, Stanley Whittingham e Akira Yoshino. Un’invenzione che, tra l’altro, sottolinea il comitato per l’assegnazione del premio Nobel, rende possibile una società ‘fossil-free’, emancipata dai combustibili fossili e che vede come future applicazioni le auto elettriche e l’immagazzinamento del surplus energetico derivante dalle fonti rinnovabili.
 
John Goodenough è un fisico dell’Università del Texas (Austin), ha ben 97 anni, fatto questo che ne fa il Nobel più agée di tutta la storia del premio. Akira Yoshino è invece un chimico dell’Università di Nagoya (Giappone). Stanley Whittingham infine è la persona che negli anni ’70, quando lavorava per la compagnia petrolifera Exxon (erano gli anni della crisi del petrolio e le grandi industrie petrolifere avevano assunto ‘cervelli’ per studiare fonti di energia alternativa) ha avuto per primo l’idea di una batteria al litio, realizzandone anche il prototipo, a partire da un anodo di litio e un catodo al titanio disolfuro. Un’idea geniale destinata però a restare al palo, perché i costi di produzione industriale sarebbero stati proibitivi. Per non parlare del fatto che queste ‘proto-batterie al litio, generavano appena un paio di volt di energia, ma in compenso tendevano ad esplodere.
Verso la fine degli anni ’70, Goodenough (nato a Jena (Germania), ma trasferitosi presto negli Usa) mette a punto delle batterie ricaricabili utilizzando per il catodo degli ossidi di metallo (al posto del solfuro); una variazione sul tema che portava a raddoppiare il potenziale energetico della batteria. Ancora oggi l’ossido di cobalto è il materiale di scelta per le batterie al litio.
Solo a metà degli anni ’80 infine Yoshino (classe 1948, il più giovane dei tre Nobel), effettuando ulteriori modifiche ai materiali delle batterie al litio, con l’introduzione degli ioni al litio, al posto del litio allo stato puro, mette a punto la prima batteria agli ioni  litio commerciabile.
 
“In un’epoca caratterizzata dalle minacce crescenti derivate dai cambiamenti climatici - ha commentato in un’intervista rilasciata alla BBC, Bonnie Charpentier, presidente dell’American Chemical Society (ACS) -  l’annuncio di questo premio Nobel accende una graditissima luce sulla portabilità dell’energia che ha consentito progressi senza precedenti nella comunicazione, nei trasporti e in una serie di strumenti che supportano aspetti critici per la vita in tutto il mondo”.  
 
Maria Rita Montebelli

09 ottobre 2019
© Riproduzione riservata

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