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Farmaci. Giorni (Cpr Aifa): “Con gare pubbliche di acquisto per equivalenza terapeutica, possibili risparmi di 3/4 mld per il Ssn”

di Loredano Giorni

Della necessità di avere lo stesso prezzo di rimborso per il Ssn per farmaci terapeuticamente equivalenti ne ha parlato la settimana scorsa il ministro Speranza in audizione in Parlamento. Un prezzo che a mio avviso si deve individuare attraverso apposite gare pubbliche d'acquisto che, oltre a dare assoluta trasparenza al mercato farmaceutico ed evitare fenomeni distorsivi, sarebbero in grado di liberare risorse per non meno di 3-4 miliardi di euro

28 OTT - “Forse non tutti sanno che.....” così iniziava un vecchio articolo a mia firma pubblicato dal Sole 24 Ore Sanità nel 2009 titolato “L’indecenza di mancati risparmi da 2 mld”. Il problema sollevato nell’articolo citato, in parte, si ripresenta ancora oggi sia come auspicio in quanto, in quel caso, a distanza di pochi mesi il legislatore affrontò, anche se in modo molto parziale, i problemi rilevati ponendo dei rimedi.
 
In quell'articolo si denunciavano mancati risparmi di circa 2 miliardi di euro relativi al disallineamento dei prezzi dei farmaci generici in Italia rispetto ai prezzi di altri paesi europei; disallineamento che in parte era dovuto al fatto che le aziende che commercializzavano i prodotti generici cercavano di acquisire quote di mercato attraverso “extra-sconti” alle farmacie che si aggiravano intorno all’80% del costo del farmaco anziché ridurre il prezzo del farmaco stesso.
 
Il legislatore, con il decreto legge 78/2010, per porre fine a questo fenomeno, oltre a vietare l’applicazione degli “extra-sconti”, divieto non del tutto insormontabile, dispose che a decorrere dall’anno 2011 i prezzi dei medicinali equivalenti rimborsabili dal Ssn dovevano essere individuati (cosa che la pubblica amministrazione correttamente mette in atto per l’acquisizione di qualsiasi tipologia di bene dagli F-35 per l’aeronautica militare, agli arredi per le scuole, alle valvole cardiache per il Ssn) attraverso una procedura selettiva ad evidenza pubblica in base al criterio del minor costo. Minor costo in quanto in fatto di farmaci, come vedremo anche successivamente, la qualità è uno standard fissato per legge e garantito dai continui controlli delle autorità preposte.
 
In sede di conversione in legge, come al solito, la norma venne stravolta infatti l’aulico principio contenuto nella sopracitata disposizione, ovvero che la pubblica amministrazione acquisisce beni, farmaci compresi, esclusivamente sulla base di procedure pubbliche di acquisto venne  annullato e sostituito da un compromesso dove, vista l’urgenza data dalla elevata incongruità dei prezzi rispetto alla media europea venne ridotto immediatamente d’ufficio, per il periodo giugno-dicembre 2010, il prezzo dei farmaci del 12,5 % e altresì venne incaricata l’Agenzia Italiana del Farmaco di effettuare una ricognizione dei prezzi degli stessi farmaci a livello europeo e rimodulare, dall’anno 2011, il prezzo in modo da realizzare un risparmio sulla spesa pubblica, su base annua, non inferiore a 600 milioni di euro.
 
Orbene qualche “benpensante” ritenne giusta la decisione del Parlamento di escludere, i farmaci erogati attraverso le farmacie convenzionate dalla logica di “gara pubblica” in virtù del fatto che il prezzo dei farmaci rimborsati dal Ssn era ed ancor oggi è un “prezzo amministrato”, ovvero il prezzo al pubblico è definito, previa contrattazione con le aziende farmaceutiche.
 
Facendo una rapida analisi sui medicinali in commercio ci rendiamo conto che, forse, qualcosa non funziona nel sistema della determinazione dei prezzi.
 
In particolare se andiamo a vedere i farmaci inseriti nelle cosiddette “liste di trasparenza” si rivela che in molti casi il prezzo per farmaci uguali in composizione, dosaggio, forma farmaceutica e unità posologiche per confezione (cambia solo la forma e il colore del contenitore e il nome della ditta che commercializza il prodotto) varia di percentuali che superano in alcuni casi il 1000%. È il caso del voriconazolo 28 unità 200 mg in compresse dove il farmaco brand ha un prezzo al pubblico di 1.745,38 euro mentre il corrispondente farmaco equivalente costa 150 euro.
 
Differenze di prezzo che ai pazienti ammalati nell’anno 2017 sono costati la bellezza di 1.050 milioni di euro lievitati nel 2018 a 1.126 milioni di euro con un incremento del 7,6% a fronte di una riduzione della spesa farmaceutica lorda del 3,4%.
Se si considera che la popolazione con più di 64 anni assorbe oltre il 60% della spesa in assistenza farmaceutica convenzionata e numericamente tale popolazione, rappresenta il 22% dei pazienti assistiti si può stimare, con accettabile approssimazione, che nell’anno 2018 ogni ultrasessantacinquenne ha speso, in media, su base annua, per pagare la differenza fra il farmaco originatore e il brand oltre 40 euro. Se consideriamo che non tutti gli ultrasessantacinquenni abbisognano di cure si possono registrare casi in cui pazienti, quelli più sfortunati, possono arrivare a pagare anche 300-400 euro all’anno; più o meno pari ad un mese di pensione minima. 
 
Sempre a questo proposito occorre osservare una preoccupante variabilità di detta spesa a livello regionale. La spesa maggiore viene registrata al Sud; nella regione Calabria e Sicilia detta spesa nell’anno 2018 ha inciso sulla spesa totale per circa il 14 % mentre nella regione Lombardia Val d’Aosta e nella P.A. di Trento e Bolzano tale percentuale è ampiamente inferiore al 10%.
 
In conclusione, per contestualizzare, queste differenze di prezzo che in termini di salute non hanno prodotto nessun vantaggio ai pazienti, nel periodo 2013-2017 c’è stato un trasferimento di oltre 5 miliardi di euro dalle tasche dei cittadini, forse mal consigliati per vari e facilmente intuibili motivi, a quelle dell’industria farmaceutica. Nello stesso periodo 2013-2017 l’industria farmaceutica ha pagato per il ripiano, dovuto per legge, dello sfondamento del tetto di spesa per gli acquisti diretti, il cosidetto pay back, un importo pari a 2,3 miliardi di euro. Appare evidente come in questa partita l’industria ne esce abbastanza bene; bilancio a suo favore pari a 2,7 miliardi.
 
Qualcuno potrebbe obbiettare sulla affermazione che il brand non ha portato alcun vantaggio in termini di salute. Tutto è possibile, ma quando assistiamo al ritiro dal commercio, a seguito di controlli degli enti regolatori, di farmaci come il Valsartan e la Ranitidina, a causa impurezze rilevate sul principio e le specialità medicinali “coinvolte” sono sia brand che specialità medicinali equivalenti (in altre parole sia le aziende che commercializzano in brand che i farmaci equivalenti acquistano il principio dallo stesso produttore e molte volte utilizzano lo stesso “terzista” per la preparazione e confezionamento del medicinale) è difficile pensare il contrario.
 
Le differenze di prezzo aumentano in modo esponenziale se confrontiamo i prezzi di fabbrica dei medicinali con i prezzi di aggiudicazione risultanti dalle gare bandite dalle centrali di acquisto regionali.
 
Nella maggior parte dei casi, quando lo stesso medicinale è commercializzato da due o più aziende farmaceutiche, i prezzi di aggiudicazione fanno registrare sconti che variano dal 90 al 95 % sul prezzo ex factory, sconti che leggermente si riducono intorno al 70-80% per farmaci ad elevata complessità come i farmaci biologici.
 
Fin qui abbiamo detto di farmaci uguali in composizione forma e dosaggio ma l’ambito di applicazione delle “regole” sulla concorrenza potrebbe e dovrebbe trovare applicazione anche sulle categorie omogenee cosi come definite dalla legge 135/2012 e regolamentate, dal punto di vista operativo, in ultimo, dalla determina del Direttore Generale di Aifa n. 818/2018.
 
È noto che le Regioni possono fare gare sui farmaci in “equivalenza terapeutica” solo previo parere espresso dalla Commissione Tecnico Scientifica di Aifa. Ad oggi (la norma, entrata in vigore nel 2012) i pareri espressi dalla Commissione Tecnico Scientifica si contano nelle dita delle mani.
 
Senza entrare in modo specifico di questa tematica che ci allontanerebbe troppo dall’obiettivo di queste riflessioni viene spontaneo domandarsi sul perché l’Aifa per il tramite della CTS non si esprime in tema di equivalenza a priori su tutti i farmaci erogabili con oneri a carico del Ssn in modo tale da consentire alle regioni di procedere a gare pubbliche per l’acquisto di farmaci diversi in composizione ma uguali dal punto di vista terapeutico. In altre parole far sì che il SSN acquisti salute al posto delle scatolette.
 
Questa cosa che per il mercato farmaceutico può sembrare una eresia è prassi comune e consolidata per tutti gli acquisti della Pubblica amministrazione in Italia, in Europa e nel Mondo.
 
Da tutta questa premessa emerge in modo evidente e inconfutabile che il prezzo al pubblico dei farmaci rimborsati dal Ssn, seppur contrattati dalla pubblica amministrazione non rappresentata e non può rappresentare il reale equilibrio fra efficacia, costo e il giusto ricavo.
 
Una azienda nel determinare il prezzo di un proprio prodotto tiene in considerazione fondamentalmente tre fattori:
- Costo di produzione;
- Domanda;
- Concorrenza.
 
Ebbene nel campo farmaceutico mentre il costo e la domanda sono come in tutti i settori merceologici facilmente determinabili non altrettanto può dirsi, il fattore “concorrenza”. In tutti i settori merceologici il soggetto che sceglie il bene da acquistare è lo stesso che lo usa e lo paga e pertanto fatto salvo i soggetti autolesionisti cerca, fra i prodotti che sono in grado di soddisfare il proprio bisogno, quello maggiormente efficace a minor costo.
 
Nel campo farmaceutico e in particolare per le prestazioni erogate dal Ssn, il soggetto che “sceglie” (il medico) né paga né consuma; il soggetto che “consuma” (il paziente) né paga né sceglie ed il soggetto che paga (il Ssn) né “sceglie” né consuma.
 
È evidente che in un siffatto sistema il fattore “competizione” ne esce fortemente ridimensionato con le conseguenti ricadute sui prezzi sopra descritte.
 
A questo proposito fa ben sperare la frase pronunciata dal Ministro della Salute in occasione dell’audizione sulle linee programmatiche del suo Ministero con le Commissioni Sanità di Camera e Senato dove a proposito di farmaci ha affermato che “… I farmaci terapeuticamente equivalenti debbano avere lo stesso prezzo di rimborso a carico del Ssn…”, prezzo che a mio avviso, per i farmaci “terapeuticamente equivalenti” deve essere individuato esclusivamente tramite procedure pubbliche di acquisto. La contrattazione da parte di Aifa dei farmaci, come previsto dalla delibera Cipe 3/2001 deve essere riservata solo ai medicinali in esclusiva.
 
Forse non tutti sanno che…una siffatta impostazione oltre a dare assoluta trasparenza al mercato farmaceutico ed evitare fenomeni distorsivi sarebbe in grado di liberare risorse (non meno di 3-4 mld di euro) che, per dare un parametro, sono doppie rispetto all’incremento del Fondo Sanitario Nazionale previsto per l’anno 2020 e molto superiori al gettito di tutti i ticket sanitari previsti dalla vigente normativa.
 
Loredano Giorni
Componente Comitato Prezzi e Rimborso dellAifa

28 ottobre 2019
© Riproduzione riservata

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