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Scompenso cardiaco. INRC: “È  epidemia, ora nuove linee guida”


Iniziativa ieri dell’Istituto Nazionale per le Ricerche Cardiovascolari per sviluppare un nuovo approccio diagnostico-terapeutico Fedele: “Quadro conoscitivo più accurato per maggior appropriatezza terapeutica, più efficace uso nuove tecnologie, ma anche contributo a sostenibilità spesa sanitaria”

21 NOV - Effettuare nuove classificazioni, che prendono spunto dal settore oncologico. Migliorare l’organizzazione sanitaria, superare le attuali linee guida e coinvolgere in maniera attiva i pazienti. È la road-map tracciata al convegno Lo scompenso cardiaco – il cancro per il cuore, tenutosi ieri a Roma, promosso da INRC (Istituto Nazionale per le Ricerche Cardiovascolari), in cui si sono confrontati cardiologi, amministratori pubblici e parlamentari.
 
Il convegno. Tutti d’accordo, in sala, sulla necessità di classificare lo scompenso cardiaco come una epidemia dei nostri giorni - con percentuali d’incidenza nella popolazione generale fino al 3.5%, e punte del 56% di mortalità a cinque anni - come sottolineato dal direttore generale dell’Istituto Superiore di Sanità, Andrea Piccioli. E al termine dell’incontro, ideato e coordinato dal prof. Francesco Fedele, ordinario di Cardiologia all’Università di Roma “La Sapienza” e presidente dell’INRC, è emerso un quadro di valutazione ampiamente condiviso.
 
Innanzitutto, l’estrema complessità di questa patologia cronica, che necessita di tutte le tecnologie a disposizione per la sua più precisa stratificazione, anche attraverso classificazioni che prendono spunto dal settore oncologico.
 
Condivisa anche l’esigenza di una migliore organizzazione sanitaria, che connetta realmente ospedale, territorio e paziente anche con l’uso della telemedicina, così come il superamento delle attuali linee guida, per un più facile ed appropriato accesso ai presidi terapeutici. Infine, aspetto anch’esso molto importante, ci si è soffermati sul coinvolgimento attivo dei pazienti, per la loro sensibilizzazione nei confronti della prevenzione e delle terapie innovative cui hanno diritto, attraverso terapie non solo farmacologiche ma anche rappresentate dai sistemi di assistenza meccanica di circolo.
 
 “L’approccio allo scompenso cardiaco, dobbiamo ammetterlo, dovrebbe essere diverso”, ha ribadito il prof. Fedele, convinto che “ancora oggi le linee guida in materia prevedono parametri troppo semplicistici rispetto alla complessità della malattia”. “Disporre di elementi precisi circa l’evoluzione dello scompenso cardiaco – ha sottolineato - è fondamentale. E il ricorso all’ausilio della risonanza dovrebbe essere molto più frequente di quanto non accada oggi. Da un quadro conoscitivo più accurato deriva non solo maggior appropriatezza terapeutica e un più efficace uso delle nuove tecnologie per rallentarne l’evoluzione ma anche un contributo alla sostenibilità della spesa sanitaria, perché le terapie più costose possono essere limitate ai soli casi di effettiva necessità”.
 
La ricerca. Al termine del convegno è stato presentato dal professor James Moon di Londra il progetto di ricerca “Myocardium”, cui parteciperà l’Istituto Nazionale Ricerche Cardiovascolari, con la richiesta di un cospicuo finanziamento alla British Heart Foundation. Ricerca volta alla migliore comprensione dei meccanismi di base delle patologie miocardiche con l’utilizzo di tecniche di analisi genetica, biologia molecolare, imaging multimediale ed elaborazione di big data.
 
Infine, si è rinnovato l’impegno del Policlinico “Umberto I” di Roma, con il direttore generale Vincenzo Panella e il direttore sanitario Ferdinando Romano, nel promuovere l’attivazione di un programma per il trattamento dello scompenso cardiaco avanzato, attraverso l’impiego di sistemi di assistenza al circolo (cosiddetti VAD) attualmente sottoimpiegati nella regione Lazio.

21 novembre 2019
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