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Il “parentese” aiuta i bambini ad imparare una lingua

di Lisa Rapaport

Il linguaggio tipico dei genitori, caratterizzato da pochi vocaboli, ripetitivi, gestualità e tono di voce, può facilitare l’apprendimento dei più piccoli. Il modello di interazione genitore-figlio potrebbe essere più importante del numero totale di parole ascoltate

04 FEB - (Reuters Health ) – I discorsi per bambini noti come “parentese” – caratterizzati da discorsi acuti e lenti – potrebbero effettivamente facilitare l’apprendimento delle lingue da parte dei bambini. È quanto emerge da uno studio della University of Washington a Seattle.
 
Le interazioni verbali dei genitori con i bambini sono state a lungo legate allo sviluppo del linguaggio infantile. Studi precedenti hanno domostrato che i bambini parlano e comprendono più parole e frasi quando hanno interazioni verbali con genitori e caregiver. Ma ancora si sa poco su come tono e ritmo del discorso dei genitori possano influire sullo sviluppo del linguaggio precoce nei più piccoli.
 
Lo studio
Lo studio pubblicato da PNAS si è concentrato su ciò che i ricercatori chiamano “parentese”, un modello di linguaggio comune in molte lingue che è caratterizzato da un tono più alto, un ritmo più lento e un’intonazione esagerata, tipica di quando si parla con bambini molto piccoli.
I ricercatori hanno assegnato in modo casuale 71 famiglie con figli a ricevere coaching su come parlare con i bambini, con particolare attenzione al “parentese”, oppure al non fare coaching.

“Fornire ai genitori conoscenze e feedback sulle loro pratiche linguistiche e suggerimenti concreti su quando e come parlare con i loro bambini, ha cambiato il modo in cui questi hanno interagito con i loro figli, e questo è stato associato a impatti positivi immediati e a lungo termine sulle abilità linguistiche dei bambini”, dice Naja Ferjan Ramirez dell’Università Washington a Seattle, autrice principale del lavoro.

All’inizio dello studio, quando i bambini avevano 6 mesi, i ricercatori hanno registrato le famiglie per 12 ore al fine di valutare quante parole i genitori dicessero ai neonati e quanti scambi “botta e risposta” avvenissero tra genitori e figli.
Hanno effettuato ulteriori registrazioni quando i bambini avevano 10, 14 e 18 mesi, valutando anche quali suoni borbottanti e pre-linguistici emettevano i bambini e quante parole capivano e usavano.

I risultati
Le famiglie assegnate al coaching hanno ricevuto sessioni quando i bambini avevano 6, 10 e 14 mesi. Queste sono stati progettate per incoraggiare l’uso del “parentese” e a scambi botta e risposta tra genitori e figli. I trainer hanno anche discusso delle tappe dello sviluppo del linguaggio e di come aiutare i bambini a raggiungere questi obiettivi.

Il coaching ha avuto l’effetto desiderato: le famiglie che l’hanno ricevuto hanno parlato più frequentemente il “parentese”, hanno avuto maggiori interazioni e registrato uno sviluppo linguistico più avanzato dei bambini nei primi 18 mesi. I bambini che hanno ricevuto il coaching hanno detto più parole e hanno avuto interazioni linguistiche più complesse.

Fonte: PNAS

Lisa Rapaport
 
(Versione italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)

04 febbraio 2020
© Riproduzione riservata

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