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Coronavirus. Gli Psichiatri: “L’epidemia ha due facce, una è ‘mentale’. Aumenta il rischio di ansia e depressione”


L’eccesso di informazioni contraddittorie soprattutto attraverso web e social genera la caccia all'untore e il panico di massa. Appello degli esperti della Società Italiana di Psichiatria: contenere comportamenti irrazionali e non stravolgere le proprie abitudini quotidiane. Ecco le 7 regole per evitare ‘danni da eccesso di informazioni non verificate’, come già sottolineato nei giorni scorsi dall’Oms.

27 FEB - L’epidemia da coronavirus ha due facce, una di tipo biologico e una più legata alla mente, dunque cognitiva. Questa è più nascosta perché non si può misurare con un termometro, ma è altrettanto pericolosa.

Questo il commento della  Società Italiana di Psichiatria (Sip) dalla quale arrivano sette indicazioni per affrontare e vincere le paure causate dall’eccesso di informazioni contraddittorie e spesso false.

“Gli esseri umani – spiega Enrico Zanalda, Presidente Sip e direttore del Dipartimento di Salute Mentale dell’Asl To3 e – hanno una paura che li accomuna: il timore di essere travolti da un’epidemia. È una paura così radicata da arrivare a far compiere azioni incontrollate, quelle di chi non sa più cosa fare e le prova tutte per salvarsi. Questo timore atavico – precisa Zanalda – è amplificato dalla infodemia, la diffusione virale e velocissima, che in passato non esisteva, di notizie parziali e contraddittorie, quando non addirittura false, che può causare un crollo di fiducia nei rapporti tra le persone e nelle Istituzioni, e rendere più potente l’effetto sulla psiche di un fenomeno che è sempre esistito”.
 
“In Italia, che è il paese europeo con il maggior numero di casi accertati – spiega Massimo Di Giannantonio, presidente eletto della Sip e ordinario di psichiatria all’Università di Chieti-Pescara – si registrano ingiustificate ed eccessive reazioni psicologiche alla diffusione di notizie sul virus, unitamente alle misure che le autorità hanno assunto al fine di contenere il contagio. Un mix ansiogeno che ha modificato le nostre abitudini e la percezione di salute e benessere individuale. Non siamo dunque ‘attaccati’ solo da un virus influenzale severo – precisa Di Giannantonio – ma anche da una epidemia cognitiva che rischia di generare non solo spavento e confusione ma anche panico di massa e ansia da untori”.
“Ciascuno di noi – prosegue Zanalda – si è interrogato sulle motivazioni di misure così drastiche: la chiusura delle scuole delle chiese, dei musei, la sospensione degli eventi culturali e sportivi. Tutte cose che ci rendono in qualche modo più fragili davanti ad una minaccia invisibile. Più che la malattia in sé ciò che si teme è la paura del contagio sia dalle che verso le persone con cui veniamo in contatto come familiari, colleghi, amici”.
 
Ad accrescere i timori si registrano nel mondo casi di suicidi derivati dalla difficoltà di gestire la pressione psicologica determinata soprattutto dai social media, dove impazzano video su momenti di panico collettivo come assalti a supermercati e strade deserte. Un cinese di Wuhan, contagiato dal coronavirus e non accettato in ospedale per sovraffollamento, si sarebbe suicidato per evitare di rientrare a casa e poter contagiare i propri familiari. Un’altra segnalazione viene dall’Arabia Saudita dove, a Gedda, un cinese sottoposto ad uno stretto isolamento in ospedale si sarebbe suicidato nonostante fosse negativo ai test del coronavirus. Pare non abbia sopportato la condizione di isolamento estremo a cui era stato sottoposto. Un indiano di 50 anni si è ucciso perchè convinto di essere infetto dal coronavirus, nonostante i test fossero negativi e non fosse in isolamento poiché portatore di una semplice infezione urinaria.
“Queste tre segnalazioni – concludono gli esperti – contengono tre reazioni estreme a pericoli differenti, collegati allo stato di allarme determinato dalla infodemia. Soprattutto nel comportamento suicidario delle persone più fragili vi sono emulazioni ed influenze da accadimenti esterni che determinano il compimento di un atto individuale disperato. Tuttavia, al di la di questi casi estremi, la infodemia incrementa lo stato d’ansia, i pensieri ipocondriaci, e influenza contenuti deliranti con comportamenti emotivi conseguenti”.
 
Ecco dunque le sette regole per affrontare e vincere le paure causate dalla infodemia:
1) Attenersi alle comunicazioni ufficiali delle autorità sanitarie;
2) Riconoscere che le cose ‘spaventose’ che attraggono la nostra attenzione non sono necessariamente le più rischiose, è il primo passo verso la consapevolezza
3) Contenere la paura, mantenere la calma ed evitare di prendere decisioni fino a quanto il panico non è passato;
4) Affidarsi solo alle testate giornalistiche ufficiali e autorevoli;
5) Non fare tesoro di ciò che si intercetta online e sui social media, soprattutto se ‘condiviso’ da amici solo virtuali, che in realtà non si conoscono davvero, e se non accuratamente verificato;
6) Rivolgersi al proprio medico e non fare domande su gruppi social, chiedendo opinioni;
7) Se compaiono sintomi come panico, ansia o depressione rivolgersi allo specialista al fine di un’adeguata diagnosi.

27 febbraio 2020
© Riproduzione riservata

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