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Leucemia mieloide acuta. Aifa concede rimborsabilità a venetoclax


In ottemperanza alla legge 648/96, il farmaco è stato inserito nell’elenco dei farmaci a totale carico del Servizio sanitario nazionale. Il parere degli esperti

01 APR - L’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) ha deciso di inserire l’inibitore della proteina anti-apoptotica Bcl-2, venetoclax, tra i farmaci rimborsati dal Servizio sanitario nazionale (Ssn) seguendo quando disposto dalla legge 23 dicembre 1996, n. 648, per i medicinali innovativi specifici per patologie con elevati bisogni terapeutici insoddisfatti affinché siano disponibili per i pazienti prima che siano state portate a termine le normali procedure di registrazione europea e italiana.
 
Nello specifico venetoclax, in combinazione con gli ipometilanti azacitidina o decitabina, è stato inserito nell’elenco dei farmaci erogati dal Ssn per i pazienti adulti con leucemia mieloide acuta (LMA) di nuova diagnosi, non candidabili a chemioterapia intensiva di induzione o con età ≥ 75 anni. La decisione dell’Aifa si basa sui risultati di uno studio di fase Ib, pubblicato su Blood (DiNardo et al, Blood 133,7-17;2019), su un campione di 145 pazienti naive alle terapie per AML con età superiore a 65 anni. Abbiamo cercato di capire il significato di tale decisione da parte di Aifa, sia dal punto di vista clinico che dal punto di vista dei pazienti, con Adriano Venditti, Direttore UOSD Patologie Mieloproliferative Dipartimento di Onco-Ematologia del Policlinico Tor Vergata di Roma e con Felicetto Ferrara, Divisione Ematologia dell’Ospedale Antonio Cardarelli di Napoli.

Per comprendere a pieno l’importanza della decisione dell’Aifa è necessario fare un passo indietro e spiegare qual è la situazione di chi è affetto da LMA. “Più del 50% dei pazienti affetti da leucemia mieloide acuta ha un’età alla diagnosi superiore a 65 anni e circa un terzo oltre 75 anni”, spiega Felicetto Ferrara. “A tutt’oggi, in età avanzata la malattia ha una prognosi largamente insoddisfacente con percentuali di remissione completa (RC) dopo terapia aggressiva intorno al 45-55 % e sopravvivenza a 5 anni inferiore al 10%”.

Se ne deduce che i pazienti con LMA siano pazienti particolarmente fragili ed avere una nuova arma terapeutica è senz’altro una buona notizia. “Credo che la decisione dell’Aifa sia opportuna ed appropriata poiché tende a colmare uno ‘storico’ gap ematologico relativo alla difficoltà di trattare con approcci attivi, ossia potenzialmente curativi, pazienti con LMA non in grado di ricevere terapie intensive per età o per presenza di patologie concomitanti”, dice Adriano Venditti.
 
“La comunità scientifica e medica ematologica – prosegue - ha accolto con favore la deliberazione dell’Aifa, deliberazione che d’altro canto la stessa comunità ematologica sollecitava ed attendeva con ansia”. Venetoclax è un inibitore della proteina anti-apoptotica Bcl-2 già registrato in Italia per la cura della leucemia linfatica cronica. “È noto che oltre che nelle malattie linfoproliferative, Bcl-2 ha un ruolo rilevante nella sopravvivenza dei blasti leucemici della LMA ed è un regolatore chiave del pathway apoptotico mitocondriale. La sua inibizione può perciò contribuire a indurre apoptosi inibendo la progressione della crescita neoplastica nella LMA”, spiega ancora Ferrara.

Nello studio che ha portato alla decisione dell’Aifa, venetoclax viene associato in dosi crescenti ad agenti ipometilanti, quali azacitidina o decitabina, per il trattamento di 145 pazienti adulti con leucemia mieloide acuta di età superiore a 65 anni, naive alle terapie e non idonei per una chemioterapia intensiva.
Il farmaco è stato somministrato alle dosi di 400, 800 o 1.200 mg/die in combinazione con decitabina o azacitidina.
 
“La percentuale di RC è stata del 67%, paragonabile (se non superiore) a quella della chemioterapia standard, comunque non proponibile in questa popolazione di pazienti”, precisa Ferrara. Inoltre, “la durata mediana di RC e di sopravvivenza globale è risultata rispettivamente pari a 11,3 mesi e 17,5 mesi. Va sottolineato che la tossicità è stata accettabile e gli eventi avversi di grado 3-4 esclusivamente ematologici”. La combinazione di venetoclax con l’ipometilante è risultata efficace anche nei vari sottogruppi analizzati di pazienti ad alto rischio, tra cui quelli con 75 anni o più, quelli con citogenetica sfavorevole e quelli con leucemia secondaria.

Ora, come ricordato da Venditti, la decisione dell’Aifa si allinea con l’approvazione dall’Agenzia statunitense FDA del Novembre 2019. Con la consapevolezza che l’Aifa abbia “arricchito e potenziato” l’armamentario terapeutico dell’ematologo, prosegue Venditti “alcune riflessioni sono comunque necessarie. L’approvazione del farmaco è avvenuta da parte di FDA in modo ‘non convenzionale’ e senza precedenti. Si tratta cioè di un’approvazione deliberata sulla base di risultati di studi di fase I/IIb aventi come end-point principali quelli di efficacia e di raggiungimento della trasfusione indipendenza, ma non di sopravvivenza. Al contrario – spiega - l’Agenzia Europea rimane saldamente ancorata a robuste evidenze generate in studi di fase III ed è, per il via libera ad una formale approvazione del farmaco, in attesa di venire a conoscenza dei risultati dello studio di fase III VIALE-A che confronta azacitidina da sola verso azacitidina e venetoclax. In questo senso la decisione dell’Aifa anticipa quella che, auspicabilmente, potrebbe essere una futura approvazione da parte dell’Agenzia Europea”, precisa il direttore del Dipartimento di Onco-Ematologia di Tor Vergata.
 
“Va infine considerato che la decisione Aifa di erogare venetoclax in combinazione con agenti ipometilanti secondo i criteri della legge 648 oltre ad offrire una chance di cura ad una categoria di pazienti particolarmente fragili, fornisce alla comunità ematologica italiana l’occasione di definire l’efficacia della combinazione ed i suoi effetti collaterali in un contesto così detto real life, ossia di vita reale, situazione ovviamente lontana dal mondo perfetto del trial clinico”, conclude Venditti. Dello stesso avviso Felicetto Ferrara il quale ribadisce che “la sostanziale mancanza di alternative terapeutiche in una popolazione particolarmente delicata di pazienti giustifica pienamente la tempestività dell’approvazione da parte di entrambe le agenzie regolatorie”.

Marzia Caposio

01 aprile 2020
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