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Coronavirus e Pma. “Pronti alla ripartenza, Governo e Regioni battano un colpo”. Intervista a Nicola Colacurci (Sigo-Giss)

di Ester Maragò

I Centri Di Pma hanno tutte le carte in regola per riprendere con la massima cautela e con gradualità i trattamenti, grazie a percorsi che garantiscano la “safety” delle procedure. Ma serve un’autorizzazione istituzionale, da parte del Governo, delle Regioni e in piena sintonia con l’Iss e Cnt. Con l’auspicio, ha spiegato il coordinatore del Giss della Sigo che i ginecologi siano coinvolti “in questa fase, così delicata, di ripresa delle attività ritenute differibili”

27 APR - Siamo ancora lontani dalla fine del lockdown, ma la fase due ha ormai una data di inizio. Dal 4 maggio, come ha affermato il ministro della Salute Roberto Speranza, con prudenza si può ripartire: “Il nostro principio guida – ha dichiarato – è stato, e sarà sempre, quello della tutela della salute. Anche nella fase che si apre, il senso di responsabilità di ciascuno è la vera chiave per vincere la sfida. Insieme ce la faremo”.
 
Un invito che i ginecologi del Gruppo di interesse speciale (Giss) in Medicina della Riproduzione della Sigo sono pronti a raccoglie e da tempo: già dagli inizi del mese di aprile hanno infatti messo in atto una strategia per far ripartire le attività dei Centri di fecondazione assistita con l’elaborazione di nuove raccomandazioni per la pronta ripresa dei trattamenti. Anche perché il tempo è un alleato prezioso per le coppie che hanno visto allontanarsi la loro chance riproduttiva a causa della pandemia che ha decretato lo stop alle attività di Pma.
 
Ma se i Centri di Pma e i professionisti hanno già scaldato i motori, manca il decisivo segnale di via libera, come ci ha spiegato in questa intervista Nicola Colacurci, Presidente dell’Associazione Ginecologi Universitari Italiani (Agui) e Direttore Uou Ginecologia ed Ostetricia della Università della Campania Luigi Vanvitelli e coordinatore del Giss della Sigo: “Serve un’autorizzazione istituzionale, da parte del Governo, delle Regioni e in piena sintonia con l’Iss e Cnt”.
 
Professor Colacurci, anche se siamo ancora lontani dalla fine del lockdown, dal 4 maggio inizia la Fase 2. Con il documento redatto dal Giss della Sigo nei giorni scorsi avete gettato le basi per la ripartenza dei Centri di fecondazione assistita, quindi siete pronti a riprendere l’attività?
Voglio partire da una premessa: tutto va fatto cum grano salis, quindi con la massima cautela e con gradualità. Come Giss abbiamo messo nero su bianco raccomandazioni e percorsi estremante dettagliati, alla luce delle conoscenze scientifiche sul virus ad oggi disponibili. Sono delle strategie comportamentali che suggeriamo di attuare per poter riprendere le attività in totale sicurezza, per il personale e per i pazienti. La nostra priorità in questo momento è dare una speranza a quelle coppie che si sono sentite abbandonate, in particolare a quelle che avevano già intrapreso un percorso di Pma e che alla paura della pandemia hanno aggiunto, a causa del lockdown, il timore di perdere un treno importante per la loro possibilità riproduttiva. Agire rapidamente, lo voglio ricordare, è spesso essenziale per quelle pazienti a cattiva prognosi di riserva ovarica, ma anche per alcuni partner con un quadro clinico che può virare verso un rapido peggioramento. In sostanza almeno una parte delle nostre pazienti deve accedere alla fecondazione con urgenza e con una certa priorità al pari delle pazienti con altre patologie che non abbiamo mai smesso di curare. Ciò detto, rispondo alla sua domanda: sì siamo pronti, ma il problema è un altro.
 
Qual è il problema?
Il documento del Giss e le garanzie di sicurezza che i nostri Centri offrono, da soli non bastano. Serve un’autorizzazione istituzionale, da parte del Governo, delle Regioni e in piena sintonia con l’Istituto Superiore di Sanità e del Centro Nazionale Trapianti. Sono loro che devono dare il via libera, contemporaneamente ai centri pubblici, privati e privati accreditati, per poter riprendere le attività. Le istituzioni devono decidere se questo debba avvenire contemporaneamente su tutto il territorio nazionale oppure se, alla luce dei dati relativi alla pandemia, ipotizzare una ripartenza scaglionata. Noi logicamente siamo favorevoli ad una riapertura omogenea su tutto il territorio per evitare difformità comportamentali tra le diverse regioni, già così frequenti in Pma. Pensiamo di aver prodotto un materiale scientifico di supporto sufficiente a elaborare un piano di ripresa in piena sicurezza. Auspichiamo un nostro coinvolgimento in questa fase, così delicata, di ripresa delle attività ritenute differibili.
 
Nell’attesa che arrivi questa indicazione, vorrei ritornare su quanto il Giss ha messo in campo e capire quali sono le conoscenze sul virus che vi consentono di dire che si può ripartire, anche se con gradualità
Come le ho già premesso, abbiamo dettato una procedura operativa basandoci su quelle informazioni di cui la scienza oggi dispone e che sono quindi in progress, anche perché il Sars CoV 2 è un virus che sembra mutare molto rapidamente. Sappiamo, con un margine di sicurezza estremamente attendibile, che le cellule riproduttive, quindi spermatozoi e ovociti, non hanno il recettore per il virus. O meglio questo recettore è stato trovato nel testicolo (non nell’ovaio) sul quale tuttavia è assente l’enzima che consente la penetrazione del virus.
Fin ora quindi possiamo affermare, considerando anche l’affinità con la Sars, che il Sars Covid 2 non sia presente nel liquido seminale o nel fluido follicolare. Tali informazioni sono logicamente in progress e come Sigo abbiamo avviato un proficuo confronto con le società scientifiche di ginecologia ed ostetricia cinese, spagnola, francese e greca, proprio per condividere tutte le novità scientifiche in tale campo.
 
Per quanto riguarda i Centri di Pma?
Su questo fronte abbiamo, e offriamo, amplissimi margini di sicurezza. Nei nostri Centri, dotati di apparecchiature di alta tecnologia, è già previsto il trattamento di pazienti ad alto rischio infettivo, pazienti con epatite B e C e con Hiv e quindi abbiamo da tempo istituzionalizzato percorsi che garantiscano la “safety” delle procedure. I Centri Pma sono equiparati ad Istituti dei tessuti e lavorano pertanto in un ambiente e con un setting protetto, atto a salvaguardare sia le pazienti, sia gli operatori sanitari.
 
Ricordiamo in breve quali sono i percorsi che avere predisposto per la ripartenza?
Abbiamo proposto un nuovo modello previsionale che, partendo da un triage iniziale delle pazienti, quindi da un’attenta anamnesi e valutazione clinica preliminare, utilizzando il meccanismo del teleconsulto, ci porta a definire tre diversi scenari: pazienti asintomatici, pazienti paucisintomatici e pazienti con sintomi specifici.
Per i pazienti e partner che risultano asintomatici si potranno eseguire regolarmente il prelievo ovocitario o il transfer di embrioni congelati. In caso di pazienti con sintomi lievi o aspecifici si dovrà procedere con un test rapido per la ricerca delle immunoglobuline sul sangue al fine di decidere se continuare o sospendere i cicli. Per la paziente o il partner con sintomatologia conclamata, invece il prelievo ovocitario o il transfer di embrioni congelati dovrà essere rimandato.
Stiamo anche pensando, laddove possibile, di organizzare dei mini team, composti da tutte le figure essenziali per il percorso di Pma, che non entrino in contatto con l’altro proprio per abbassare il rischio di contagi e soprattutto per garantire una continuità assistenziale in caso di infezione nel personale Pma. È inoltre auspicabile anche una messa in rete di tutti i Centri, almeno a livello regionale, per avere garanzie di massima copertura per eventuali emergenze.
 
Ester Maragò

27 aprile 2020
© Riproduzione riservata

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