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Epilessia. Colpiti 500mila italiani. Ma si può guarire. Le novità al Congresso Nazionale LICE


La patologia poptrebbe non essere "statica". A 20 anni dalla diagnosi, circa il 50% dei pazienti riferisce una completa scomparsa delle crisi, con conseguente sospensione del trattamento. Le novità della ricerca al congresso della Lega Italiana contro l’Epilessia in corso a Torino.

06 GIU - Ha preso il via a Torino questa settimana e gli esperti si confronteranno sui temi più importanti riguardo l’epilessia fino a venerdì: a poche settimane dalla giornata nazionale della patologia, nel corso del 35° Congresso Nazionale della Lega Italiana contro l’Epilessia (LICE), i temi spazieranno dalla prognosi a lungo termine dell’epilessia, all’identificazione del profilo del paziente epilettico a rischio di “morte improvvisa”, dalle relazioni tra sonno ed epilessia nell’adulto e nel bambino alle novità nella ricerca.
 
Alcuni nuovi studi, stanno suggerendo sempre più insistentemente che la patologia neurologica, che in Italia colpisce oltre 500 mila persone con 30 mila nuovi casi l’anno, non sia una malattia “statica”, senza possibilità di remissione e legata ad un trattamento farmacologico per tutta la vita, come finora era stata considerata. In particolare ricerche condotte su campioni rappresentativi di pazienti negli ultimi anni hanno dimostrato che con una corretta impostazione della terapia farmacologica al momento della diagnosi, è possibile ottenere nell’80-90% dei casi una regressione delle crisi per periodi anche prolungati. Inoltre, a 20 anni dalla diagnosi, circa il 50% dei pazienti riferisce una completa scomparsa delle crisi, con conseguente sospensione del trattamento.
Ma non solo. “Recenti studi effettuati dopo prolungata osservazione di pazienti con nuova diagnosi di epilessia hanno permesso di definire meglio la prognosi della malattia, riducendo al 20% i soggetti cosiddetti “farmaco resistenti”, che continuano, cioè, a manifestare crisi nonostante ripetute variazioni dello schema terapeutico, riconoscendo, quindi, la presenza di quadri prognostici diversificati. A spiegarlo Ettore Beghi, dell’Istituto Mario Negri di Milano e Past President della LICE: “Tra questi la possibilità di una remissione delle crisi anche dopo periodi prolungati di farmacoresistenza. Questa osservazione fa supporre che, disponendo di un’ampia gamma di farmaci, uno di questi si possa rivelare efficace laddove altri avevano fallito. Questa ipotesi è in corso di valutazione, tra l’altro, in uno studio nazionale coordinato dalla Clinica Neurologica dell’Università di Milano-Bicocca, con la collaborazione di ricercatori appartenenti alla Lega Italiana contro l’Epilessia (LICE) e all’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri di Milano”.
 
I campi di ricerca sono tuttavia numerosi.Oltre a quello sulla non staticità della patologia, un'altra tematica affrontata dal mondo accademico – e che dunque prende spazio nella discussione al Congresso LICE – è la relazione tra sonno ed epilessia nell’adulto e nel bambino. In questo campo sono infatti stati approfonditi i meccanismi d’interazione per evidenziare le implicazioni terapeutiche volte a garantire una migliore qualità di vita delle persone affette da questa patologia: “Se le strette relazioni tra sonno ed epilessia sono note fin dall’antichità, ora è appurato che i meccanismi neurofisiologici che sottendono il sonno, in particolare quello Non-REM, giocano un ruolo attivante nei confronti dell’attività epilettica ed alcune forme di epilessia possono manifestarsi quasi esclusivamente durante il sonno”, ha commentato ha Lino Nobili, coordinatore del Centro per la diagnosi e la cura dei disturbi del sonno dell’Ospedale Niguarda Ca’ Granda. “Le caratteristiche delle crisi notturne sono estremamente variabili a seconda del tipo di epilessia e talvolta possono assumere sembianze difficilmente differenziabili da altri disturbi del sonno. È inoltre da considerare - seppur si tratti di un’evenienza molto rara - che le crisi in sonno, rispetto a quelle durante periodi di veglia, sono associate ad una più alta frequenza di casi di morte improvvisa, non legati a traumi conseguenti ad una crisi o ad altre cause identificabili (SUDEP- Sudden Unexpected Death in Epilepsy)”.
A proposito dei casi di SUDEP, è infatti emersa l’esigenza di ottenere un controllo soddisfacente delle crisi stesse con i farmaci o con l’intervento neurochirurgico. Nonostante colpiscano solo 0,1-2 pazienti ogni 1000 in un anno), queste diventano infatti più frequenti quando si prendono in considerazione soltanto i pazienti più gravi, farmaco-resistenti (6-9 pazienti/1000/anno): trattandosi di un evento drammatico, più frequente quando le crisi sono più numerose, diventa diventa dunque fondamentale un strategia terapeutica mirata alla prevenzione della SUDEP. “I meccanismi ipotizzati alla base della SUDEP sono respiratori e cardiaci e si hanno evidenze che esistano fattori predisponenti individuali, su base anche genetica”, ha dichiarato Angela La Neve, del consiglio direttivo LILA. “Uno degli obiettivi, quindi, è quello di identificare il profilo del paziente a rischio di SUDEP per poter prevenire l’evento. In quest’ottica la LICE ha avviato uno studio mirato ad individuare anomalie genetiche potenzialmente predisponenti alla SUDEP in pazienti con familiarità per morte improvvisa, legata o meno ad una diagnosi di epilessia, o anamnesi personale di patologia cardiaca aritmogena. In linea con tale ipotesi di studio è stato formulato un questionario ad hoc di rapida compilazione per individuare i potenziali pazienti a rischio che, oltre ad essere studiati da un punto di vista genetico, vengono anche sottoposti ad uno screening cardiologico di secondo livello”.
 
Studi recenti hanno inoltre dimostratoche nelle persone affette da epilessia la frequenza di disturbi del sonno è molto più elevata che nella popolazione generale, indipendentemente dalla presenza di crisi notturne. Tale fenomeno è da ricondursi a vari fattori: l’attività epilettica e le crisi possono determinare una marcata frammentazione del sonno; alcuni farmaci antiepilettici, seppur efficaci sull’epilessia, possono modificare la struttura del sonno riducendo il suo ruolo ristoratore, infine, aspetti emotivi possono facilitare l’insorgenza di insonnia nei pazienti epilettici. “Poiché la deprivazione di sonno facilita l’occorrenza di crisi epilettiche e a loro volta le crisi e l’attività epilettica possono portare ad una deprivazione di sonno garantire un buon sonno al paziente con epilessia costituisce un aspetto importante della gestione terapeutica”, ha spiegato Pierangelo Veggiotti, docente all’Università degli Studi di Pavia. “In più il sonno svolge un ruolo fondamentale nella sviluppo plastico del cervello, nella regolazione di processi cognitivi e funzioni importanti, quali la memoria. La presenza di attività epilettica in sonno, anche in assenza di crisi epilettiche, interagisce negativamente con queste funzioni e può, pertanto, portare all’insorgenza di deficit cognitivi e comportamentali, come si osserva frequentemente in alcune forme di epilessia dell’età evolutiva”.

06 giugno 2012
© Riproduzione riservata

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