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Pfas. Agiscono a livello celebrare favorendo lo sviluppo di disturbi come l’Alzheimer. Lo rivela uno studio dell’Aou di Padova

di Endrius Salvalaggio

Lo studio è stato condotto in due fasi. La prima su persone decedute e residenti nelle aree più esposte agli inquinanti, che ha dimostrato la correlazione tra l’esposizione agli inquinanti e le concentrazioni nel cervello. La seconda osservando, in laboratorio, gli effetti dell'esposizione ai Pfas di cellule staminali nervose. “Gli inquinanti si legano ai neuroni e ne modificano il funzionamento”, spiega Foresta, secondo cui bisognerà ora indagare se “le interferenze possano verificarsi già a livello dello sviluppo embrionale del sistema nervoso”.

26 APR - Dagli ultimi studi risulta che in presenza di elevate concentrazioni di Pfas si assiste a delle alterazioni congenite del sistema nervoso o disturbi comportamentali e/o neurologici come l’Alzheimer, l’autismo o disturbi dell’attenzione e iperattività. Un altro tassello importante, emerso da un recente studio dall’Università di Padova, capitanata dal Proff. Carlo Foresta.

“Lo studio – spiega il prof. Carlo Foresta, ordinario di Endocrinologia, presso l’Università degli Studi di Padova – si è basato su due steps. Il primo è stato condotto su persone decedute e residenti in quelle aree della Regione Veneto esposte alle sostanze inquinanti, attraverso prelievi autoptici nell’ambito del programma di donazione del corpo alla scienza in collaborazione con la sede di anatomia dell’Università di Padova. Analizzando la concentrazione di Pfas nelle diverse aree cerebrali, abbiamo capito che esiste una correlazione tra l’esposizione a questi inquinanti e le loro concentrazioni nel cervello, in particolare in alcune zone del sistema nervoso, come ad esempio nell’ipotalamo".

La seconda parte dello studio, illustra il professore, “è stato condotta su cellule nervose in laboratorio. Partendo dalle cellule staminali, le abbiamo differenziate in neuroni durante diversi stadi di sviluppo, esponendole in ogni fase a concentrazioni di Pfas comparabili con quelle trovate nel cervello. Questo ha permesso di dirci, durante il differenziamento delle cellule, che gli inquinanti si legano ai neuroni e ne modificano il loro funzionamento, alterandone la stabilità della membrana. I risultati di questo studio permettono di comprendere come queste sostanze agiscano direttamente sull’uomo a livello cerebrale, favorendo la possibilità di sviluppare patologie come l’autismo, Alzheimer e demenza o alterazioni comportamentali e dello sviluppo”.

“Per la prima volta – chiarisce Foresta- possiamo dire che gli inquinanti possono interferire con la funzione delle cellule nervose. Queste dimostrazioni aprono nuovi scenari poiché le interferenze possono verificarsi già a livello dello sviluppo embrionale del sistema nervoso, ma ad oggi le conseguenze cliniche di queste interferenze vanno ricercate. Nell’adulto le modificazioni funzionali del sistema nervoso centrale indotte dai Pfas possono essere un elemento patogenetico che giustifica l’incremento delle malattie neurologiche riscontrate nelle popolazioni esposte”.

“Quando si parla di Pfas - fa notare Foresta - la maggioranza della popolazione pensa sia un problema legato alle note aree del vicentino, del padovano e del veronese. In realtà, l’inquinamento generale è diffuso quasi ovunque. Il motivo è che le principali fonti di esposizione per l’essere umano includono, oltre all’acqua potabile di zone inquinate, gli alimenti, la migrazione da pellicole e rivestimenti alimentari, i tappeti, l’abbigliamento, la polvere, la cera, i prodotti cosmetici. Dunque, anche l’inquinamento generale, seppur a più basse concentrazioni è molto diffuso e può determinare un accumulo tale da essere alla base di manifestazioni sanitarie associate, come riportato dalla corposa letteratura scientifica internazionale”.

Ricordiamo che le ricerche condotte dall’equipe del prof. Foresta hanno permesso, fino ad ora, di identificare numerosi meccanismi biologici di azione dei PFAS su diverse cellule dell’organismo, fornendo un nesso di associazione tra l’esposizione a sostanze perfluoroalchiliche e manifestazioni cliniche osservate, quali ad esempio ridotta fertilità maschile e femminile, ritardo nella comparsa del ciclo mestruale, ridotta densità ossea, riduzione dei parametri antropometrici e genitali indicativi di un’azione che va ad incidere sul testosterone.

Endrius Salvalaggio

26 aprile 2021
© Riproduzione riservata

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