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Sla. In Italia il primo trapianto in Europa di staminali cerebrali in un paziente


Ha 31 anni il primo dei 18 pazienti sottoposto a trapianto nel midollo spinale di staminali cerebrali in un trial approvato dall’Iss. Nei prossimi mesi, con scadenza di uno ogni 30 giorni, altri 17 interventi. Poi il monitoraggio della condizione. “Ma non è una cura, per ora stiamo solo testando la sicurezza”.

29 GIU - Il reclutamento dei pazienti del trial di fase I pensato da Angelo Vescovi, direttore dell’IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza di San Pio (San Giovanni Rotondo) e, per la parte neurologica, da Letizia Mazzini, Responsabile del Centro SLA dell’Ospedale Maggiore della Carità (Novara), era partito già alla fine dello scorso anno. Ma è stato solo lunedì scorso che ha avuto luogo il primo degli interventi di trapianto di cellule staminali del cervello umano nel midollo spinale di un paziente affetto da Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA): primo dei 18 autorizzati dall’Istituto Superiore di Sanità. A questo intervento seguiranno quelli sui rimanenti pazienti, con cadenza inizialmente mensile, e la condizione clinica dei pazienti verrà tenuta sotto controllo per gli anni a seguire, documentando l'evoluzione della malattia. Si tratta del primo trial al mondo di questo genere di natura interamente filantropica e no-profit.
 
Il primo paziente ad essersi sottoposto alla procedura è un uomo dell'età di 31 anni,che ha ricevuto tre iniezioni nel lato sinistro del midollo spinale lombare, ciascuna di un volume di 15 millesimi di millilitro, che contenevano in totale poco meno di due milioni e mezzo di cellule staminali cerebrali. “Il paziente si è risvegliato dal trapianto in buone condizioni, respira autonomamente e le sue condizioni cliniche e psicologiche sono al momento più che soddisfacenti”, ha fatto sapere l’équipe.
Come tutti gli altri pazienti arruolati per lo studio, il paziente aveva una diagnosi di SLA definita, età compresa tra i 20 e i 75 anni, una progressione di malattia documentata negli ultimi 6 mesi ed era già seguito presso il Centro SLA di reclutamento e residente in area geografica facilmente accessibile. In più, sempre secondo le regole del trial, il paziente non presentava patologie concomitanti complicanti il quadro clinico e era in grado di comunicare coi medici.
Le cellule staminali sono state trapiantate in prossimità delle cellule nervose chiamate motoneuroni, che nella SLA muoiono gradualmente, paralizzando progressivamente i muscoli, fino a causare la morte del paziente. Si spera che questo possa rallentare la morte dei motoneuroni e quindi la malattia.
Lo studio è altamente innovativo e non è mai stato effettuato sull’uomo. Sia il tipo cellulare, infatti, che la modalità di iniezione sono sperimentali. L’impianto delle cellule è una condizione irreversibile (le cellule non possono essere rimosse dopo essere state trapiantate). I ricercatori non sono in grado di prevederne le reazioni nell’uomo. Al fine di evitare una reazione immunitaria da rigetto sarà inoltre necessaria l’assunzione di farmaci ad azione immunosoppressiva per tutta la vita. L’assunzione di questi farmaci rende più vulnerabili a complicanze infettive che nella SLA possono anche essere fatali.
 
È una sperimentazione in cui i pazienti malati di Sla– e le loro famiglie – potrebbero riporre molte speranze, e proprio per questo gli scienziati sottolineano che essa è mirata specificamente a valutare la sicurezza delle procedure di trapianto e dell'innocuità delle cellule, come ovvio per una fase I. La stessa cosa aveva già spiegato lo stesso Vescovi a Quotidiano Sanità proprio in un’intervista a dicembre: “Non è nostra intenzione dare false aspettative che poi non si concretizzano, come fanno altri. Sappiamo che il primo passo è questo trial di fase I, ma come ho già detto non siamo sicuri che tutto possa funzionare al primo colpo. Valuteremo alla fine, quando ci saremo assicurati che il trapianto è sicuro, se si potranno iniziare sperimentazioni più complesse, magari anche per altre patologie”. Dunque non bisogna cantare vittoria troppo presto, spiegano gli esperti, seppure se funzionasse l’intervento potrebbe preannunciare una svolta importante. Bisognerà tuttavia aspettare la fine del trial per verificare se ci potrà essere un nuovo trattamento sicuro ed efficace per curare la malattia.

29 giugno 2012
© Riproduzione riservata

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