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Cellule staminali pluripotenti: si estraggono dal liquido amniotico


Una ricerca che potrebbe mettere fine alla polemica che riguarda le staminali embrionali e risolvere alcuni altri problemi che pongono le staminali adulte riprogrammate: per ottenere staminali pluripotenti – le più versatili – dal liquido amniotico basta aggiungere acido valproico alla coltura.

04 LUG - Uno dei dibattiti etici più accesi rispetto alle cellule staminali è quello che riguarda l’uso di quelle embrionali per la ricerca. Per questo negli ultimi anni si è tentato sempre più alacremente di trovare alternative a queste particolari staminali, ad esempio tentando di modificare quelle adulte – già più differenziate di quelle embrionali e dunque un po’ meno versatili – per renderle più utilizzabili. Un risultato di questo tipo è anche quello ottenuto dai ricercatori dell’Imperial College e dello University College di Londra, che su Molecular Therapy hanno pubblicato un lavoro che spiega come trasformare le cellule staminali che si trovano nel liquido amniotico in unità biologiche più simili a quelle embrionali: per farlo, i ricercatori hanno dovuto “riprogrammare” le cellule solo con l’uso di acido valproico, dunque senza dover agire a livello genetico.
 
Le cellule staminali che si trovano nel liquido amniotico provengono infatti dal feto, ma non hanno utilità per la gravidanza, né la stessa capacità di svilupparsi e differenziarsi rispetto a quelle che si trovano nell’embrione. Le cellule possono essere prelevate facilmente durante l’amniocentesi, uno dei test diagnostici più diffusi durante la gravidanza. In particolare, per questo studio gli scienziati hanno usato fluido amniotico donato volontariamente da mamme che si erano sottoposte all’analisi per altri motivi nel primo trimestre di gravidanza.
Come già accennato, per ottenere la riprogrammazione, i ricercatori hanno creato in laboratorio una coltura di cellule staminali prelevate dal liquido amniotico e le hanno riprogrammate ad uno stato primitivo aggiungendo acido valproico al gel proteico in cui queste venivano tenute. In questo modo le hanno rese pluripotenti, ovvero capaci di differenziarsi in ogni tipo di cellula dell’organismo anche dopo un lungo periodo di coltura o dopo essere state congelate.
 
Non prevedendo una riprogrammazione genetica,la scoperta oltre che aggirare i problemi etici che qualcuno solleva, potrebbe dunque anche risolvere un’altra questione, che riguarda l’uso a scopo medico delle cellule staminali: in molti casi infatti, quando viene usata l’ingegneria genetica per indurre la pluripotenza, si possono avere effetti collaterali anche molto gravi, come lo sviluppo di tumori. In questo caso non solo questo problema non si pone, ma le staminali prelevate dal liquido amniotico hanno dimostrato di avere anche altri tratti di quelle embrionali, che invece le staminali adulte non hanno. “È come se si trovassero a metà tra le prime e le seconde”, ha spiegato Pascale Guillot, dell’Imperial College. “Hanno lo stesso potenziale delle prime di trasformarsi in tutte le cellule dell’organismo, ma perché questo sia possibile c’è bisogno di un agente chimico”.
Dei risultati che potrebbero aiutare i pazienti affetti da patologie genetiche diagnosticate in età infantile o anche da paralisi cerebrale, tanto che la ricerca è stata finanziata da tre grandi charity inglesi, come la Genesis Research Trust, la Henry Smith Charity e Action Medical Research.

04 luglio 2012
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