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Cancro. Fanelli (Sapienza): “Affamare il tumore per migliorare i risultati della chemio”


Chiamato come esperto dal New England Journal of Medicine per fare il punto sulla ricerca nel campo, il ricercatore italiano spiega come la restrizione calorica possa essere un utile mezzo per migliorare l’efficacia dei farmaci. Oltre che avere altri ottimi effetti sulla salute.

07 LUG - Che per star bene bisogna mangiare meno i medici ormai lo ripetono da anni. Ma che la dieta possa anche aiutare a curare il cancro si sente dire meno spesso, eppure a fare ricerca su questo sono sempre più team. Tra questi anche il gruppo di Filippo Rossi Fanelli, direttore del dipartimento di Medicina clinica dell’Università Sapienza di Roma, contattato dal New England Journal of Medicine come esperto proprio per commentare le più recenti scoperte. “Modulare quanto cibo assumiamo può essere utile per indebolire le cellule tumorali, rendendo più efficace la chemioterapia”, ha scritto il ricercatore in un commento apparso sulla prestigiosa rivista. La prospettiva più avanzata di trattamento per il cancro è dunque quelladi dimostrare come un’appropriata dieta ipocalorica incida non solo sul paziente, ma sul tumore stesso, rivelandosi un notevole supporto terapeutico.

“Le cellule normali e quelle neoplastiche differiscono fra di loro per la diversa capacità di rispondere a stimoli esterni: in assenza di nutrienti disponibili, le cellule normali attivano delle vie metaboliche di protezione, mentre quelle neoplastiche non ne sono capaci per l’azione inibitoria degli oncogeni”, ha spiegato Rossi Fanelli. “Questa differenza potrebbe essere utilizzata per aumentare la resistenza delle cellule normali agli effetti tossici della chemioterapia e aumentare invece la sensibilità delle cellule tumorali agli effetti terapeutici della stessa”.
Il primo studio a dimostrare tutto questo era apparso a febbraio su Science Translational Medicine, un lavoro condotto tra l’altro da ricercatori italiani. In particolare la ricerca identificava le 72 ore peri-chemioterapia (il giorno prima, il giorno del trattamento e il giorno successivo) come un intervallo di tempo in cui interventi mirati possono determinare grandi risposte cliniche, al di là dei già noti effetti benefici sullo stato nutrizionale. Nello studio preliminare, i pazienti sottoposti a digiuno prima di ricevere diversi farmaci anti-tumorali avevano infatti riportato una netta riduzione di effetti collaterali associati alla chemioterapia, e la sperimentazione clinica su pazienti è già stata avviata in alcuni centri statunitensi ed europei. Inoltre, lo studio dimostrava come un intervento nutrizionale-metabolico nel periodo peri-chemioterapia potesse anche aumentare l’efficacia della terapia farmacologica.
In particolare, il meccanismo di “risposta differenziale allo stress (DSR)” permetterebbe di rendere la chemioterapia più efficace senza dover aumentare le dosi dei farmaci o svilupparne di più aggressivi e dunque esporre il paziente ai loro effetti negativi (nausea, vomito, fatigue, calo ponderale).
La possibilità di aumentare l’efficacia della chemioterapia attraverso la modulazione della dieta rappresenta un obiettivo molto interessante, in quanto economico e già disponibile.
“D’altra parte – scrive Rossi Fanelli, che con il suo team si occupa proprio di questo campo di ricerca – il cibo è un potente induttore di risposta metabolica. Sappiamo che nutrienti specifici migliorano la crescita muscolare, mentre altri modulano la risposta infiammatoria. Allo stesso modo, la restrizione calorica sotto normali condizioni ha dimostrato di proteggere dallo sviluppo di malattie croniche. Ecco perché esplorare i diversi aspetti dell’argomento è oggi una delle strategie migliori che possediamo per migliorare l’efficacia dei farmaci che sintetizziamo”.
 
“In questo momento sono in corso negli Stati Uniti e in Europa studi clinici volti a confermare gli effetti dell’utilizzo della DSR anche nel paziente neoplastico e solo questi risultati potranno confermare se l’integrazione di farmacoterapia e terapia nutrizionale è applicabile all’uomo”, ha poi concluso Rossi Fanelli su NEJM. “Risultati ancora molto preliminari sembrano confortanti”.
 
 
 

 

07 luglio 2012
© Riproduzione riservata

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