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Smi: “Punti nascita con con una media di 300 parti l’anno: sprecati nel 2016 circa 30 milioni di euro per tenerli aperti”

Meglio destinare le risorse pubbliche al potenziamento di personale medico qualificato con formazione ad hoc e per riorganizzare Punti nascita con requisiti di qualità e di efficienza. Lo Smi chiede che si rimetta all’ordine del giorno della Regione la loro riorganizzazione. Proposte e dati presentati nel corso di un convegno a Lentini

20 FEB - “Si rimetta all’ordine del giorno della Regione Sicilia la riorganizzazione dei Punti Nascita in Sicilia”.
È quanto ha chiesto il Sindacato dei Medici Italiani che, nel corso di un convegno organizzato a Lentini nei giorni scorsi, denuncia come a distanza di un anno dal rapporto del Ministero della Salute che indicava le 13 strutture che non raggiungevano i requisiti minimi per continuare ad operare, il 50% siano ancora aperte, per chiara responsabilità della Regione e per evidenti calcoli elettoralistici.
 
“I Punti nascita – sottolinea il sindacato in una nota – hanno in media 300 parti l’anno, mentre gli standard nazionali ne richiedono almeno 500, con dei costi di circa 4 milioni di euro per punto nascita, per un totale stimato complessivo di spesa di quasi 30 milioni. Uno spreco che dovrebbe essere evitato, al fine reinvestire e destinare le risorse pubbliche al potenziamento della presenza di personale medico qualificato, e formato ad hoc, dell’emergenza-urgenza e per riorganizzare sul territorio i Punti nascita con requisiti di qualità e di efficienza. A partire dalla necessita di prevedere, per esempio, delle Unità di terapia sub-intensiva anche nelle strutture minori, per eventuali parti prematuri. Una rete efficace ospedale-territorio, basata anche sui consultori, che sappia rispondere alla domanda di assistenza della donna in gravidanza, indirizzandola alla struttura più adeguata al suo percorso di partoriente”.
 
In Sicilia, rileva il Sindacato, “nonostante i piani di rientro e i tagli, grazie al lavoro enorme dei medici (motivati, nonostante l’assedio dei rischi da denunce per responsabilità professionale) si sono raggiunti grandi risultati: si è abbassata la mortalità infantile, allineandosi così alla media nazionale, e sono diminuiti i cesarei”.
 
Per queste ragioni, mette in evidenza lo Smi, risulta assurdo che “per non scontentare qualche elettore, si continuino a tenere aperte realtà, che oltre ad essere costose rischiano di essere anche insicure”.
 
Infine, il sindacato ha puntato il dito sulla pervasiva presenza di personale medico ultra precarizzato “in strutture, appunto, dove è necessario avere, per ovvie ragioni, professionisti finalmente stabilizzati. Anche su tutto ciò la Regione Sicilia è in ritardo rispetto alla normativa nazionale”.

20 febbraio 2017
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