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Responsabilità professionale. A Catania confronto sulla nuova legge con Del Favero (Iss)

L’incontro ha acceso i riflettori sulla recente riforma, affrontando i temi della sicurezza delle cure e della gestione del rischio sanitario, della responsabilità dell’esercente la professione sanitaria e della struttura, delle modalità e caratteristiche dei procedimenti giudiziari aventi ad oggetto la responsabilità sanitaria. Del Favero: "La legge è un buon risultato, in quanto rappresenta solo l’inizio di una maggiore tutela per il professionista della sanità".

22 MAG - Si è svolto il 16 maggio, presso la Sala Dusmet dell'Arnas Garibaldi, il convegno “Responsabilità civile e penale del medico e della struttura sanitaria nella legge Gelli-Bianco, Legge n. 24 dell’8 Marzo 2017". Ad aprire i lavori è stato il Direttore Generale dell’Arnas Garibaldi, Giorgio Santonocito, a cui ha fatto seguito l’intervento di Angelo Lino Del Favero, Direttore Generale Istituto Superiore di Sanità e Presidente di Anci - Federsanitá e di Enzo Bianco, Sindaco di Catania e Presidente del Consiglio Nazionale dell’Anci.
 
“L’Arnas Garibaldi – ha detto Santonocito – ha inteso, a quarantacinque giorni dell’entrata in vigore dalla legge, avviare un confronto con i protagonisti della fase applicativa della legge. La portata innovativa della norma è già subito evidente all’articolo 1 della legge stessa che espande il concetto di diritto alla salute, costituzionalmente garantito, fino ad includere il diritto alla sicurezza delle cure ed il diritto ad un equo e tempestivo risarcimento in ipotesi di danni provocati dalle cure stesse al cittadino”.

L’incontro ha acceso i riflettori sulla recente riforma, affrontando i temi della sicurezza delle cure e della gestione del rischio sanitario, della responsabilità dell’esercente la professione sanitaria e della struttura, delle modalità e caratteristiche dei procedimenti giudiziari aventi ad oggetto la responsabilità sanitaria.

Il dibattito si è subito avviato sul tema della rivalsa (o, più propriamente come hanno evidenziato i giuristi, del “regresso”) e della responsabilità amministrativa: la limitazione, operata dalla riforma, ai soli casi di dolo o colpa grave appare certamente una soluzione di equilibrio. I presenti hanno convenuto con Santonocito sulla opportunità di proseguire verso un sistema no fault ‘nessuna colpa’ modello adottato in Nuova Zelanda o sullo schema di altri Stati “Germania” dove la sicurezza sociale copre i costi del danno, affrancando del tutto i medici dai gravami giudiziari (salve sempre le ipotesi di dolo e colpa grave) rendendo attuale e di immediata tutela quel diritto alla sicurezza delle cure che si declina con i presidi e le attività proprie del Risk Management, da un canto, ma anche con il diritto ad un tempestivo risarcimento, dall’altro.

“L’ultimo intervento legislativo sulla responsabilità medica – ha dichiarato Del Favero – è un buon risultato, in quanto rappresenta solo l’inizio di una maggiore tutela per il professionista della sanità. Il richiamo alle linee guida è un concetto, però, che non deve essere esasperato e va individuato nell’equilibrio delle scelte. Negli ultimi anni si è assistito a una riduzione delle azienda sanitarie con incremento delle restanti che, di contro, hanno assunto dimensioni maggiori. Questa inversione di tendenza rende, pertanto, necessario spingere le aziende verso un incremento dell’informatizzazione per migliorare i controlli di gestione e, alla luce delle novità introdotte dalle legge Gelli, riorganizzare l’intero sistema del rischio sanitario”.

I temi trattati sono stati discussi soprattutto sotto l’aspetto sanitario, ma non sono mancati i riferimenti con un ambito più ampio. “La legge Gelli – ha chiarito il Professore Aleo – rappresenta un intervento paradigmatico della legislazione speciale che sarà di scarsa efficacia per varie ragioni. La materia avrebbe richiesto un progetto di ben altro spessore, fondato sull’idea che l’errore sanitario sia rischio tipico della funzione sanitaria e problema dell’organizzazione sanitaria. In modo particolare, la disposizione penale contenuta nella legge esprime una vistosa contraddizione, che il sanitario che abbia agito con imperizia abbia tuttavia rispettato le linee guida e buone pratiche clinico-assistenziali, da esserne quindi esclusa la responsabilità penale, e induce la produzione da parte delle società scientifiche mediche di linee guida auto-difensive. Il medico così può essere garantito dall’appartenenza più ancora che dalla sua capacità professionale.”

Anche Gaetano Cataldo, Magistrato del Tribunale di Catania, ha messo a nudo le criticità della riforma appena introdotta, evidenziando che in colpo solo sono stati cancellati venti anni di giurisprudenza sulla responsabilità da contatto sociale del sanitario. “Con il terzo comma dell’art. 7 della nuova Legge Gelli-Bianco – ah affermato – il Legislatore ha inteso affermare il principio secondo cui “l’esercente la professione sanitaria … risponde del proprio operato ai sensi dell’art. 2043 del codice civile, salvo che abbia agito nell’adempimento di un’obbligazione contrattuale assunta con il paziente... Ciò a fronte di una giurisprudenza quasi ventennale, la quale, anche con il favore di dottrina autorevole, qualifica sempre e comunque la responsabilità del medico secondo gli schemi della cd. responsabilità contrattuale. Dirà la cronaca giudiziaria dei prossimi anni se, per la giurisprudenza della Cassazione, la nuova norma modifica effettivamente la posizione del medico: certamente già adesso può tuttavia osservarsi che in questo, come in altri punti salenti della materia, il Legislatore abbia perso l’occasione di far sentire in modo netto e chiaro la propria voce”
Anche per Enzo Bianco, peraltro, la questione principale sembra essere quella di guardare con attenzione le prime applicazioni pratiche del nuovo provvedimento. “La legge Gelli – ha sottolineato infatti il Sindaco – forse non sarà ancora la migliore soluzione possibile, ma crea le condizioni per la ricerca di un giusto equilibrio tra il bisogno di sicurezza delle cure e la necessità di supportare chi fornisce assistenza. Adesso aspettiamo di vedere cosa succederà nella fase attuativa, in modo da poter vedere su quale punto si debba eventualmente intervenire”.

L’incontro si è avviato alla conclusione con il dibattito tra i relatori e gli interventi programmati incentrato sull’obbligo di copertura assicurativa della legge che rappresenta per le strutture sanitarie una grande innovazione, ma potrebbe rischiare di rimanere lettera morta se non saranno emanati i decreti attuativi.

Tutti erano concordi sul fatto che all’obbligo per l’Azienda di avere una copertura assicurativa, non corrisponde analogo obbligo di stipulare per le compagnie assicurative, tant’è che il legislatore, consapevole di questa criticità ha equiparato all’obbligo di copertura assicurativa a carico delle aziende, “altre analoghe misure”. Ma queste “altre analoghe misure” non sono altro che l’autoritenzione del rischio, praticato integralmente da alcune Regioni (Sicilia, Emilia Romagna Toscana) e, di fatto, da molte aziende che non riescono a contrattare premi assicurativi sostenibili.

Si tratta di un sistema che rischia di annullare le tutele del danneggiato e di creare, nel tempo, “buchi” di bilancio per le generazioni future. Tutti gli intervenuti si sono trovati concordi sul fatto che i valori in gioco sono elevati ed è opportuno considerare congiuntamente la tutela del paziente, la serenità degli operatori, la difesa dei bilanci pubblici da destinare alle cure.

Il dibattito ha attirato l’attenzione dei numerosi intervenuti ed è stato arricchito dagli interventi di Giuseppe Macrì, Docente di Medicina Legale presso l’Università di Siena, Christophe Julliard, Country Manager Sham in Italia, Raffaele Zinno, Segretario Naionale Sismla.

22 maggio 2017
© Riproduzione riservata

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