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Mercoledì 16 MAGGIO 2018
Istat 2018. La demografia aumenta le differenze: al Sud si vive meno e non sempre in buona salute

L’Italia si colloca da tempo tra i paesi più longevi al mondo, e anche negli ultimi dieci anni si registrano ulteriori guadagni in anni di vita media attesa, due per gli uomini e uno per le donne. Secondo le stime per il 2017, la speranza di vita alla nascita ha raggiunto 80,6 anni per gli uomini e 84,9 per le donne. Pur permanendo il ben noto differenziale di genere, il vantaggio femminile si assottiglia, per effetto soprattutto dei maggiori guadagni di longevità degli uomini. Questa tendenza ha fatto registrare, così, il più basso divario di genere dagli inizi degli anni Ottanta, allorché la differenza superava i sette anni.

La variabilità del dato provinciale riferito al 2016 mette in luce realtà in cui – anche quando la regione si colloca al di sopra della media nazionale – in alcune province la speranza di vita alla nascita è più bassa di quella italiana (82,8 anni).

Ad esempio, in Lombardia si va dal valore massimo della provincia di Monza e Brianza (83,9 anni) al minimo di quella di Pavia (82,0 anni).
Complessivamente, osservando la speranza di vita alla nascita a livello provinciale, emergono forti eterogeneità, con un apparente vantaggio delle province che si collocano lungo la dorsale che va dal Nord-Est all’Italia centrale: il valore più elevato si registra nella provincia di Firenze (84,1 anni), seguito dalla provincia autonoma di Trento, con un valore della vita media attesa alla nascita di 83,8 anni.

Man mano che si passa ai territori del Mezzogiorno, si riduce la durata della vita attesa, con un dato minimo registrato in Campania nelle province di Napoli e Caserta (per entrambe 80,7 anni).

Se i differenziali provinciali della speranza di vita alla nascita complessivi variano in una forbice di 3,4 anni, questa si amplia (8,1 anni) quando si considerano anche le differenze di genere. Di conseguenza, un nuovo nato di sesso maschile residente nella provincia di Caserta potrà contare di vivere fino a 78,3 anni, mentre per una femmina che nasce nella provincia di Pordenone, la speranza di vita è di 86,4 anni.

L’analisi condotta grazie all’integrazione tra i risultati del Censimento 2011 e i decessi osservati nel triennio 2012-2014 consente di presentare la speranza di vita alla nascita per titolo di studio anche su base regionale (il livello di istruzione è stato classificato in alto, medio e basso sulla base del titolo conseguito e della coorte di nascita).

Per gli uomini, a livello nazionale, la differenza di longevità tra persone con alto e basso livello di istruzione è pari a 3,1 anni e per le donne si riduce della metà (1,5 anni). Sia per gli uomini sia per le donne, la maggiore sopravvivenza si osserva nella provincia autonoma di Bolzano tra quanti hanno un elevato livello di istruzione; la Campania è la regione più svantaggiata per uomini e donne meno istruiti.

È utile osservare anche la speranza di vita per condizioni di salute, ovvero la speranza di vita in buona salute e quella senza limitazioni nelle attività, indicatori particolarmente rilevanti per monitorare la qualità degli anni da vivere in un Paese che è tra i più longevi al mondo. Per la costruzione di tali indicatori, si combinano i livelli di sopravvivenza e la percezione dello stato di salute o la presenza di limitazioni nelle attività, quest’ultima particolarmente rilevante per l’età anziana, al fine di condurre una vita autonoma.

A fronte di differenze massime di 2 anni e 8 mesi, che si riscontrano nella speranza di vita tra la Campania e la provincia autonoma di Trento, le differenze regionali degli anni di sopravvivenza in buona salute sono nettamente più marcate. La provincia autonoma di Bolzano supera di circa dieci anni il dato medio italiano, sia per gli uomini sia per le donne: chi nasce a Bolzano può aspettarsi di vivere quasi fino a 70 anni in buona salute (69,3 per gli uomini e 69,4 anni per le donne) a fronte di una media nazionale di 60 anni per gli uomini e 57 anni e 8 mesi per le donne. Gli uomini della Calabria e le donne della Basilicata sono ai livelli più bassi per le rispettive graduatorie di genere, con un numero medio di anni da vivere in buona salute rispettivamente di 51,7 e 50,6 anni.

La salute rappresenta un elemento essenziale nella vita delle persone, e lo è tanto più nell’età anziana. Una delle sfide della maggior parte dei paesi europei e occidentali per i prossimi decenni è quella di far guadagnare alle generazioni di anziani il maggior numero di anni vissuti in buone condizioni di salute e senza limitazioni nelle attività, anche promuovendo l’invecchiamento attivo. In tal modo, a livello individuale si persegue un miglioramento della qualità degli anni di vita da vivere e allo stesso tempo, a livello collettivo, si pongono le premesse per poter garantire la futura sostenibilità dei sistemi socio-sanitari. In Italia nel 2015 la vita media attesa a 65 anni è risultata di 22,2 anni per le donne e 18,9 per gli uomini, superiore di un anno rispetto alla media dei paesi Ue, ma gli anziani italiani si collocano al di sotto della media europea quando si considera la sopravvivenza senza alcuna limitazione nelle attività.

La sopravvivenza senza alcuna limitazione a 65 anni presenta sempre un gradiente geografico Nord-Sud, ma le regioni che sono nelle prime posizioni in graduatoria sono diverse rispetto a quelle osservate per la speranza di vita in buona salute alla nascita.

Ci sono differenze di genere in tutte le Regioni per la speranza di vita a 65 anni, ed emerge una sostanziale similitudine tra maschi e femmine nel numero di anni da vivere senza limitazioni, con la conseguenza che le donne, pur vivendo di più, trascorrono anche più anni con limitazioni nelle attività.

La Liguria presenta la più elevata speranza di vita senza limitazioni per i maschi a 65 anni, con 11,4 anni; per le donne, invece, è al primo posto la Valle d’Aosta, con 12,3 anni. I livelli più bassi si rilevano in Sicilia.

A fronte di bisogni che emergono soprattutto in specifiche fasce di età, in Italia le reti di aiuto informale hanno sempre svolto un ruolo fondamentale nel sostenere e aiutare gli individui nei momenti della vita caratterizzati da maggiore fragilità, come nei casi di malattia e perdita di autonomia.

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