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Mercoledì 25 NOVEMBRE 2020
Conte: "Femminicidi triplicati durante il lockdown"

“Il femminicidio e la violenza di genere sono fenomeni che - purtroppo - hanno radici culturali profonde e si innestano ad ogni livello nelle dinamiche di genere: prioritariamente nella dimensione affettiva e familiare, ma anche nei contesti lavorativi, purtroppo ancora oggi, non raramente, non emancipati da pericolosi stereotipi di genere”, lo ha detto il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, intervenendo ieri alll’iniziativa "Dalla parte delle donne: il ruolo fondamentale dei Centri antiviolenza", organizzata dalla Commissione d’inchiesta sul femminicidio del Senato.
 
Conte ha sottolineato come questi fenomeno si possano definire “una pseudocultura, una subcultura relazionale, suscettibile di innestare comportamenti così gravi, che genera ferite profonde e durature nel tessuto sociale e relazionale delle nostre comunità”.
 
“Purtroppo ha proseguito - la violenza contro le donne è un fenomeno ancora sottostimato nella sua portata, anche perché la maggior parte degli episodi si verificano in ambito familiare. Ancora oggi se dovessimo operare un censimento reale, vedremmo che i numeri della realtà sarebbero evidentemente di gran lunga superiori rispetto a quelli che sono i casi realmente accertati”.
 
“L’aumento preoccupante dei casi di femminicidio durante le fasi più acute della pandemia, soprattutto nelle settimane del lockdown, è un dato che mi ha molto preoccupato e oggettivamente desta allarme e pone interrogativi ineludibili rispetto alle decisioni pubbliche da intraprendere”, ha aggiunto il premier.

“Noi ha aggiunto - a causa delle misure limitative che abbiamo dovuto adottare per contrastare la diffusione del contagio, abbiamo involontariamente creato profondo disagio sociale, disagio anche psicologico, e questo è anche all’origine degli episodi di femminicidio, sono triplicati durante il lockdown, raggiungendo l’inquietante media di uno ogni due giorni”.
 
Un dato, ha detto Conte, “peraltro è anche più inquietante se noi consideriamo che, nello stesso periodo, si è registrato in Italia un calo degli omicidi”.
 
“Di fronte a una situazione così drammatica, le strutture di protezione delle vittime, in particolare i centri antiviolenza e le case rifugio possono costituire un efficace presidio per assicurare protezione fisica alle vittime e ai figli minori coinvolti, ma anche allo scopo di supportare psicologicamente e dal punto di vista delle tutele legali le vittime, con particolare attenzione alle donne che sono in condizioni di maggiore vulnerabilità, e per questo – ha detto Conte - condivido assolutamente il ruolo di promozione, di tutela e di presidio che questi Centri possono svolgere.
 
In proposito Conte ha ricordato “che il Parlamento ha accolto il forte indirizzo espresso proprio dalla Commissione sul femminicidio, approvando un emendamento al decreto-legge cosiddetto “Cura Italia”, uno dei primi che abbiamo portato in Parlamento per questa emergenza, con il quale sono state stanziate risorse volte a rafforzare questi centri specializzati, anche al fine di aumentare la dotazione di posti disponibili”.
 
Conte ha inoltre ricordato lo stanziamento di 5,5 milioni di euro per nuove soluzioni alloggiative a favore delle donne vittime di violenza, realizzate, durante il lockdown, in collaborazione con il Ministero dell’Interno e con il coinvolgimento delle Prefetture e che per il 2019 c’è stato lo stanziamento di 30 milioni di euro alle Regioni per il contrasto alla violenza di genere, di cui 20 destinati proprio ai Centri antiviolenza e alle Case rifugio, e 10 per le altre azioni sempre di competenza regionale, in coerenza con gli obiettivi di cui al Piano strategico nazionale.
 
A questi poi si aggiungono ulteriori 7 milioni di euro, stanziati sul bilancio 2019, per azioni gestite a livello di governo centrale.
Poi c’è il Dpcm di riparto dei fondi 2020 che ha ricevuto l'intesa della Conferenza Stato-Regioni ed è attualmente al vaglio, in attesa di registrazione della Corte dei Conti.
 
Ma non basta. Conte si è infatti detto “consapevole che le risorse destinate a questi centri non siano ancora sufficienti, tanto più anche considerando il numero crescente delle persone da assistere, da proteggere, a cui offrire tutele legali, e tenendo conto delle molteplici competenze professionali richieste all’interno delle strutture di protezione: assistenti sociali, psicologhe con una formazione specifica sul tema della violenza di genere, nella consapevolezza anche che questi “luoghi” non siano solo spazio di accoglienza, ma devono sempre più essere riconosciuti anche come dei presìdi culturali, per trasformare i meccanismi sociali che sono alla base della violenza di genere”.
 

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