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Mercoledì 09 DICEMBRE 2020
I manifesti anti RU486 apparsi anche a Roma. Gli psicologi: “Informazioni false e ingannevoli”

“Anche a Roma sono stati segnalati i terribili manifesti che mirano a stigmatizzare il ricorso all’utilizzo della pillola RU486 nelle procedure di interruzione di gravidanza. Come psicologhe e psicologi che si occupano di salute perinatale riteniamo molto grave la concessione dell’autorizzazione all’affissone pubblica di simili manifesti e ne chiediamo l’immediata rimozione”.
 
Lo dichiara la dott.ssa Mirta Mattina, referente dell’area Salute perinatale dell’Ordine degli Psicologi del Lazio. ”I manifesti - prosegue Mattina - non solo contengono informazioni scientificamente false circa una presunta pericolosità del farmaco RU486, utilizzato per l’interruzione di gravidanza, ma soprattutto si configurano come una grave forma di stigmatizzazione morale e sociale delle donne che decidono di abortire, configurandosi quindi come una forma di violenza nei confronti delle donne, i cui effetti psicologici possono essere gravi. L’aborto è un diritto delle donne garantito in Italia dalla Legge, le motivazioni che inducono una donna a compiere tale scelta non sono mai sindacabili e la possibilità di autodeterminarsi e
compiere scelte informate e libere è un importantissimo determinante della salute. Sottolineiamo inoltre che l’attuale fase pandemica dovrebbe incoraggiare il rafforzamento dei servizi territoriali e, nel caso in questione, privilegiare la scelta dell’aborto farmacologico, rispetto
a quello chirurgico, proprio per non sovraffollare le strutture ospedaliere, già provate dall’emergenza Covid e non esporre le donne ad un inutile rischio di contagio per essere costrette a dover optare unicamente per la scelta dell’aborto chirurgico in sede ospedaliera”.
 
Anche l’immagine del manifesto, secondo la referente dell’Ordine Psicologi Lazio, è decisamente ingannevole: “Raffigurare una sorta di Biancaneve in abito candido, riversa a terra dopo aver assaggiato un mela rossa avvelenata in primo piano, veicola molteplici messaggi fuorvianti e discriminatori, suggerendo che le donne che ricorrano all’IVG farmacologica siano delle persone ingenue e sprovvedute, non informate dei supposti effetti tossici di tale farmaco. La descrizione depotenziante e infantilizzata delle donne è assolutamente contraria ai principi di empowerment sui quali si fonda la promozione della salute evidence based, che fa della valorizzazione delle competenze dell’assunzione di responsabilità rispetto alla propria salute, il cardine fondamentale della sua azione. Sulla vicenda - conclude Mattina - si sono espressi e mobilitati gruppi di donne, cittadini che vivono nei territori interessati alle affissioni, rappresentanti istituzionali e società scientifiche”.
 

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