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Mercoledì 23 GENNAIO 2013
Mortalità infantile. Permangono le differenze territoriali   

Il tasso di mortalità infantile, vista la correlazione negativa che lo lega alle condizioni sanitarie, ambientali e socio-economiche, si può interpretare come espressione del livello di sviluppo e di benessere di un paese. Negli ultimi dieci anni, il valore di questo indicatore ha continuato a diminuire su tutto il territorio italiano, raggiungendo valori tra i più bassi in Europa, anche se negli anni più recenti si assiste ad un rallentamento di questo trend. Permangono, inoltre, differenze territoriali che vedono il Mezzogiorno penalizzato. Nel 2009, il tasso di mortalità infantile è di 3,4 decessi per mille nati vivi, valore di poco superiore a quello osservato nel 2008 (3,3).

In tutta Europa si osserva una tendenza alla diminuzione della mortalità infantile, seppur con battute di arresto e oscillazioni. I processi di allargamento dell’Unione, infatti, almeno nel breve periodo, mettono in risalto le differenze nelle fasi e nei tempi dello sviluppo dei diversi paesi. Il livello medio di mortalità infantile nei paesi dell’Ue27 si attesta su un valore di 4,3 decessi per mille nati vivi. Emergono, tuttavia, ancora forti divergenze territoriali e la polarizzazione netta tra est e ovest. Tra i paesi con tassi di mortalità elevati spiccano Romania (9,8), Bulgaria (9,4), Lettonia e Slovacchia (5,7). L’Italia presenta valori analoghi a quelli di Danimarca, Germania e Lussemburgo (3,4). I paesi in cui si registrano tassi inferiori o uguali a 2,5 per mille (valore pari a poco più della metà del valore medio europeo) sono Svezia, Slovenia, Portogallo e Finlandia.

Sebbene il tasso di mortalità infantile italiano si attesti sui livelli dei paesi più avanzati del mondo, non deve essere sottovalutata la forte variabilità territoriale, con un indubbio svantaggio del Mezzogiorno. Nel 2009, infatti, ad eccezione della Sardegna (3,3), nelle altre regioni del Mezzogiorno si osservano valori del tasso superiori a quelli della media italiana (mediamente 4,2 con un intervallo di variazione tra 3,8 del Molise e 4,9 della Sicilia). Nelle regioni del Centro-Nord valori superiori alla media nazionale si registrano solo per le Marche (4,0) e il Lazio (3,6).

Il livello di mortalità infantile più basso è presente in Valle d’Aosta (dove, però, l’indicatore mostra una elevata variabilità negli anni a causa della ridotta dimensione demografica di questa regione), nella provincia autonoma di Trento (2,1) e in Piemonte dove raggiunge il valore di 2,5 decessi per mille nati vivi. Tali valori sono confrontabili con i livelli dei paesi più avvantaggiati dell’Europa. La mortalità nel primo mese di vita è responsabile di oltre il 70 per cento della mortalità infantile totale. La geografia della mortalità neonatale è sostanzialmente analoga a quanto osservato per la mortalità infantile. Le uniche eccezioni sono rappresentate dalla provincia autonoma di Bolzano e dal Molise. Nel primo caso il valore è lievemente superiore a quello medio (2,9 rispetto a 2,5 dell’Italia), mentre nel secondo è più basso (1,7).

Fonte: Istat, “Noi Italia. 100 statistiche per capire il Paese in cui viviamo”, edizione 2013

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