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Venerdì 13 DICEMBRE 2013
Il dibattito. Politica e associazioni in coro: "Rivedere governance per eliminare disparità territoriali"

Disparità territoriale e disomogeneità delle prestazioni erogate dalle singole regioni. Il tema ha rappresentato uno dei leitmotiv del rapporto elaborato da Cittadinanzattiva ed è uno dei principali aspetti da considerare per una seria riforma del Ssn. Anche perché, come ha spiegato Donata Lenzi – capogruppo del Pd in Commissione Affari Sociali alla Camera, questa difformità spesso genera degli autentici paradossi. “Ho più volte notato – osserva – che le Regioni che stanno migliorando il Piano di rientro sono in molti casi quelle che faticano di più a tutelare i Lea”. Per invertire il trend, i costi standard svolgeranno un ruolo determinante. “Troppo spesso per spiegare come funzionano, si porta l’esempio del prezzo delle siringhe. Ciò è assolutamente fuorviante, in quanto il loro scopo effettivo è uniformare la qualità dei servizi”. La disomogeneità territoriale è strettamente legata al tema della governance e tira automaticamente in ballo il Titolo V. “Gli effetti negativi di quella riforma sono sotto gli occhi di tutti – sottolinea – ma allo stesso tempo non si può pensare di tornare meccanicamente al passato, è impensabile governare tutti i territori con la stessa logica nell’ottica di uno Stato sempre pronto a intervenire per ripianare qualsiasi spesa”. La sfida è quindi quella di “riuscire a riformare il livello centrale sotto il profilo della tutela dei diritti, investendo il Ministero della Salute di nuove competenze”.

Sulla stessa lunghezza d’onda anche Rita Ghedini, senatrice del Pd. “Temo che la scelta di un ritorno alla centralizzazione non sia la via d’uscita più efficace – ragiona – Non si può pensare di risolvere ogni problema cancellando le deleghe del Titolo V. La priorità è quella di garantire ai cittadini un interlocutore certo e riconoscibile. In questo senso auspico che si possa costruire un coinvolgimento e un’interlocuzione più forte con il Parlamento, perché il rapporto con associazioni e cittadinanza è troppo centrato sul Governo”. La richiesta di una maggiore partecipazione di altri soggetti arriva da più parti. “Per ispirare nuove scelte e fornire coordinate utili è indispensabile valorizzare il ruolo dell’Inps – suggerisce Raffaele Migliorini, Uoc managenent sanitario esterno presso il coordinamento generale medico legale dell’istituto di previdenza – Poiché possiede una banca dati enorme su cui costruire raffronti e organizzare una seria pianificazione, per esempio nello sviluppo di nuove terapie. Serve però che anche gli altri attori del sistema intervengano organicamente e collaborino a trecentosessanta gradi”. 

Il nodo della goveranance sembra legato essenzialmente al livello operativo. “In Italia disponiamo di un ottimo e completo impianto legislativo – ricorda Antonio Bortone, presidente dell’Associazione italiana dei fisioterapisti (Aifi) – Il problema è dovuto invece alle enormi distorsioni prodotte dal profilo applicativo, che genera discrasie di ogni genere, spesso addirittura all’interno di una stessa Asl. E’ da questo assunto che bisogna ripartire per mettere fine alle scandalose difformità che attraversano il nostro Paese”. Una nuova visione di insieme è quindi obiettivo primario, “raggiungibile innanzitutto iniziando a rivedere alcuni aspetti di carattere culturale – invita alla riflessione Maria Adele Schirru, presidente del Collegio Ipasvi di Torino – In primis dobbiamo iniziare a ragionare su nuovi profili, smettendola di considerare esclusivamente la dimensione ospedaliera. Serve quindi un’analisi impegnativa e articolata su come implementare l’assistenza domiciliare che va assolutamente resa 24 h”. 

Disomogeneità e debolezza della governance si riflettono inevitabilmente sul piano terapeutico. “Nel caso dell’Hiv – denuncia Massimo Oldrini, presidente Lila – manca del tutto un’azione di standardizzazione nell’accesso ai test. La conseguenza è che aumentano esponenzialmente i casi di diagnosi tardive, causando una minore efficacia dei trattamenti e un incremento dei costi sanitari e sociali. Sono inoltre numerosi i progetti regionali relativi all’Hiv che presentano grossi indici di non congruità rispetto ai parametri fissati dalla Conferenza Stato Regioni. E’ evidente che ci sono grosse debolezze lungo la catena e che bisogna riplasmare le modalità di governo”. Gli aspetti terapeutici chiamano immediatamente in causa il ruolo della prevenzione “su cui bisogna investire con lungimiranza – sottolinea Paolo Bajetti, membro della segreteria tecnica del Sottosegretario al Ministero della Salute – Si tratta di scelte lungimiranti, in quanto anche se il ritorno dell’investimento di tale attività non è immediato, ma si vede solo nel corso del tempo, è certo che porta risultati concreti. Anche perché nel corso degli ultimi anni in Italia si sono manifestate alcune dinamiche demografiche ed epidemiologiche che impongono una strategia rinnovata, dove la prevenzione può rappresentare una fondamentale fonte di risparmio per la sostenibilità del Ssn”. E nuove strategie possono significare anche “maggiori sforzi per sostenere la medicina di iniziativa – ricorda Massimo Enrico Baroni, deputato del Movimento 5 Stelle – Per ora in Italia abbiamo tre modelli: i Creg in Lombardia, l’esempio della Toscana e le Case della Salute che stanno prendendo piede in varie realtà. Servono però un lavoro ulteriore in questo senso, al fine di diminuire il tasso di ospedalizzazione, partendo dalle acuzie”. 
 
Gennaro Barbieri

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