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Giovedì 11 FEBBRAIO 2016
Lorenzin come Kissinger: “Ma che numero devo fare per parlare con i medici”?

“Who do I call if I want to call Europe?”, ovvero, “Chi devo chiamare se voglio chiamare l’Europa?”. La celebre frase attribuita allo storico segretario di Stato americano degli anni'70 Henry Kissinger (in realtà non si sa se l’abbia effettivamente pronunciata ma resta il fatto che non l’abbia mai smentita) calza a pennello per quanto accaduto oggi tra Ministero della Salute (nel ruolo di Kissinger) e sindacati medici (nel ruolo dei tanti governi europei).
 
E sì perché, Lorenzin, pur inciampando in un palese errore diplomatico (ma forse voluto) attribuendo alla Fnomceo (che è una federazione di Ordini professionali a loro volta enti ausiliari dello Stato) una sorta di ruolo di selezione su quali sindacati delegare all’incontro di domani sul decreto appropriatezza, ha messo sul piatto l’annoso problema della rappresentanza sindacale medica e della sua estrema frammentazione.
 
“Chi devo chiamare se voglio parlare con i medici?”, si sarà infatti chiesta Beatrice Lorenzin davanti alla lista delle decine di sigle sindacali rappresentanti della categoria.
 
A quel punto avrà forse pensato… “glielo chiedo alla Fnomceo, se la sbrighino loro…” ed è quello che traspare chiaramente tra le righe della missiva pervenuta a Roberta Chersevani dove si precisa che “alla riunione sono invitati a partecipare, oltre alla delegazione della FNOMCeo, una delegazione di massimo tre componenti rappresentativi delle OO. SS. dei medici, scelti da codesta Presidenza”. “Il contingentamento delle delegazioni - prosegue la lettera di convocazione del ministero - è richiesto per ragioni logistiche e in funzione dell’oggetto tecnico-operativo della riunione”.

Scriveva su questo giornale nel giugno scorso il leader dell’Anaao Assomed Costantino Troise, “I numeri della sindacalizzazione medica, i più alti del mondo del lavoro, rimarranno figura astratta se non riusciremo a trasformare la aritmetica in politica, costruendo un punto di aggregazione finale di un soggetto sindacale il più unitario possibile”.
 
Un auspicio rimasto finora sulla carta. Una sfida impegnativa, me ne rendo conto, perché rinunciare alla propria sigla storica, alle proprie tradizioni e alla propria autonomia non è facile per nessuno. Ma è certo che l’incidente di oggi è un segnale al quale non basta rispondere con seppur motivato disappunto come hanno fatto oggi i sindacati medici nella loro risposta al ministro (che cela poi anche la “non possibilità” della Fnomceo di operare quella selezione richiesta da Lorenzin).
 
Bisogna affrontare il problema se si vuole poter contare davvero. E questo vale anche in prospettiva della vertenza medica avviata con lo sciopero di dicembre e che proseguirà con il nuovo sciopero di marzo.
 
Domani al posto di Lorenzin potrebbe esserci Renzi che, ponendo il caso volesse onorare quella promessa fatta a settembre scorso dagli schermi del TG5 di incontrare i medici (a quanto ci risulta ciò non è mai avvenuto) potrebbe però trovarsi nelle condizioni di porsi la stessa domanda di Kissinger: “Ma per parlare con i medici che numero devo fare?”. Ve l’immaginate un incontro a Palazzo Chigi con i sindacati medici nel loro format attuale? Forse non c’è neanche una stanza abbastanza grande per farli entrare tutti!
 
Cesare Fassari

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