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Venerdì 17 GIUGNO 2016
La definizione paziente naive

Un passaggio discusso nel Position Paper del 2013 è la definizione di paziente naive nella misura in cui sono considerati naive anche coloro “per i quali le precedenti esposizioni in base al giudizio del clinico siano sufficientemente distanti nel tempo”. Alcuni esperti hanno evidenziato le difficoltà nel definire un paziente naive secondario, dovendosi tenere conto non solo della farmacologia dello specifico medicinale, ma anche e soprattutto della persistenza del potenziale immunogenico. Alcune Società Scientifiche hanno ripreso e rafforzato tali considerazioni. Qual l’opinione in merito?
 
 
“Riteniamo il nodo della definizione di naive, debba essere sciolto dalla comunità scientifica insieme all’Agenzia regolatoria – ha sottolineato Tonino Aceti – e che una volta affrontata e definita la questione, sia dato seguito su tutto il territorio nazionale. È evidente che alla persona che segue efficacemente e con risultati una terapia a base di bio-tecnologici (originator o biosimilari) devono essere evitati cambiamenti di terapia che non dipendano da necessità cliniche o non risposta alle terapie in atto, così come valutate dal clinico e che siano imposti per ‘Decreto’”.
 
“Anche la Società Italiana di Reumatologia – ha detto Antonella Celano –si è espressa sul concetto di paziente naive secondario, sostenendo che tale definizione è scientificamente discutibile perché non fondata su solide basi scientifiche, derivate dall’esperienza clinica maturata fino ad oggi.
Eliminare però qualunque riferimento al paziente naive, costituirebbe una minaccia alla continuità terapeutica di tutti quei pazienti, che magari a seguito di un percorso diagnostico-terapeutico complicato, hanno ottenuto un’adeguata risposta ai farmaci e migliorato la qualità della loro vita”.
 
“Questa posizione dell’Aifa presenta numerose criticità – ha sostenuto Francesco De Lorenzo – innanzitutto perché affida al medico la misura del tempo. Che significa “sufficiente”? Non si può lasciare al medico l’interpretazione del parametro “sufficientemente distante nel tempo”. Si tratterebbe di una scelta puramente soggettiva e priva di valore scientifico. In aggiunta a queste criticità siamo totalmente d’accordo nel sostenere la validità della posizione assunta dalle società scientifiche”.
 
“Credo che la posizione del Position Paper sia condivisibile – ha sostenuto Antonio Ceriello – vale a dire che si può ragionevolmente considerare un paziente che ha praticato molto tempo prima la terapia insulinica, che non pratica ovviamente più al momento in cui si decide di reintrodurre la stessa, come se iniziasse per la prima volta”.
 
“Credo che la posizione del Concept Paper sia condivisibile – ha sostenuto Antonio Ceriello – Vale a dire che si può ragionevolmente considerare un paziente che ha praticato molto tempo prima la terapia insulinica, che non pratica ovviamente più al momento in cui si decide di reintrodurre la stessa, come se iniziasse per la prima volta”.
 
“La Società Italiana di Reumatologi, che rappresento, si è recentemente impegnata ad approfondire il tema della definizione di paziente naive producendo un documento consultabile sul sito di detta Società – ha sottolineato Mauro Galeazzi – dopo un ampio dibattito interno la Sir ha concluso affermando che la definizione utilizzata nell’ambito della sperimentazione clinica (colui che non ha mai assunto una determinata molecola) è ben definita e poggia su solide basi scientifiche. Al contrario, noi affermiamo che è impossibile ad oggi definire il ‘secondary naive’ sia per le caratteristiche strutturali del farmaco biologico, differenti rispetto ad un farmaco di sintesi chimica, sia per la possibile risposta immunitaria del paziente contro un determinato farmaco che per gli effetti biologici residui del farmaco nel tempo. Togliere del tutto un riferimento al paziente naive non dovrebbe però essere una scorciatoia per eludere le garanzie a tutela dei soggetti già in trattamento ed esporre il medico a continue pressioni da parte dell’amministrazione, quali si sono registrate nelle Regioni in cui è stato aggiudicato un solo prodotto”.
Il presupposto da cui partire è quello di garantire efficacia, tollerabilità e mancanza di tossicità dei trattamenti – ha detto Carmine Pinto – Come già detto nel corso della sua storia, un originator può essere ‘affiancato’ da 5 o 6 biosimilari. Vanno considerate sempre le condizioni cliniche e farmacologiche e biologiche. Sappiamo che fra biosimilare e originatore possono esserci differenze relative, per esempio, all’immunogenicità, alla farmacocinetica e alla farmacodinamica (prodotti biosimilari possono differire, per esempio, per il profilo di glicosilazione), e questo può determinare anche differenze in termini di risposta clinica. Serve un’interpretazione unica e trasparente, senza dare spazio a letture fuorvianti.
 
“Per paziente naive non intendiamo quello che non è mai stato trattato con un farmaco in alcun momento della sua vita – ha detto Giorgio Sesti – trovo ragionevole la raccomandazione all’uso delle insuline biosimilari nei pazienti naive veri, ovvero mai trattati in precedenza con insulina”.

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