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Lunedì 11 APRILE 2011
L’assistenza territoriale

Ma a soffrire la carenza di strutture “fisse” sono anche i medici di famiglia e gli specialisti ambulatoriali aquilani. La popolazione de L’Aquila può contare su 92 medici di famiglia (a questi, dal 1° gennaio 2010 con l’unificazione alle Asl di Avezzano e Sulmona se ne sono aggiunti 172 per un totale di 264Mmg). Le maggiori difficoltà si vivono nel capoluogo, dove la popolazione è ancora sparsa tra i nuovi insediamenti, gli alberghi sulla costa e le case in affitto. “La situazione va migliorando ma è legata, per quanto riguarda l’assistenza primaria, alla distribuzione della popolazione, che oggi è notevolmente diversa rispetto a quello che era prima del terremoto”, afferma Giuseppe Rossetti, segretario provinciale Fimmg de L’Aquila.
“Tuttavia i dati forniti dalla Asl e aggiornati allo scorso 31 dicembre indicano che l’esodo dei cittadini aquilani non è così imponente come ci si poteva aspettare. Ci sono solo 3.000-3.500 persone che hanno cambiato medico e riteniamo che questi numeri siano abbastanza definitivi, considerando che ad ottobre si sono riaperte le scuole”.
Se nei piccoli centri la situazione è più vicina alla normalità, in città le cose sono però più difficili, con molti ambulatori ancora ospitati nei container. Elemento positivo si sono rivelate le forme associative della medicina generale, che a L’Aquila erano già piuttosto sviluppate. “La presenza di medici in associazione – spiega Rossetti – è un vantaggio, perché non è necessario andare da una parte all’altra della città per raggiungere il proprio medico e dunque si riesce a garantire un servizio migliore tra la maggiore disponibilità e la più facile raggiungibilità”.
Certo non si possono tirare conclusione semplicistiche, come sottolinea il segretario Fimmg de L’Aquila: “La normalità è ancora molto lontana nel tempo, perché tutto è legato alla ricostruzione della città e del suo centro storico, che rappresentano il vissuto dei suoi 60mila abitanti”. A distanza di oltre un anno, anche i medici specialisti lavorano ancora in una situazione precaria: dopo il terremoto gli ambulatori sono stati sistemati nell’area parcheggio del campo Acquasanta, in container e in casette di legno. Sicuramente una situazione disagevole sia per i pazienti che per gli addetti ai lavori, ma occorre ricordare che nella fase di emergenza, questa sistemazione, grazie anche a numerose donazioni e al gran darsi da fare degli operatori, ha consentito in ogni caso la prosecuzione delle attività. Ora è passato più di un anno e il campo dell’Acquasanta dovrà tornare a ospitare le partite di rugby della storica squadra locale. E gli ambulatori dove andranno? “La Asl – spiega il segretario Sumai-Assoprof della provincia de L’Aquila, Giuliana Troiani – ci ha comunicato che entro luglio saremo spostati a Paganica, che dista all’incirca 5 km dalla città”. Il punto, però, è che nel nuovo sito, vicino a uno dei nuovi quartieri costruiti dopo il 6 aprile, gli ambulatoriali saranno costretti ad esercitare la professione sempre all’interno di prefabbricati a causa di una mancanza di strutture disponibili. “Non ho capito questa scelta, nonostante abbia ben presente le difficoltà che ci sono nel reperire strutture. Mi hanno detto che non avrò nemmeno il bagno all’interno dello studio – prosegue la Troiani – e ci hanno riferito che per almeno due anni dovremo rimanere nelle casette in legno, dopo sarà pronta una struttura in muratura. Il punto, però, è che il trasferimento a Paganica, sarà definitivo perché per ricostruire la città ci vorrà molto tempo”. “Non è una bella situazione – continua – perché lavorare in queste strutture con il clima che c’è a L’Aquila è molto difficile (la città più calda d’estate e più fredda in inverno si dice), sicuramente cercheremo di offrire un servizio il più efficiente possibile ma, ripeto, non è una situazione facile. Non dimentichiamo poi, che anche per i pazienti non è comodo aspettare il proprio turno di visita nei container, senza tralasciare che gli effetti sulla salute causati dal terremoto si stanno facendo sentire molto più oggi che subito dopo il sisma”.
 

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