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Venerdì 22 SETTEMBRE 2017
Sanità privata e pubblica: quale mix? La tavola rotonda

Simona Bonaccorso, responsabile sanità AG Regione Sicilia, moderatore seconda tavola Sanità privata e pubblica: quale mix?
Il mix tra le due sanità è sempre esistito, non è pericoloso e può essere utile nella misura in cui viene inteso come Sistema pubblico efficiente, motivato con delle logiche di governo che premiano e che danno la possibilità ai sanitari di essere premiati portando avanti la meritocrazia. Nel privato è invece necessario puntare nell’aspetto imprenditoriale perché ci serve per sostenere il pubblico. Il mix non è negativo, ma deve essere inteso come “no profit professionale” dove non ci siano tagli lineari, laddove i tagli non garantiscono la qualità e le prestazioni ai pazienti.
 
È vero, attualmente il sistema pubblico è limitato è sofferente rispetto al passato e di questo si avvantaggia il privato sia in termini di prestazioni che di tempistiche nell’offerta. Il pubblico però può essere rilanciato con la giusta programmazione e organizzazione.
 
Di fronte a questo scenario che abbiamo oggi da un punto di vista sociale si dovrebbe investire sulla possibilità di regolazione e programmazione del sistema che promuove logiche di governo premiali. Ovvero logiche che possano valorizzare la performance e, come dicevo prima, la meritocrazia così da aver un sistema sanitario pubblico motivato ed efficiente accanto ad un privato imprenditoriale. Ciò realizzerebbe un mix “no profit” contro logiche di risparmio che non sono in grado di garantire la qualità delle prestazioni sanitarie.
 
Fabio Florianello, presidente consiglio nazionale Anaao Assomed, relatore nella seconda tavola Sanità privata e pubblica: quale mix?
Obiettivo della tavola rotonda non è tanto trovare soluzioni ma fare una fotografia dell’attuale situazione italiana. Il punto di partenza è che il cittadino, attraverso la fiscalità generale, eroga 1893 euro all’anno, a cui aggiunge di tasca propria 580 euro. Quindi in totale tira fuori più di 2mila euro l’anno. In questa situazione non c’è ancora un secondo pilastro organizzato in cui andare ad immettere questi 580 euro. Secondo alcuni se mettiamo questa cifra dentro il Fsn abbiamo risolto i problemi; qualcun altro invece sostiene che anche se mettiamo questa cifra nel Fsn il problema non lo risolviamo.
La questione dunque si pone in termini di soluzione. Se guardiamo l’Europa, in particolare Francia e Germania, vediamo come questi hanno strutturato meglio il secondo pilastro. La Francia, con polizze collettive e obbligatorie; la Germania con polizze semi-volontarie. Quindi la domanda resta: questi soldi che il cittadino eroga li mettiamo in Fondi sanitari, in assicurazioni oppure li lasciamo così? Io la risposta non ce l’ho. Anche perché siamo in un momento in cui non si è dato una funzione precisa al privato. Il privato però c’è, non lo possiamo ignorare ma dobbiamo capire cosa fare. Lasciare il mercato al far west alla lunga diventa ingestibile.

Il secondo pilastro è una realtà ma non è organizzata. Credo che a partire dagli addetti ai lavori, dal cittadino, dal territorio deve nascere la proposta da portare alla politica.
 

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