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Mercoledì 17 NOVEMBRE 2021
Anteprima Rapporto OASI-Bocconi 2021. La pandemia ha accelerato la trasformazione del Ssn. Dallo shock iniziale al Pnrr 

Storicamente, la governance e la mission prevalente del Ssn sono state caratterizzate da profondi processi di trasformazione che “hanno generato fasi di circa 7-10 anni”. Il Covid ha determinato, all’opposto, “il susseguirsi veloce di policy, di mission e di cultura istituzionale”. Tanto che, secondo i ricercatori della Sda Bocconi School of Management, si può parlare di “quattro epoche attraversate in due anni”. E “già se ne intravede all’orizzonte una quinta”, da realizzare anche alla luce del Pnrr.  IL RAPPORTO

La pandemia di SARS-CoV-2 (Covid) ha impresso un’accelerazione fortissima ai cambiamenti del nostro Ssn, tanto che, secondo la Sda Bocconi School of Management si può parlare di “quattro epoche attraversate in due anni”. Al momento gli investimenti del Pnrr rappresentano un trampolino di lancio verso il futuro. Si intravede però una “quinta epoca” che, probabilmente, sarà contraddistinta da una nuova austerità, con una spesa sanitaria corrente che non crescerà significativamente. La questione cruciale è se, dopo questa importante fase di lotta al Covid, segnata da grandi cambiamenti (emergenza, recupero attività, PNRR) e da mesi di riflessioni, sia ancora possibile immaginare una stagione di controllo della spesa basata prevalentemente su razionamenti, o se invece, finalmente, la logica sarà quella della razionalizzazione.

Il quadro da cui partire e i panorami da immaginare sono contenuti nel nuovo Rapporto Oasi (Osservatorio sulle Aziende e sul Sistema sanitario Italiano) elaborato dal CERGAS, oggi parte Sda Bocconi School of Management. Il Rapporto sarà presentato domani in diretta web, ma siamo in grado di anticiparne le linee principali, partendo proprio dalle “quattro epoche” attraversate negli ultimi due anni di emergenza Covid.

Storicamente infatti, rilevano i ricercatori della Sda Bocconi, la governance e la mission prevalente del Ssn sono state caratterizzate da profondi processi di trasformazione che hanno generato “fasi di circa 7-10 anni, durante le quali le configurazioni e gli obiettivi di fondo venivano concettualizzati e rappresentati come stabili”. Il Covid ha determinato, all’opposto, il susseguirsi veloce di differenti policy, mission e cultura istituzionale. Ecco cosa ha caratterizzato, secondo la Sda Bocconi, le quattro epoche vissute tra l’inizio del 2020 e la fine del 2021.

LA PRIMA EPOCA
È stata quella con cui il Ssn si è presentato di fronte alla pandemia, in tutta la sua debolezza. In quel momento (siamo ad inizio 2020) la sanità italiana viveva ancora in una fase di stretta della spesa, da perseguire attraverso l’istituzione di tetti per singolo fattore produttivo e l’accentramento dei poteri a livello regionale.

Per quanto il Ministro della Salute Roberto Speranza e l’allora Premier Giuseppe Conte avessero lanciato un piano di investimenti (“Dieci mld di euro per la sanità entro il 2023”), definendo la sanità “un punto fondamentale dell’agenda di riforme di Governo”, nei fatti, a febbraio 2020, il nostro SSN registrava una delle spese sanitarie pro capite più basse dell’Europa occidentale, con un tasso di crescita della spesa sanitaria pubblica prossimo allo zero se depurato dell’inflazione e con i disavanzi regionali azzerati o molto ridotti. “Un sistema senz’altro sobrio, con un livello di efficienza e appropriatezza evidentemente superiore al decennio precedente e, almeno nel breve, sostenibile per la fiscalità generale del nostro Paese. Tutto questo a prezzo, però, di un significativo invecchiamento medio sia degli organici, sia delle infrastrutture e delle attrezzature”, osservano i ricercatori.

Il Covid è arrivato come un ciclone e ha ribaltato tutto. Senza riforme, nel giro di pochi giorni, trasformando il Ssn in un sistema mission e data driven seppur con un unico obiettivo: la cura, il monitoraggio e la prevenzione del contagio da SARS-COV-2.

LA SECONDA EPOCA
Da marzo 2020 ai primi mesi del 2021 abbiamo quindi assistito a quella che i ricercatori della Sda Bocconi definiscono “la seconda epoca”, caratterizzata da vincoli finanziari sostanzialmente azzerati. Trainata dai massicci stanziamenti emergenziali, la spesa sanitaria nel 2020 è cresciuta di oltre 6 miliardi rispetto al 2019 (+5%). Durante i primi mesi dell’emergenza, il limite all’acquisizione delle risorse umane e materiali era rappresentato non dai vincoli di spesa, ma dalla carenza delle stesse risorse o dalle procedure di acquisizione, benché meno stringenti rispetto al passato.

Ancora una volta, i sistemi regionali o aziendali culturalmente più abituati a navigare velocemente attraverso le procedure amministrative hanno avuto maggiore accesso a fattori produttivi aggiuntivi finanziati dagli stanziamenti straordinari. Questi ultimi erano tutti formalmente finalizzati alla gestione del Covid. La pandemia, però, ha investito trasversalmente tutti i setting di cura (prevenzione, monitoraggio, assistenza territoriale, cura ospedaliera ordinaria e intensiva, riabilitazione, assistenza socio-sanitaria) e ha interessato molteplici discipline (infettivologia, immunologia, pneumologia, medicina interna, cardiologia, riabilitazione, anestesiologia, e altre in misura minore). Di fatto, il Covid ha consentito di acquistare beni e assumere personale per moltissime aree dell’azienda.

Un altro dato importante, evidenziano i ricercatori della Sda Bocconi, è che “il Covid ha permesso, forse per la prima volta nella storia del Ssn, di superare i silos disciplinari e di organizzare i professionisti per target. Anche per questo, la flessibilità delle linee produttive ospedaliere è aumentata drasticamente”.

Nel corso del 2020 e dei primi mesi del 2021, la percentuale di posti letti dedicati al Covid ha oscillato a fisarmonica dal 5 all’80%. La flessibilità ha riguardato anche i profili del personale reclutato, con il consistente impiego di medici pensionati e medici non specializzati; le forme contrattuali, con una prevalenza di tempo determinato e libera professione; le modalità organizzative, con, ad esempio, la costituzione delle USCA. Si può aggiungere la repentina attivazione di diverse forme di telemedicina.

LA TERZA EPOCA
La progressiva trasformazione del COVID da emergenza in situazione endemica ma sufficientemente controllata ha condotto alla terza epoca.

L’endemizzazione del virus era stata sperimentata già tra giugno e settembre 2020, tuttavia, si è concretizzata solo dopo l’esaurimento della seconda e della terza ondata epidemica, a fine primavera 2021, in parallelo con il consolidarsi della campagna vaccinale (la vaccinazione dovrebbe impedire alla quarta ondata attualmente in corso di abbattersi sul sistema e metterlo in crisi, dal momento che, pur in presenza di un aumento dei contagi, nella maggior parte dei casi si tratta di forme lievi della malattia).

Con la diminuzione della pressione ospedaliera è subentrata l’esigenza di recuperare l’enorme ritardo accumulato nella produzione di servizi per pazienti non Covid, in ogni ambito. “Sono stati raggiunti risultati rilevanti, seppur in modo disomogeneo tra regioni e ambiti assistenziali”, osservano i ricercatori della Sda Bocconi, secondo i quali uno degli strumenti-cardine per questo risultato è stato il pagamento di ore extra pagare ai dipendenti, assieme, in alcune realtà, all’incremento pro-tempore del budget contrattuali dei privati accreditati. Più che un aumento di produttività, dunque, si dovrebbe parlare di una crescita temporanea della capacità produttiva finanziata. “In ogni caso - per i ricercatori - sono state raccolte interessanti informazioni sulla produttività potenziale dei professionisti e dei singoli setting assistenziali”.

QUARTA EPOCA
La quarta epoca, in pieno svolgimento, è quella della costruzione del portafoglio di progetti finanziabili con il Pnrr. Questi riguardano un ampio spettro di ambiti, dall’ospedale, al territorio, alla ricerca, e allo stesso tempo di fattori produttivi aziendali: edifici, apparecchiature, sistemi informativi, tecnologie.

“In questo periodo - osservano i ricercatori della Boccini - è fondamentale sviluppare una visione e una strategia aziendale, elaborare i correlati progetti ‘cantierabili’ e negoziare con la regione nella competizione per le risorse”.

Per i ricercatori della Bocconi si intravede, tuttavia, sullo sfondo, “una probabile stagione, nel futuro prossimo, in cui si tornerà a baricentrare obiettivi e priorità aziendali sulla sostenibilità economica”. All’atto pratico, è difficile infatti, secondo i ricercatori, “che la spesa sanitaria corrente possa crescere ancora. Il Paese ha raggiunto il 156% di debito pubblico sul PIL, i valori in assoluto più alti della nostra storia repubblicana, da cui bisognerà presto riprendere a rientrare”.

Per diminuire il debito, in presenza di tassi di interesse già molto bassi, le uniche leve sono l’aumento delle entrate o la diminuzione delle uscite totali, che può significare una riallocazione tra comparti di spesa pubblica. “Le previsioni di crescita dell’economia sono buone, ma rese incerte dall’inflazione. In ogni caso - spiegano i ricercatori -, sul lato delle entrate, la prima sfida è recuperare i livelli pre-crisi, dal momento che il gettito fiscale tra 2019 e 2020 è calato di circa 25 miliardi (-5%). Il saldo primario, sostanzialmente in pareggio fino nel 2019, nel 2020 ha raggiunto un valore negativo di 101 miliardi, pari al 13% delle entrate totali dello Stato. Sul lato delle uscite, invece, è arduo individuare ambiti di spesa pubblica che, nel breve o nel medio termine, possano essere ridotti senza impatti sociali o politici di rilievo”.
 
La questione cruciale, per i ricercatori, è se, “dopo le grandi epoche accelerate di trasformazione del SSN (emergenza, recupero attività, PNRR) sia ancora possibile immaginare una stagione di controllo della spesa basata prevalentemente su razionamenti. Riusciremo a fare il salto paradigmatico verso la razionalizzazione delle risorse? A livello di policy, ma anche di management, la sfida sarà quella di sostituire tagli con processi profondi di riallocazione, riorganizzazione del lavoro, ridisegno delle forme dei servizi, riqualificazione dei target”.

IL PIANO NAZIONALE DI RESILIENZA E RESISTENZA (PNRR)
“La definizione dei progetti Pnrr è per definizione uno spazio di autonomia strategica praticamente illimitata, non tanto per l’ammontare delle risorse, per certi versi cognitivamente sovrastimato, ma perché impone di ripensare la geografia dei servizi, i format erogativi, il mix fisico/remoto, le dotazioni e le competenze professionali da sviluppare”. Questa la premessa da cui partono i ricercatori della Bocconi.

Per i ricercatori, a questo proposito sono possibili posture strategiche molto differenziate, anche combinabili fra loro:
- “Una prima possibilità (a) è quella di riuscire a finanziare e realizzare progetti aziendali elaborati da tempo e mai attivati”.
- “Una seconda opzione (b) è quella di colmare i gap di infrastrutture o servizi generati dai razionamenti degli anni precedenti, per i quali non esistono interventi già progettati”.
- “In terzo luogo, è possibile immaginare un piano di investimenti che sostenga lo sviluppo quali-quantitativo dei servizi anche laddove non esistono particolari deficit, seguendo la conformazione storica dell’offerta e un approccio di aumento lineare, secondo i modelli erogativi conosciuti (opzione c)”.
- “I più visionari prospettano di investire per innovare profondamente le logiche erogative ed organizzative interne (opzione d), facendo leva su nuove competenze, persone e strumenti, delineando un futuro tutto da immaginare, trainato dall’epidemiologia e dalle tecnologie in rapido sviluppo”.

Per i ricercatori della Bocconi “il contesto dato spinge fisiologicamente verso le due prime opzioni (a, b): si tratta di soluzioni più conservative, che però appaiono ragionevoli”. Del resto, “è oggettivo un certo deterioramento della capacità produttiva dopo anni di razionamenti”. Dall’altro, “il Prnn impone di impiegare le risorse esclusivamente in conto capitale e in soli 5 anni, tempistica molto sfidante per progettare, costruire e rendere operativa una qualsiasi opera infrastrutturale del Ssn”.

I principali stakeholder sembrano sostenere la necessità di aumentare i livelli erogativi dei modelli noti (l’opzione c). “Anche questa opzione - per i ricercatori della Bocconi - ha una propria ragionevolezza, perché è trainata da un bisogno di salute crescente a causa dell’invecchiamento della popolazione”.

La possibilità dell’innovazione radicale (d) è quella auspicata dalla Sda Bocconi: “E’ necessaria perché non solo la domanda di salute cresce, ma si evolve. Oggi l’offerta del Ssn appare ancora disallineata rispetto all’epidemiologia e alla struttura sociale in rapido cambiamento, ai format di servizio contemporanei molto orientati al digitale, al mercato del lavoro reale che contraddistingue le professioni sanitarie”. Tuttavia, per i ricercatori l’ipotesi molto trasformativa appare “incoerente rispetto ai tempi del Pnrr e ad una eccessiva enfasi di quest’ultimo su investimenti infrastrutturali e tecnologici, ormai incorporata in una programmazione strategica quinquennale già negoziata con il livello europeo”.

Eppure, l’opzione trasformativa è, per i ricercatori della Bocconi, “quella sulla quale il management del Ssn deve misurarsi, costruendo le necessarie alleanze esterne ed interne e recuperando la sua competenza storica del saper giocare in contemporanea con più logiche istituzionali, sin dai periodi pre-Covid, quando il vincolo era sugli input. Significa, in altri termini, spendere e rendicontare in conto capitale in soli 5 anni, ma nei fatti usare queste leve per trasformazioni organizzative e dei format dei servizi che, molto probabilmente, avranno ricadute positive in un periodo molto più lungo”.
 
Il Rapporto Oasi 2021 sarà presentato domani in diretta web a questo link.

Lucia Conti

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