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Lunedì 29 NOVEMBRE 2021
La conferenza nazionale delle cure primarie è un’ottima idea ma attenti all’ennesimo ‘patchwork’



Gentile Direttore,
da medico di famiglia ho seguito con interesse la sessione politica posta all’interno del 38° congresso della Simg: “Progetto Nazionale di Rinascita e Ripartenza della Medicina generale” per capire come sarà il futuro della nostra professione, quali idee si muovono , che spinte animano il dibattito in previsione dei finanziamenti del PNRR.
 
Due sono le cose che mi hanno colpito all’inizio della sessione.
La prima è stata vedere sul palco a discutere del futuro del medico di famiglia solo maschi , tanti autorevoli esponenti del mondo medico ma tutti rigorosamente di genere maschile e tutti avanti con gli anni. Possibile che non si senta il bisogno di una voce femminile? Forse che le donne, che sempre in numero maggiore fanno i medici di famiglia, non hanno proprio nulla da dire o non se ne trova una che possa esprimere un punto di vista differente sul futuro di questa professione?
 
La seconda ha a che fare con il filmato di una decina di minuti trasmesso come incipit alla sessione. Il video ha raccontato la professione del medico di famiglia attraverso le voci narranti di alcuni colleghi sparsi in tutta Italia.
 
Colpisce che tutti siano “felici” di fare il proprio lavoro, che non si sognerebbero mai di cambiarlo, che la pandemia non abbia praticamente intaccato la loro serenità e fiducia lasciandoli perfettamente indenni. Peccato che la realtà trasmessa è solo una parte della medaglia, l’altra faccia, quella ignorata dal video, è fatta di medici di famiglia sempre più vicini al burn-out per il grosso carico di lavoro che la pandemia ci ha riversato, è fatta di colleghi che lasciano anticipatamente il lavoro per andare in pensione, è fatta di giornate lavorative infinite e di vite private ormai inesistenti tartassati come siamo da continue richieste a tutte le ore del giorno. No, il mondo della medicina di famiglia non è un idilliaco mondo bucolico lasciato indenne dalla pandemia; spiace che non si abbia avuto il coraggio di mostrarlo.
 
Fatte queste premesse, il dibattito ha avuto l’intervento delle voci più autorevoli del mondo medico: il presidente Fnomceo Anelli, il segretario nazionale Fimmg Scotti, il presidente dell’Enpam Oliveti: tutti hanno ribadito la necessità di lavorare in equipe o microteam, di essere dotati delle piccole tecnologie che potrebbero migliorare il nostro approccio diagnostico e della necessità di mantenere il rapporto fiduciario (perché siamo il medico della persona e non della malattia) .
 
Anelli ha chiesto al ministro Speranza, che aveva inviato un saluto in apertura, di investire sul personale e non solo sulle strutture; Oliveti ha fatto capire che le Case di Comunità sono un obbligo chiesto dall’Europa per cui non le possiamo contrastare; Scotti vorrebbe capire come faranno queste case di comunità a realizzare il concetto di prossimità dato il loro esiguo numero e si coglie che ne sta decretando il fallimento….
In tutto questo io non ho colto un “progetto” di cambiamento, di rinnovamento della medicina di famiglia al massimo un “maquillage”: tanti piccoli ritocchi ma con il medesimo impianto , senza una visone di insieme capace davvero di proiettarci verso un futuro.
 
Quello che sembra mancare completamente dalla discussione è il ruolo del medico di famiglia nel territorio, la sua identità professionale che non può coincidere con il rapporto di lavoro anche se da questo ne viene condizionato. Non si può pensare di elaborare e definire la “rinascita e ripartenza” della medicina generale senza chiedersi che medico vogliamo.
Ricordo benissimo le parole del presidente Anelli all’inizio del suo primo mandato: “Serve un cambio di passo per non scomparire, per restare medici”. Alla base di ogni rinnovamento ci deve essere una ridefinizione del medico e della medicina, alla base di tutto ancora oggi rimane da risolvere la “questione medica”.
 
Che la medicina di famiglia sia a un bivio e che la posta in gioco sia molto alta lo ha ben detto il prof. Walter Ricciardi, consulente del ministro Speranza , che ha anche aggiunto che il romanticismo del medico di famiglia che sta vicino al paziente poco si confà con la lotta a una pandemia e che il ruolo del medico di famiglia va ripensato, altrimenti rischia la sua scomparsa.
 
In chiusura la proposta del presidente Cricelli per una prima Conferenza nazionale delle cure primarie che riguardi non solo tutte le componenti delle medicina ma anche la società civile per stabilire le “priorità nell’allocazione delle risorse del PNRR” in modo da definire “gli investimenti necessari, utili alle trasformazioni radicali dei modelli organizzativi della medicina del territorio”.
 
Ottima idea! Sarà finalmente l’occasione per un progetto organico di riforma della medicina generale o un altro ennesimo “patchwork” in cui ognuno porterà il suo pezzetto da cucire senza la possibilità di confezionare un vestito davvero nuovo e armonioso capace di far recuperare il valore del medico e del medico di famiglia in particolare?
 
Ornella Mancin
Medico di medicina general

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