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Martedì 25 GENNAIO 2022
Covid, linee guida e/o buone pratiche. C’è troppa confusione



Gentile Direttore,
mi permetta di intervenire nel dibattito che si è sviluppato dopo i contrapposti pareri espressi dalla giurisdizione amministrativa sui contenuti della circolare del Ministero della Salute inerenti la gestione domiciliare dei pazienti con infezione da Sars-Cov-2 (aggiornata al 26 aprile 2021).
 
Circolare prima annullata dal Tribunale Regionale Amministrativo (TAR) del Lazio perché essa prescriveva ai medici “puntuali e vincolanti scelte terapeutiche”  al punto da porsi “in contrasto con l’attività professionale così come demandata al medico nei termini indicati dalla scienza e dalla deontologia professionale” (sent. 7 dicembre 2021) e poi risvegliata dal Consiglio di Stato il quale, in composizione monocratica, con decreto pubblicato il 19 gennaio u.s., ha evidenziato  che il documento citato contiene, spesso con testuali affermazioni, raccomandazioni e non prescrizioni che non fanno emergere “alcun vincolo circa l’esercizio del diritto-dovere del MMG di scegliere in scienza e coscienza la terapia migliore, laddove i dati contenuti nella circolare sono semmai parametri di riferimento circa le esperienze in atto nei metodi terapeutici a livello anche internazionale”.
 
In attesa di vedere cosa accadrà in camera di consiglio (l’udienza è stata fissata per il 3 febbraio p.v.) qualche rilievo critico si impone. Non già in prospettiva polemica anche se sorprende ciò che è stato detto da Federico Anelli, presidente della FNOMCeO: “A me pare si stia creando una tempesta in un bicchier d’acqua al solo fine di giustificare la prescrizione di farmaci come l’idrossiclorochina”.
 
Perché non si tratta di far rientrare dalla finestra ciò che era stato fatto uscire dalla porta e – così - di legittimare la prescrizione di farmaci che non hanno purtroppo dimostrato avere alcuna efficacia contro il Covid-19 (ipotesi, questa, espressamente vietata e sanzionata dal Codice di deontologia medica) ma di affrontare, con responsabilità e senza banalizzare le questioni, il quadro di riferimento (sempre più confuso)  all’interno del quale i medici si trovano oggi a dover fare le loro difficili scelte cliniche.
 
Non essendo chiaro in quale contenitore del sapere scientifico codificato ai sensi di legge si debba posizionare la circolare ministeriale di cui si sta discutendo, le ragioni della sua adozione da parte di una struttura estranea a quelle espressamente previste dalla legge Gelli-Bianco,  la sua effettiva prescrittività e quali sono gli effetti giuridici nell’ipotesi in cui la sua violazione produca la morte o una lesione personale stante quanto anche previsto dalla zona franca sulla responsabilità penale del medico introdotta dalla legge n. 76/2021.
 
Poiché il discorso è molto tecnico, parto dalle definizioni ricordando che il sapere scientifico codificato, per quanto almeno previsto dalle norme che hanno riformato la colpa di chi esercita una professione sanitaria, è formato dalle linee guida (LG) e dalle buone pratiche (BP) clinico-assistenziali. Sul che cosa sono ed a che cosa servano le LG non esistono problemi particolari: le LG sono, infatti, documenti riportanti raccomandazioni finalizzate a migliorare l’assistenza ai pazienti la cui codificazione viene fatta con la revisione sistematica delle evidenze scientifiche tenuto naturalmente conto dei benefici e dei rischi delle opzioni di cura eventualmente alternative (Institute of Medicine, 2011).
 
Sul cosa rappresentino, invece, le BP clinico-assistenziali non c’è alcun accordo né a livello internazionale né a livello interno: gli interpreti più autorevoli (così M. Caputo) le individuano in un contenitore al cui interno, oltre ai protocolli ed alle check-list, trovano spazio le soluzioni sperimentate in modo positivo dal mondo professionale oltre a quelle accreditate dall’Osservatoriodelle buone pratiche sulla sicurezza nella sanità dell'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (AGENAS)ricordando, per inciso,  che potrebbero essersi BP clinico-assistenziali silver e BP clinico-assistenziali gold per la poca chiarezza delle previsioni dettate, proprio a questo riguardo, dalla legge Gelli-Bianco.
 
Anche se la giurisprudenza di legittimità sembra aver, invece, un’idea diversa avendole ripetutamente individuate nei protocolli e negli schemi rigidi e predefiniti di comportamento diagnostico-terapeutico dal carattere imperativo, la cui violazione trova terreno di elezione nell’imprudenza e nella negligenza (Corte Cass., n. 16237 del 2013); essendo stato successivamente precisato dai supremi Giudici che “le linee-guida differiscono notevolmente, sotto il profilo concettuale, prima ancora che tecnico-operativo, dalle buone pratiche clinico-assistenziali, sostanziandosi in raccomandazioni di comportamento clinico sviluppate attraverso un processo sistematico di elaborazione concettuale, volto ad offrire indicazioni utili ai medici nel decidere quale sia il percorso diagnostico-terapeutico più appropriato alle specifiche circostanze cliniche” (Cass. penale, n. 47748 del 2018).
 
Per questo, LG e BP clinico-assistenziali non sono un’endiade, come qualche interprete aveva erroneamente supposto (Di Landro),  visto che l’art. 6 della legge Gelli-Bianco, modificando il precedente decreto Balduzzi, non le ha posizionate sullo stesso piano valoriale perché all’interno del sapere scientifico codificato le seconde assumono un ruolo, per così dire, di surrogato-vicario, valendo, ai fini del rimprovero penale, quando e solo se le prime non sono state ancora approvate.
 
Riassumendo: mentre le LG esprimono raccomandazioni di carattere generale che devono guidare il comportamento professionale tenuto comunque conto della specificità di ogni singolo caso, le BP altro non sarebbero, secondo almeno la giurisprudenza di legittimità, che schemi rigidi, tassativi e precostituiti di comportamento, la cui violazione rileva sempre e comunque sul piano del rimprovero penale.
 
Se questo è il quadro generale occorre naturalmente chiedersi in quale forma del sapere scientifico codificato ex lege rientri la circolare del Ministero della salute, prima sospesa dal TAR del Lazio e poi resuscitata dal Consiglio di Stato in composizione monocratica con una tempistica così rapida che suscita qualche ragionevole sospetto.
 
Pur esprimendo raccomandazioni, essa non può essere considerata una LG dato che la sua approvazione è avvenuta al di fuori delle loro coordinate previste dalla legge Gelli-Bianco e senza l’autorizzazione dell’Istituto superiore di sanità; se non è una LG, essa potrebbe così essere una BP clinico-assistenziale pur non capendo perché essa sia stata approvata dal Ministero della salute quando sarebbe stato più  prudente e sicuramente più opportuno lasciare l’iniziativa ad AGENAS, come previsto da quella stessa norma che ha provato a dare al sapere scientifico codificato una precisa dimensione pubblica.
 
Con tutte le conseguenze che ne derivano sul piano pratico e su quello del pur sempre possibile rimprovero penale nell’ipotesi in cui la violazione delle raccomandazioni in essa contenute abbia provocato una lesione personale o la morte della persona.
 
Se così è, a me sembra che eludere i processi attraverso i quali il sapere scientifico deve essere codificato e l’idea di crearne di alternativi non aiuta nessuno e non capisco come ciò non desti una sana preoccupazione considerato, tra l’altro, il limitatissimo numero di LG prodotte in questi anni dalle Società scientifiche italiane accreditate, validate dall’Istituto superiore di sanità (ISS) e pubblicate sul suo sito istituzionale.
 
Scarsità di tempo, complessità del metodo richiesto dall’ISS nella loro redazione e, soprattutto, carenza di finanziamenti provenienti dall’industria possono spiegare l’incredibile ritardo che registra, purtroppo, il sistema di  governance del processo di produzione delle LG annunciato dal nostro Paese; sistema al quale mi sembra si stiano però assestando ferite letali perché produrre raccomandazioni scientifiche pur encomiabili senza rispettare i percorsi procedurali ed i canoni di garanzia previsti dalla legge Gelli-Bianco confonde, scompagina e disorienta.
 
A meno che quel sistema di governance non sia un’impossibile chimera e che l’ISS, a cui spetta il compito di definire le priorità, non sia stato messo nelle condizioni di evitare duplicazioni, di favorire la produzione di linee guida multiprofessionali-multidisciplinari, di standardizzare i criteri di qualità metodologica e di risolvere, come era stato annunciato, le modalità di gestione dei conflitti di interesse.
 
Perché se così fosse occorre percorrere altre strade anche per evitare che sulla stessa questione gli organi della giurisdizione esprimano posizioni divergenti che, alla fine di tutto, minano la loro credibilità pubblica.
 
Fabio Cembrani
Medico-legale, già Direttore U.O. di Medicina Legale di Trento

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