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Lunedì 07 MARZO 2022
In Piemonte ospedali al femminile, ma non a tutti i livelli. Analisi dell’Anaao Assomed

In Piemonte le dirigenti medico donne del Ssn rappresentano il 51%, ma i ruoli apicali continuano ad essere prevalentemente affidate agli uomini. A evidenziarlo è l’Anaao Piemonte, secondo cui iniziano comunque a “essere riconosciuti i risultati positivi del diverso modo che le donne hanno di interpretare i ruoli professionali e nello specifico di comando”. Ma “la strada è ancora lunga”. I DATI

La medicina è sempre più femminile. In Piemonte le dirigenti medico donne, ospedaliere dipendenti del SSN superano i colleghi uomini: 51%, contro una media nazionale del 48%. Ma ai livelli dirigenziali latitano. In regione Piemonte la percentuale di donne Direttrici di SC (Primarie) è del 18%. Tra le donne medico, solo il 2,4% diventeranno direttrici di SC, contro il 10% degli uomini. Anche nelle discipline in cui è più elevata la quota di donne tra i medici, la loro presenza nelle posizioni apicali di carriera è molto bassa. A rielaborare i dati della piattaforma regionale di Opessan (dati 2020) e del Conto Annuale del Tesoro (dati 2019) e ad evidenziare il gap ancora esistente tra donne e uomini medici è l’Anaao Piemonte, che fa notare come questa situazione si inserisca in un contesto di futuri pensionamento che vedranno, in futuro, gli ospedali tingersi sempre più di rosa per un maggiore ingresso di donne medico e per una maggiore uscita degli uomini.

“Le ultime nomine del 2021 - sottolinea l’Anaao -  hanno leggermente aumentato la presenza di donne tra i Direttori Generali del Piemonte, che passano da 2 a 4 su 18. Va un po’ meglio se consideriamo le Responsabili di Struttura Semplice che in Piemonte rappresentano il 36,6% del totale. Tra le donne medico, solo il 6,4% diventerà Responsabile di Struttura Semplice, contro l’11,4% degli uomini”.

“Peccato”, dice Chiara Rivetti, segretaria regionale Anaao, in una nota che sintetizza i risultati dell’analisi. “Perché le donne al vertice - prosegue Rivetti - potrebbero essere più consapevoli degli ostacoli al lavoro femminile e quindi essere più attive negli ospedali per cercare di rimuoverli. Le primarie donne potrebbero essere più sensibili alla richiesta di part-time, tollerare meglio le assenze per malattia figlio, concedere magnanime il congedo parentale ai padri, chiedere con maggiore insistenza alle amministrazioni la sostituzione per maternità delle colleghe”. Secondo Rivetti, peraltro,  “incominciano a essere riconosciuti i risultati positivi del diverso modo che le donne hanno di interpretare i ruoli professionali e nello specifico di comando: maggiore empatia, orientamento alla collaborazione e al sostegno reciproco, minore competizione conflittuale, attenzione al risultato e non alla vittoria sui colleghi. Il successo è vissuto dalle donne soprattutto in termini collettivi, più che come traguardo personale”.

A conferma del ruolo di cura riservato alle donne, le richieste di part-time provengono in circa il 90% dei casi da dottoresse. Il part-time viene concesso poco e la donna che decide di lavorare in part-time firma, con la richiesta di tempo ridotto, anche la fine della propria progressione di carriera lavorativa.

Tra le donne inoltre, pochissime fanno attività libero professionale, sia intra che extramoenia. Lavorano per il pubblico, per l’Azienda. Nel dettaglio, solo il 3,2 % delle donne sceglie di fare extramoenia, contro il 6,6 % degli uomini.  Del totale dei dirigenti che sceglie l’extramoenia, solo il 34% è donna, mentre del totale di chi esercita l’attività intramoenia, le donne sono il 30%.  Le donne probabilmente scelgono di dedicare il proprio tempo libero alla famiglia, o all’attività ospedaliera.

Infine, viene confermata la scarsa rappresentanza del genere femminile nelle specialità chirurgiche: storicamente ad appannaggio degli uomini.

Per Rivetti “la strada è ancora lunga, sicuramente ci servirà un welfare più favorevole, un cambiamento culturale che riconosca le competenze femminili, una migliore distribuzione dei carichi di lavoro familiari ed anche una maggiore consapevolezza di noi donne”.

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