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Giovedì 10 MARZO 2022
Nuovi ruoli per Università e professionisti: ieri su QS due interventi stimolanti e divergenti



Gentile Direttore,
ieri Qs ha  ospitato due interventi che possono essere letti e commentati assieme legati come sono da un comune denominatore importante: come l’occasione del PNRR può innescare riforme non previste, ma strategiche. Il primo, quello di Maria Triassi, riguarda le Facoltà di Medicina e il secondo, di Antonio Panti, riguarda la governance del sistema sanitario e il ruolo dei professionisti.
 
Tutte e due gli interventi hanno poi un (non programmato, ma inevitabile) punto di contatto: i processi di formazione del personale sanitario. I due temi sono così importanti che è auspicabile che su entrambi si avvii un confronto nella speranza che questo inneschi un percorso di cambiamento nei ruoli di Università e professionisti che li renda coerenti con i più generali cambiamenti nella cultura, organizzazione e struttura del Servizio Sanitario Nazionale e dei Servizi Sanitari  Regionali.
 
La professoressa Triassi dopo una ricostruzione della storia dei pochi Policlinici a gestione diretta e delle più numerose Aziende integrate Universitario-Ospedaliere e dei riflessi sulle Facoltà di Medicina del sistema valutativo universitario (che per le progressioni di carriera dà molta più importanza alla produzione scientifica che non alla qualità assistenziale) e del ruolo crescente della medicina territoriale e della sanità privata ha ricostruito il confronto/contrasto tra due orientamenti nella evoluzione di queste Facoltà.
 
Da una parte c’è chi propone lo scorporo delle Scuole di Medicina dagli Atenei con “l’affidamento” della formazione ai cosiddetti “Ospedali di Insegnamento” e dall’altra chi propone la trasformazione delle Scuole di Medicina, con annessi Policlinici, in realtà prevalentemente scientifiche e tecnologiche.
 
Di questi due approcci vengono visti i forti limiti: il primo ridurrebbe la formazione in “apprendistato” e il secondo comporterebbe una forte riduzione della componente assistenziale a poche realtà di eccellenza con lo spostamento della maggior parte delle attività pratiche basilari in convenzione con le strutture del Servizio Sanitario Nazionale con una polverizzazione dell’offerta formativa. Su questa base si propone una valorizzazione del (e forti investimenti sul) “Campus” formativo, che “vede la convivenza collaborativa e non la contrapposizione tra eccellenze ospedaliere ed universitarie e che può essere arricchita con una rete di collaborazioni con le realtà ospedaliere e territoriali.”
 
Il dottor Panti dopo una analisi dei possibili effetti di natura economica che nascono dalle pesanti ombre della guerra in Ucraina ha sottolineato come le criticità del PNRR non possano  essere affrontate solo sul piano economico: occorre un coinvolgimento dei professionisti sanitari tutti, medici in particolare, perché senza la condivisione della governance del servizio non si potranno ottenere risultati virtuosi.
 
Per questo propone prima un “patto per il lavoro” tra amministratori e operatori, meglio se anche con tutti gli stakehoklders della sanità pubblica, e poi una legge quadro sul personale della sanità  con cui definire con legge la governance del sistema. Si fanno poi due ulteriori proposte. La prima è l’insediamento  in ciascuna Regione di un Comitato Tecnico Scientifico, in modo da affiancare all’amministrazione regionale un comitato di esperti, in analogia con la positiva esperienza nazionale durante la pandemia. La seconda incrocia (scontrandosi) l’intervento della Professoressa Triassi e riguarda l’affidamento della formazione post laurea al Servizio Sanitario.
 
Mi sono permesso di ricostruire e “sovrapporre” i due interventi perché sulla base di analisi largamente condivisibili arrivano però a due conclusioni opposte su un punto fondamentale come la formazione post laurea dei professionisti. La questione non è ovviamente da poco. Se si ritiene che la formazione dei professionisti della sanità debba rimanere “per intero” nei Campus della Professoressa Triassi si aprono diverse questioni che ruotano tutte attorno all’intreccio tra formazione, assistenza e ricerca.
 
Ne cito due. Il primo: i criteri di reclutamento dei docenti  non solo debbono  tenere conto delle tre dimensioni, ma anche della professione. Per dirla con uno slogan semplificatorio “la formazione degli infermieri sempre più agli infermieri” (e ovviamente ai fisioterapisti, ai tecnici, ecc.). Il secondo riguarda il modo con cui si garantisce quell’intreccio nell’area delle attività territoriali della prevenzione e della assistenza distrettuale su cui tradizionalmente le Facoltà di Medicina non operano o operano poco. Se si ritiene che la formazione post laurea debba essere garantita dal Servizio Sanitario Nazionale la questione di fondo rimane la stessa: come si gestisce l’intreccio tra formazione, assistenza e ricerca dalla selezione dei docenti, alla scelta delle sedi e alla organizzazione della attività.
 
Una annotazione in coda all’intervento del dott. Panti: il Comitato Scientifico o quel che sarà (ottima idea a mio parere) deve essere multiprofessionale, così come lo debbono essere ormai tutti i processi che danno una risposta ai problemi di salute della popolazione.
 
Claudio Maria Maffei

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