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Venerdì 17 AGOSTO 2012
Per curare non serve sviluppare nuovi farmaci. Basta reinventare quelli già esistenti

L’idea viene da un team della Georgetown University: se molti medicinali hanno dimostrato fino ad oggi di essere efficaci per curare malattie anche molto diverse, bisogna solo trovare un metodo per comprendere gli altri usi di ogni farmaco approvato. Per farlo, gli scienziati hanno sviluppato un programma al computer.

Sviluppare un singolo nuovo farmaco, e farlo arrivare in commercio, può costare anche 1 miliardo di dollari. Per questo, secondo alcuni ricercatori della Georgetown University di Washington, la soluzione potrebbe essere quella di determinare se alcuni farmaci già approvati per una condizione possono essere usati per trattarne un’altra. Ma se gli esempi in letteratura sono molti, il problema è stabilire un metodo efficace per trovarli: gli scienziati ne hanno proposto uno sulle pagine del Journal of Medicinal Chemistry.
 
Si tratta di un nuovo programma al computer chiamato “Train-Match-Fit-Streamline” (TMFS) e secondo gli scienziati potrebbe ridurre drasticamente il costo di sviluppo dei farmaci e le tempistiche con le quali questi arrivano ai pazienti: il segreto non è tanto creare nuovi farmaci, dato che l’approccio attuale è così lungo costoso e spesso inefficiente, ma cercare altri usi dei farmaci già sul mercato. Con il cambio di paradigma si scova un altro problema, quello di capire quali sono queste altre indicazioni d’uso. Una questione che secondo i ricercatori statunitensi è però più facilmente risolvibile.
Il team ha infatti sviluppato un nuovo metodo computazionale che usa 11 diversi fattori per associare velocemente vecchi farmaci a ‘nuove’ malattie. Per descriverne il funzionamento gli scienziati hanno dimostrato come un medicinale generalmente usato per lenire dolore e infiammazione, ha una firma chimica e una struttura che suggeriscono possa essere usato per curare una forma di cancro difficile da curare: per dirlo il programma ne ha osservato forma molecolare, topologia, struttura a livello chimico e in particolare ne ha analizzato la morfologia nel punto che funziona da contatto tra il farmaco e il suo bersaglio organico, in modo da capire se potesse funzionare anche per un bersaglio diverso. In seguito il risultato è stato confermato da test in laboratorio. Allo stesso modo, hanno dimostrato che un antiparassitario può funzionare per limitare l’erogazione di sangue ai tessuti tumorali, in modo da evitare la crescita del cancro. “E il programma può allo stesso modo funzionare per testare tutti gli altri 27 mila agenti attivi che sono stati sviluppati nel mondo”, ha spiegato Sivanesan Dakshanamurthy,primo autore dello studio. “In questo modo potremo reindirizzare vecchi farmaci verso nuovi target terapeutici”.

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