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Martedì 24 MAGGIO 2022
Migranti. I risultati del Progetto europeo ICARE per migliorare accoglienza e integrazione

Dal 2019 investiti dieci milioni di euro. Oltre 15mila i migranti presi in carico, 63mila le prestazioni erogate per attività correlate al Covid, 2.300 i professionisti coinvolti. I risultati del progetto promosso dall’Emilia-Romagna, in collaborazione con  Toscana, Lazio e Sicilia, sono stati presentati nel corso di un Convegno nazionale al ministero della Salute

Si può sostenere che un richiedente asilo, un rifugiato o un migrante in generale abbia davvero avviato il percorso di integrazione nel momento in cui è nelle condizioni di accedere ai servizi sanitari. Proprio questo, infatti, è considerato uno degli indicatori primari per misurare il livello di integrazione delle persone migranti, perché le difficoltà di tipo linguistico, la comprensione di diversi codici culturali e organizzativi, non ultima una diversa percezione del rischio di ammalarsi rappresentano evidenti condizioni di svantaggio.

Ecco perché la Regione Emilia-Romagna, in collaborazione con Lazio, Sicilia e Toscana, ha ideato e promosso il Progetto europeo ICARE (Integration and Community Care for Asylum and Refugees in Emergency), cofinanziato dall’Asylum, Migration and Integration Fund (Amif) dell’Unione europea. Obiettivo: migliorare la fase di accesso ai servizi sanitari territoriali per i migranti, con il coinvolgimento di medici specialisti, mediatori culturali, assistenti sociali, infermieri, psicologi e ostetriche, e assicurare così una risposta ai bisogni di salute dei singoli migranti in situazione di vulnerabilità sanitaria, con particolare attenzione a donne e minori, il più possibile omogenea.  

Il progetto - avviato il 10 gennaio 2019 e i cui risultati sono stati presentati nel corso del Convegno “ICARE Un approccio sistemico per la salute dei migranti” organizzato al ministero della Salute a via Ribotta - ha potuto contare su 10 milioni di euro di investimenti. Si sarebbe dovuto concludere il prossimo 9 giugno, ma dalla Commissione Europea è arrivata una proroga di tre mesi.

Originariamente, destinatari del progetto erano  i titolari o richiedenti protezione internazionale, i titolari di permesso di soggiorno per “casi speciali” (D.L. n. 113/2018), quelli con permesso umanitario e con permesso umanitario scaduto richiedenti permesso di soggiorno per “casi speciali”. Ma ICARE è stato poi ampliato, come ha spiegato Rosa Costantino ICARE Project Manager Regione Emilia-Romagna: “Pensato originariamente come supporto ai rifugiati e richiedenti asilo, si è trovato a far fronte alla pandemia, ed è stato quindi esteso a tutti migranti di Paesi ad alta densità migratoria per tutte le attività di prevenzione e Covid 19 correlate”.

Quali sono stati i risultati raggiunti?
Grazie al coinvolgimento delle 4 Regioni, di 27 aziende sanitarie e altrettante equipe multidisciplinari, in questi tre anni sono stati predisposti 9 percorsi clinico assistenziali, erogate oltre 30 attività formative per 2.348 professionisti (814 operatori sanitari, 350 mediatori interculturali, 1.184 operatori sociali), coinvolte 7mila persone migranti in più di 50 laboratori. E ancora, fornite 63mila prestazioni per attività correlate al Covid, preso in carico 15.572 migranti con Medici di medicina generale per diversi percorsi clinici quali salute donna, percorsi violenze e fragilità psicofisiche adulti, percorsi pediatrici e di promozione della salute.

Risultati importanti, tant’è che ICARE è stato inserito tra le buone pratiche individuate nel 2021 dall’Unicef per gli interventi di supporto psicosociale e salute mentale rivolti a minori stranieri non accompagnati. Inoltre su richiesta del ministero dell’Interno è stato presentato alla conferenza internazionale dell’European Migration Network ed è stato inserito nel Rapporto pubblicato da MSF sull’assistenza e la riabilitazione delle vittime di tortura e di altre forme di violenza. Ma altri impegnativi banchi di prova sono stati l’emergenza Afghanistan prima e quella Ucraina poi.  

Gli strumenti messi in campo. L’informazione è stata considerata un tassello fondamentale per far comprendere, acquisire conoscenza e consapevolezza e consentire di accedere facilmente ai servizi. Sono state perciò avviate numerose attività informative destinate alla popolazione target del progetto, che ha attivamente partecipato a laboratori su prevenzione e promozione della salute incentrati su sani stili di vita, corretta alimentazione, affettività e sessualità, prevenzione delle malattie sessualmente trasmissibili, maternità.

Le situazioni di crisi sono state affrontate con strumenti tradizionali come brochure e materiali informativi (più di 200 opuscoli tradotti in circa 20 lingue) e quelli più avanzati come siti web (http://www.progettoicare.it è stato lanciato il 20 aprile 2020 in pieno lockdown), ma anche app per dispositivi mobili (come la app “Presente” e “Officina dell’Italiano”, la prima pensata per chi è appena arrivato in Italia e non conosce ancora bene l’italiano, la seconda per potenziare il percorso di apprendimento della lingua, la “Web App Icare”, sviluppata dalla Regione Toscana, che ha fornito informazioni utili in 12 lingue), social come Instagram dove è stata aperta una pagina ad hoc. Grazie a questi strumenti è stato possibile produrre in tempi brevi una documentazione in più lingue con informazioni importanti sul Covid-19, vaccinazioni, green pass, orientamento ai servizi sanitari, iscrizione al Servizio sanitario, rilascio del tesserino Stp (straniero temporaneamente presente).

“A differenza di tanti altri progetti, focalizzati sulla fase emergenziale sanitaria e sociosanitaria immediatamente successiva agli arrivi, con ICARE abbiamo voluto porre l’attenzione sulle fasi successive del processo migratorio, agendo cioè sulla seconda accoglienza – ha commentato l’assessore alla Politiche per la salute, Raffaele Donini – dopo aver risposto alle prime necessità, occorre infatti garantire il pieno accesso dei migranti ai servizi territoriali, soprattutto per coloro che rischiano di scivolare in una condizione di marginalità sociale. Questo progetto ha dimostrato come sia concretamente possibile realizzare tutto ciò, e si candida a diventare un modello per il futuro”.


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