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Giovedì 23 GIUGNO 2022
Interrogazioni/1. Costa: “Troppe esternalizzazioni in sanità”. Ecco le contromisure del Governo

Lo ha detto il sottosegretario alla Salute rispondendo a una interrogazione dell'on. Bologna (CI): “Un fenomeno in continua crescita negli enti pubblici, compreso il comparto sanità. Tale tendenza spesso ha comportato, però, un impiego distorto dello strumento dell'appalto di servizi, con un conseguente incremento del fenomeno del precariato ed il rischio che le prestazioni vengano affidate a soggetti non sempre in possesso delle necessarie competenze”.

Riguardo il fenomeno della esternalizzazione di servizi e di attività in sanità, si registra "un impiego distorto dello strumento dell'appalto di servizi, con un conseguente incremento del fenomeno del precariato ed il rischio che le prestazioni vengano affidate a soggetti non sempre in possesso delle necessarie competenze", così il sottosegretario alla Salute, Andrea Costa, rispondendo in Commissione Affari Sociali alla Camera all'interrogazione sul tema di Fabiola Bologna (CI).

Tuttavia, ha riucordato Costa, "nell'ordinamento vigente non sussiste un divieto per la P.A. di ricorrere alla esternalizzazione delle prestazioni di alcuni servizi per l'assolvimento di compiti istituzionali, fermo restando il principio generale che l'utilizzazione di questo strumento non può avvenire se non nel rispetto di condizioni e limiti , in assenza dei quali sussiste la responsabilità di coloro che adottano i relativi atti". 

Di seguito la risposta integrale del sottosegretario Costa.

"L'esternalizzazione di servizi e di attività è stato negli ultimi anni un fenomeno in continua crescita negli enti pubblici, compreso il comparto sanità. Molte aziende sanitarie, infatti, hanno proceduto con l'esternalizzazione delle attività sanitarie, i cui costi gravano sulle «spese per beni e servizi».
Tale tendenza spesso ha comportato, però, un impiego distorto dello strumento dell'appalto di servizi, con un conseguente incremento del fenomeno del precariato ed il rischio che le prestazioni vengano affidate a soggetti non sempre in possesso delle necessarie competenze.

Va comunque ricordato che la P.A., ai sensi dell'articolo 6-bis del decreto legislativo n. 165 del 2001, può affidare lo svolgimento di determinati compiti istituzionali a soggetti esterni, dotati di comprovata capacità professionale e di specifica conoscenza tecnica della materia, in presenza di casi particolari e contingenti, ogni qualvolta si verificano:

a) la straordinarietà e l'eccezionalità delle esigenze da soddisfare;

b) la mancanza di strutture e di apparati preordinati al loro soddisfacimento, ovvero, pur in presenza di detta organizzazione, la carenza, in relazione all'eccezionalità delle finalità, del personale addetto, sia sotto l'aspetto quantitativo che qualitativo.

Pertanto, nell'ordinamento vigente non sussiste un divieto per la P.A. di ricorrere alla esternalizzazione delle prestazioni di alcuni servizi per l'assolvimento di compiti istituzionali, fermo restando il principio generale che l'utilizzazione di questo strumento non può avvenire se non nel rispetto delle condizioni e dei limiti sopra specificati, in assenza dei quali sussiste la responsabilità di coloro che adottano i relativi atti.

Con specifico riferimento alle Aziende sanitarie, il decreto legislativo n. 502 del 1992 s.m. ha introdotto anche nel comparto sanità la possibilità di utilizzare risorse esterne alle strutture sanitarie per l'assolvimento di compiti svolti all'interno delle stesse. Nei casi di esternalizzazione da parte di un'Azienda sanitaria, si è soliti operare una distinzione tra attività essenziali (core business) ed attività di prestazioni di servizio (facilities). Normalmente sono queste ultime ad essere esternalizzate, in quanto attività meramente strumentali.

La scelta di avvalersi di risorse esterne dovrebbe muovere da motivazioni fondamentalmente strategiche per l'azienda, tuttavia mentre inizialmente il ricorso alle esternalizzazioni era destinato ad attività non prettamente sanitarie (mensa, pulizie...), negli ultimi anni, anche in ragione degli stringenti vincoli alla spesa di personale imposti dal legislatore, il fenomeno si è esteso sempre più anche ad attività sanitarie, con iniziative che non sempre si sono dimostrate virtuose.

A tal proposito, proprio con l'obiettivo di potenziare in modo strutturale il personale del SSN la legge di bilancio per il 2022 ha stanziato apposite risorse per consentire la stabilizzazione dei professionisti del ruolo sanitario e socio sanitario che durante l'emergenza pandemica hanno svolto la propria attività nell'ambito del SSN con contratti a tempo determinato, anche al fine di reinternalizzare i servizi appaltati.

In particolare, l'articolo 1, comma 268 della legge di bilancio per il 2022, ha stabilito che «Al fine di rafforzare strutturalmente i servizi sanitari regionali anche per il recupero delle liste d'attesa e di consentire la valorizzazione della professionalità acquisita dal personale che ha prestato servizio anche durante l'emergenza da COVID-19, gli enti del Servizio sanitario nazionale, nei limiti di spesa consentiti per il personale degli enti medesimi dalle vigenti disposizioni;

c) possono, anche al fine di reintemalizzare i servizi appaltati ed evitare differenze retributive a parità di prestazioni lavorative, in coerenza con il piano triennale dei fabbisogni di personale, avviare procedure selettive per il reclutamento del personale da impiegare per l'assolvimento delle funzioni reinternalizzate, prevedendo la valorizzazione, anche attraverso una riserva di posti non superiore al 50 per cento di quelli disponibili, del personale impiegato in mansioni sanitarie e socio-sanitarie corrispondenti nelle attività dei servizi esternalizzati che abbia garantito assistenza ai pazienti in tutto il periodo compreso tra il 31 gennaio 2020 e il 31 dicembre 2021 e con almeno tre anni di servizio».

Da ultimo, l'articolo 1, comma 269, della legge n. 234 del 2021, ha rinviato ad uno specifico decreto interministeriale di iniziativa del Ministro della salute, la definizione di una apposita metodologia per la determinazione del fabbisogno di personale degli enti del Servizio sanitario nazionale, anche ai fini di una graduale revisione della disciplina delle assunzioni.

In particolare le regioni, sulla base della predetta metodologia, potranno predisporre i propri piani dei fabbisogni triennali per il servizio sanitario regionale, che, una volta valutati e approvati dal tavolo di verifica degli adempimenti di cui all'articolo 12, comma 1, dell'intesa Stato-regioni del 23 marzo 2005, consentirà loro di poter usufruire del regime di flessibilità dei vincoli di spesa del personale previsti dall'articolo 11 del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 35, convertito con legge 25 giugno 2019, n. 60 e s.m. nel rispetto dell'equilibrio economico e finanziario del SSR.

Concludo auspicando che tutte le iniziative «messe in campo» e sopra sintetizzate concorrano a far diminuire il ricorso alla «esternalizzazione» dei servizi e delle attività nel comparto sanità".

Fabiola Bologna (CI), replicando, si dichiara soddisfatta della risposta del Governo e ringrazia il sottosegretario per aver chiarito che il ricorso al personale medico esterno è una prassi di natura puramente temporanea, che non può e non deve diventare la norma. "Il rischio, altrimenti, è quello del depauperamento del sistema sanitario nazionale, attraverso la mortificazione degli specialisti che vi sono stabilmente incardinati. Il ricorso al personale esterno infatti, pagato «a gettone», alletta i professionisti del settore, che possono lavorare a ritmi meno stressanti e con una retribuzione maggiore ma, oltre a comportare costi davvero significativi per la finanza pubblica, ha il forte demerito aggiuntivo di allontanare sempre il sistema sanitario nazionale dal proprio modello di funzionamento classico, fondato sulla professionalità e affidabilità delle risorse umane. Tali espedienti pertanto, comprensibili come soluzione tampone in contesti emergenziali, devono essere quanto prima abbandonati. È necessario, al contrario, adoperarsi il più possibile per valorizzare e fidelizzare le risorse umane stabilmente incardinate nei ruoli del settore sanitario, consentendo al personale più anziano la giusta flessibilità di mansioni e investendo il più possibile sul ricambio generazionale e sulla gratificazione dei lavoratori".

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