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Venerdì 01 LUGLIO 2022
La sanità e quella gara ad allargare le competenze mediche ad altre professioni



Gentile direttore,
forse, anche in situazioni diverse dalla nostra e magari in altre parti del mondo, esiste un luogo in cui sono necessari una Laurea in Medicina e Chirurgia ed un relativo Esame di Stato per esercitare la professione di Medico e di Chirurgo. Che forse non è poi una pratica così elementare come sembra, oggi che si fa a gara ad allargare le competenze mediche ad altre nobilissime professioni, purtroppo prive della Laurea di cui sopra.

Certamente esistono bravissimi infermieri e pessimi medici, ma questa non è una ragione sufficiente per autorizzare il trasferimento d competenze, peraltro già ina fase di sperimentazione sul campo. Altrimenti si potrebbe pensare di sostituire i molti camionisti che, pur provvisti di regolare patente di guida, rappresentano un grave pericolo alla sicurezza nel traffico con i bravissimi riders di Deliveroo o Glovo (che poi costano molto, molto di meno). Anche rimpiazzare i dottori commercialisti con i ragionieri potrebbe essere una bellissima idea, così come uno scambio di ruoli tra architetti e geometri e capomastri porterebbe certamente a lavori meglio eseguiti e a costi di progettazione assai più economici.

E così all’infinito, almeno sino al momento in cui il Consiglio di Stato interviene dichiarando che al personale medico compete la gestione del percorso terapeutico e clinico del paziente, mentre alla struttura infermieristica spetta il compito di attuare il percorso propriamente assistenziale. Ma ci voleva proprio una sentenza del Consiglio di Stato per smontare la bizzarra ipotesi che, sia pure tutti vestiti di bianco (o di celeste, o di verde) non è poi così vero che uno vale uno e che esistono differenti responsabilità, oltre che competenze?

A chi crede che si tratti della scoperta dell’acqua calda, giova forse la lettura di un testo recentemente pubblicato su QS del 29 giugno 2022 da parte di Claudio Maria Maffei e sul quale il dott. Giancarlo Pizza è già intervenuto con grande garbo ed eleganza stroncandolo alle radici (QS del 30 giugno 2022). Non avrei molto da aggiungere alla critica del dott. Pizza, se non il fatto di sottolineare di nuovo una stravagante modalità di citazione da parte del dott. Maffei, che riportando i risultati del 2016 di un solo modello organizzativo denominato “Unità di Degenza Post-acuzie a gestione infermieristica” arriva alla conclusione che questo debba essere l’obiettivo al quale tendere, anche perché la sperimentazione citata (l’unica)  ha raggiunto i  “risultati pianificati” (?) nel 94% delle situazioni. In realtà nulla si conosce di questi “risultati pianificati” che non vengono dettagliati, illustrati, elencati, e quindi nessuno è in grado di capirci proprio un bel nulla. Magari gli “obiettivi pianificati” riguardavano i costi dell’assistenza, magari la mortalità o la morbidità, magari i tempi di degenza, magari la soddisfazione dei parenti, magari i lasciti testamentari…

Lo stesso per altre e numerose citazioni non dettagliate e non approfondite a sostegno di una visione che vorrebbe interpretare la difesa della professionalità del medico come una barriera contro il progresso ed un atteggiamento meramente corporativo teso a sminuire, castrare, ridurre le giuste aspirazioni di altri lavoratori della sanità per la costruzione di un mondo migliore. Un mondo i cui cambiamenti culturali e organizzativi sono osteggiati da una “classe medica” (si dice ancora così?) alla quale va attribuita anche la responsabilità del fatto che il numero degli infermieri è notevolmente sceso negli ultimi anni.

Bella situazione: da un lato il ministro Speranza (sul quale è inutile ripetere l’analisi recente del prof. Cavicchi) e l’organizzazione edilizia della nuova sanità del territorio che tanto promette anche senza il personale per farla funzionare. Dall’altra parte i medici ospedalieri che sembrano ormai l’immagine dei difensori di Fort Alamo e i MMG, anch’essi allo stremo. In mezzo il solito sottobosco di chi vede spazi da riempire, progetti da far autorizzare, analisi fantastiche e tanti quattrini da sottrarre ad un’organizzazione sanitaria pubblica, anche ospedaliera, che, se pure da ripensare, qualche buon risultato riesce ancora a raggiungerlo.  

Pietro Cavalli
Medico

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