quotidianosanità.it

stampa | chiudi


Martedì 20 SETTEMBRE 2022
Per la sanità quattro importanti novità che potrebbero davvero cambiare le cose. Basta che qualcuno se ne accorga...

In tema di sanità: quattro le ultime novità: tre contenute nella legge annuale per il mercato e la concorrenza 2021 e una nel DM del Ministro della salute, adottato di concerto con il MEF, riguardante le nuove regole per determinare il piano dei fabbisogni della PA. E dire che tutte e tre sono strumentali a “cambiare il mondo” nell’organizzazione della salute. Ma in Italia, quando si cambiano le regole, anche importanti, sembra che nessuno se ne accorga

Che strano Paese il nostro. Cambiano le regole, e anche di quelle fondamentali, ma nessuno se ne accorge. Meglio, fa finta che non sia accaduto nulla. Di conseguenza, continua a camminare imperterrito facendo danni al Paese, alla Nazione e al personale che da questi errori ne esce pieno di lividi.

Si cambia, e non di poco
In tema di sanità: quattro le ultime novità: tre contenute nella legge annuale per il mercato e la concorrenza 2021 e una nel DM del Ministro della salute, adottato di concerto con il MEF, riguardante le nuove regole per determinare il piano dei fabbisogni della PA. E dire che tutte e tre sono strumentali a “cambiare il mondo” nell’organizzazione della salute. E Dio sa quanto ce ne sia bisogno in un SSN arrivato a generare più danni (vedi esiti pandemia) e ancora in piedi grazie ai 51 Irccs, ad oggi 21 pubblici e 30 privati, che per lo più offrono prestazioni eccellenti. Un sistema, quello degli Irccs, cui con la legge delega n. del 2 agosto scorso il prossimo Governo disporrà un profondo riordino normativo.

Le quattro novità riguardano: a) l’implementazione della regolazione che riguarda l’accreditamento istituzionale e il contratti da stipulare da parte delle aziende sanitarie con gli erogatori accreditati privati (art. 15); b) le procedure di nomina dei “primari” (art. 20); c) l’obbligo di formazione dei neo nominati “primari” (art. 21); d) le linee guida per determinare il fabbisogno di personale e i piani assunzionali delle aziende della salute (DM del 22 luglio 2022).

Accreditamento istituzionale e contratti con i privati
La legge nr. 118/2022 dà il via, integrando l’art. 8 quater del vigente d. lgs. 502/92, in materia di tutela dall’accreditamento facile, così come sta avvenendo nel Paese da decenni, facendo sì che tra i tantissimi meritevoli si insinuassero quelli che tali non fossero.

Il progressivo incremento delle branche accreditate, capitalizzate con facilità da anni dai già multi-accreditati, spesso senza merito reale perché riconosciutogli a prescindere, con la certezza di strappare maggiorazioni contrattuali in tale senso, ha fatto sì che il legislatore intervenisse.

Ben vengano gli accreditati privati purché degni di divenire tali quanto a qualità delle prestazioni da erogare e attività svolte secondi i criteri di sicurezza e appropriatezza. No, invece, al proliferare indiscusso e acritico degli accreditati generatosi nel SSN, perché sviluppatosi in assenza della benché minima programmazione del fabbisogno degli accreditati, elaborato sulla base dell’offerta già attiva, sia pubblica che privata, e sulla domanda sociale, specie di quella molto periferica cui occorrerebbe, ma ivi, l’instaurarsi di nuove iniziative erogatrici di salute a carico del SSN.

Siffatto strumento, che è di riflessione strategica dell’offerta da assicurare alla comunità bisognosa, è infatti propedeutico a stabilire quali accreditamenti, e per quali branche, programmarne il rilascio ovvero la revoca, in caso di cessata esigenza ovvero di esuberanza. Fare il contrario significa rendere più dispersivo il sistema della salute, meno sostenibile il bilancio e confuso l’esercizio della libera scelta della persona. Il tutto con il risultato di denigrare oltre il meritato il sistema pubblico, reso sofferente anche da questo e spesso dalle connivenze di alcuni operatori dello stesso che, sotto mentite spoglie, operano nel privato concorrente, specie della diagnostica per immagini.

Ebbene, il legislatore ha rimesso ad un decreto ministeriale da adottare entro il 25 novembre con il quale dettare i criteri di maggiore regolazione del rilascio degli accreditamenti, nei confronti dei quali non v’è alcuna avversità. Tutt’altro, purché fatti bene.

Peccato che nel frattempo nelle Regioni c’è la corsa dei già accreditati a fare il pieno di branche, anche le più “esotiche”, con complicità burocratiche non propriamente di norma.

Diversamente il legislatore della concorrenza 2021 ha legiferato implementando l’art. 8 quinquies del vigente d. lgs. 502/1992 in materia di contratti.

Ha imposto procedure trasparenti, eque e non discriminatorie rimesse alla determinazione di criteri oggettivi da parte delle Regioni, le quali sino ad ora hanno fatto orecchio da mercante. Ciò senza tenere conto che le aziende sanitarie tenute alla stipulazione dei contratti erogativi sono obbligate, prescindendo dalle novità introdotte, a riconoscere in capo all’erogatore privato selezionato per la contrattualizzazione indiscutibili qualità erogative delle prestazioni sociosanitarie da acquistare.

Insomma, con questo vengono introdotte per la individuazione dei soggetti più qualificate prestazioni di tipo comparativo e agonistico, che tengano conto anche per il rinnovo annuale dell’attività svolta, sottoposta ad un esame sino ad oggi insolito.

La ratio legislativa della legge di concorrenza 2021, alquanto sofferta nella sua approvazione, dimostra la volontà di un mondo che cambia nel rapporto pubblico/privato, ove entrambi dovranno assumere un ruolo più collaborativo, magari fondato su nuovi strumenti giuridici, del tipo le sperimentazioni gestionali ovvero forme di contratto volte ad assicurare partnership di rinnovata consistenza contrattuale.

Le procedure di nomina dei “primari”
Cambiano le composizioni delle commissioni e impongono al direttore generale di conferire l’incarico all’aspirante che riassuma il punteggio più alto, verosimilmente probatorio di una maggiore garanzia professionale di competenza per l’utenza e la conduzione del proprio centro di costo e responsabilità, equivalente alla corrispondente UOC.

Una pratica, questa, da estendere ovviamente a tutti i concorsi in corso, per non parlare dei nuovi che dovranno seguire ineludibilmente tali regole. Per quelli in corso alla data di vigenza della nuova regola, limitatamente alla scelta non discrezionale del direttore generale.

L’obbligo di formazione dei neo nominati “primari” e non solo
Questa rappresenta un atto di giustizia per tantissimi operatori sanitari che, nell’assoluta loro diligenza, hanno svolto master universitari di II livello in materia di organizzazione e gestione sanitaria. Ebbene, agli stessi, la legge di concorrenza equipara, purché nel programma del master siano state affrontare le materia richieste per gli altri singoli specifici attestati, l’attestato acquisito a quello previsto dall’art. 1, comma 4, lettera c del vigente d.lgs. 171/2016 (quello per aver diritto di iscriversi nell’elenco degli abilitati ad essere nominati direttori generali della aziende sanitarie) e dagli artt. 15 e 16 quinquies del vigente d.lgs. 502/1992 (quelli necessari ai neo nominati “primari”, da fare propri entro un anno dalla presa in servizio).

Il fabbisogno del personale: abbandono del copia e incolla
Il decreto del Ministro della salute del 22 luglio scorso, pubblicato in GU nr. 215 del 14 settembre 2022, cambia le regole per la corretta determinazione del piano dei fabbisogni di personale e, dunque, di definizione dei successivi relativi piani assunzionali. Premia la competenza reale rispetto alla professionalità documentale, invero un po’ svalutata dalla facilitazione di acquisizione di titoli e lauree per via telematica. Pone la sua attenzione alla individuazione dell’insieme delle conoscenze, competenze e capacità del personale di cui anche la sanità deve dotarsi per sostenere la transizione digitale ed ecologica.

Tutto questo inciderà sulla formazione di una nuova cultura pubblica nel programmare la politica del personale, basandosi sul concetto di competenza, quell’elemento culturale non facilmente riscontrabile nell’apparato pubblico, perché viziato da procedure selettive non propriamente ottimali, dettate spesso da situazioni emergenziali ovvero da necessità di stabilizzazioni ancorché improprie.  Il decreto punta il dito su «come» le stesse debbano essere utilizzate nello svolgimento dei compiti, dimostrativo di puntare ad una nuova classe dirigente e ad un buon funzionariato.

Puntare sulla capacità posseduta, l’abilità acquisita e le attitudini innate per influenzare il valore del prodotto da rendere alla pubblica amministrazione di appartenenza e da mettere a godimento della collettività rappresenta una novità pratica assoluta. Sino ad oggi relegata a teorie manualistiche mai divenute realtà salvo casi rarissimi, in quanto tale da pretendere concretezza applicata a tal punto da portare il personale pubblico ad agire professionalmente in modo efficace, flessibile e dinamico sul piano organizzativo ed erogativo dei compiti affidati al medesimo, da svolgere in modo inter-scambievole, attese le previste rotazioni quinquennali.

Nella sanità, questo cambio di marcia è un bene di Dio. Con la transizione digitale sarà collaborata nella rilevazione del fabbisogno epidemiologico e lo sviluppo delle politiche di welfare e di quella verde, dalla quale dipenderà un ambiente meno produttivo di danni alla persona. Insomma, c’è la possibilità di correggere gli errori soliti di reclutamento, sia riferiti alle tipologie più funzionali a garantire la buona assistenza che alla qualità dei selezionati, compiuti sino ad ora da una PA che ha poco curato la qualità selettiva e la formazione.

La pianificazione dei bisogni in materia di salute, sia di personale che epidemiologici, costituisce l’occasione non solo di intelligente ripensamento delle aziende sanitarie, in termini di risorse umane, ma di fissazione della graduatorie delle utilità per guadagnare l’evoluzione necessaria dell’azione assistenziale diretta alla collettività sofferente. Quindi, occorre bandire sostituzioni acritiche e agire con la necessaria lungimiranza nell’individuare oltre il necessario.

Una grande attenzione, quindi, ai piani assunzionali e agli adempimenti agonistici successivi, da adeguare alla rielaborazione dei relativi piani del fabbisogno di personale, per dare l’avvio ad una nuova era.

Ettore Jorio
Università della Calabria

© RIPRODUZIONE RISERVATA