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Mercoledì 21 SETTEMBRE 2022
Verso le elezioni. Intervista a Speranza: “Risorse e riforme per rafforzare il Ssn e valorizzare i suoi straordinari professionisti. Ora non si scenda mai più al di sotto del 7% del Pil”

Il Ministro della Salute fa un bilancio del suo mandato e rilancia alcuni temi per il futuro: “Oggi nessuno può più considerare i soldi destinati alla sanità come semplice spesa pubblica”. E poi sul numero chiuso: “Quest’anno mi sembrano più slogan da campagna elettorale che altro”. Su riforma medici di famiglia insiste: “Spero che sia portata avanti dopo il 25 settembre”. Sulla formazione ribadisce: “Occorre investire di più”. E loda le farmacie: “Modello virtuoso da promuovere”.

“La crisi Covid-19 ha convinto tutti della necessità del rilancio della sanità pubblica e ha reso forte e radicata la consapevolezza che il Servizio Sanitario Nazionale è il bene più prezioso che abbiamo. Oggi nessuno può più considerare i soldi destinati alla sanità come semplice spesa pubblica, ma come il più grande investimento sulla qualità della vita delle persone”. A parlare è il Ministro della Salute, Roberto Speranza che in quest’intervista ripercorre i suoi 3 anni alla guida del Dicastero e ribadisce quali debbano essere le priorità per il futuro del Ssn: “Troppo spesso dimentichiamo che l’Italia è uno dei i Paesi al mondo dove non serve una carta di credito o l’assicurazione per ricevere assistenza sanitaria. È un diritto inviolabile che dobbiamo difendere e tutelare per le future generazioni. Auspico che l’importanza della tutela del Servizio Sanitario Nazionale non sia mai più messa in discussione e che la spesa sanitaria non scenda mai più al di sotto del 7% del Pil”.

Il Ministro parla anche del numero chiuso: “Quest’anno mi sembrano più slogan da campagna elettorale che altro. Fino ad ora il vero tema era la scarsità di specialisti, non di laureati in medicina che c’erano ma erano intrappolati nel cosiddetto imbuto formativo. Oggi è un problema superato”. E poi sul personale sanitario: “In questi anni mi sono speso con tutte le energie per archiviare un’idea di programmazione della spesa sanitaria costruita per silos chiusi e tetti di spesa, considerando il tetto alla spesa del personale quello più insopportabile. Per me la politica dei tetti va complessivamente superata”.

Per tre anni alla guida del Ministero della Salute in due governi diversi e con la pandemia e una guerra di mezzo. Che bilancio fa del suo mandato?
Senza dubbio sono stati tre anni straordinari. Lo scoppio della pandemia che ha colpito il nostro Paese a distanza di pochissimi mesi dalla mia nomina a Ministro della Salute ha caratterizzato questa stagione. La crisi Covid-19 ha convinto tutti della necessità del rilancio della sanità pubblica e ha reso forte e radicata la consapevolezza che il Servizio Sanitario Nazionale è il bene più prezioso che abbiamo. Oggi nessuno può più considerare i soldi destinati alla sanità come semplice spesa pubblica, ma come il più grande investimento sulla qualità della vita delle persone.

È grazie a questo cambiamento culturale che in tre anni siamo arrivati a far crescere il Fondo sanitario nazionale da 114 fino a 124 miliardi di euro, aumentando le risorse di 10 miliardi. Non era mai avvenuto prima in così poco tempo. Auspico che l’importanza della tutela del Servizio Sanitario Nazionale non sia mai più messa in discussione e che la spesa sanitaria non scenda mai più al di sotto del 7% del Pil.

Sempre all’interno del PNRR sarà decisiva la riforma dell’assistenza territoriale definita con il Dm 77. Manca però il tassello della riforma dei medici di famiglia. Si corre il rischio di una falsa partenza?
Dopo la pandemia è apparso ancora più urgente rafforzare l’assistenza territoriale per dare risposte concrete ai bisogni di salute di una popolazione sempre più anziana, con un alto tasso di malattie croniche e che spesso vive in situazioni di solitudine e di emarginazione. Ecco perché con il PNRR abbiamo puntato su teleassistenza, telemedicina e abbiamo deciso di portare l’assistenza domiciliare per gli over 65 al 10% affinché la casa diventi realmente il primo luogo di cura. Altro tassello fondamentale è rappresentato dalla costituzione delle Case di Comunità, attive h24 e 7 giorni su 7 e dove si potranno effettuare esami diagnostici e visite, ricevendo assistenza nei casi meno gravi. In questo modello i medici di medicina generale, con la loro straordinaria rete di capillarità, svolgono un ruolo determinante. La riforma annunciata Draghi e poi bloccata dalla caduta del governo ha l’obiettivo fondamentale di superare la separatezza tra il lavoro del medico di medicina generale e il resto del Servizio Sanitario Nazionale. Su questo punto c’era già stato un confronto proficuo con l’Ordine, i principali sindacati e le Regioni. Spero che sia portata avanti dopo il 25 settembre.

Dai medici agli infermieri tutto il personale sanitario lamenta una grave situazione di disagio e una scarsa attenzione. Cosa ne pensa?
Considero il personale sanitario la leva essenziale del Servizio Sanitario Nazionale. In questi anni mi sono speso con tutte le energie per archiviare un’idea di programmazione della spesa sanitaria costruita per silos chiusi e tetti di spesa, considerando il tetto alla spesa del personale quello più insopportabile. Per me la politica dei tetti va complessivamente superata. Alcuni risultati li abbiamo già realizzati. Dal 2022 diventa permanente la possibilità di alzare il tetto del 10 per cento. A questa possibilità si aggiunge in modo strutturale il miliardo in più in legge di bilancio destinato alla spesa per il personale dell’assistenza territoriale che per la prima volta sarà considerato fuori dal tetto. Sempre in questo triennio è stata aumentata l’indennità di esclusività e sbloccata la Ria per i medici. Abbiamo poi introdotto l’indennità di specificità infermieristica. Abbiamo poi creato le condizioni per stabilizzare molti professionisti che si sono impegnati nell’emergenza Covid-19. Sono stati previsti incentivi per i medici impegnati nei servizi di emergenza-urgenza ed avviato il percorso per riconoscere il servizio prestato nel pronto soccorso come lavoro usurante. Sono segnali concreti di attenzione verso donne e uomini che danno ogni giorno un contributo essenziale alla vita del Paese. Certo si deve ancora fare molto.

La campagna di vaccinazione straordinaria contro il Covid ha coinvolto per la prima volta anche le farmacie in una visione di farmacia di servizio non più solo legata al farmaco. Pensa che questa visione abbia un futuro nella riforma delle Cure primarie?
Le farmacie rappresentano un tassello rilevante della sanità di prossimità. È questa una delle certezze che abbiamo acquisito nel corso della pandemia, anche attraverso il contributo essenziale che i farmacisti hanno dato alla campagna di vaccinazione anti-Covid19 e all’esecuzione dei tamponi. L’esperienza della “farmacia dei servizi” che abbiamo conosciuto durante l’emergenza è un modello virtuoso da promuovere e implementare.

Ogni anno al momento del test d’ingresso a Medicina si parla dell’abolizione del numero chiuso. Pensa che il sistema vada riformato? E se sì in che modo?
Quest’anno mi sembrano più slogan da campagna elettorale che altro. Fino ad ora il vero tema era la scarsità di specialisti, non di laureati in medicina che c’erano ma erano intrappolati nel cosiddetto imbuto formativo. Oggi è un problema superato. E lo rivendico come un risultato di questo mandato. Mai come in questo ambito i numeri fotografano il cambiamento attuato in questo periodo. Per anni nel nostro Paese si finanziavano circa seimila borse all’anno. Quelle a disposizione per l’anno accademico 2020/2021 sono state in tutto 17.400. Sono il doppio di quelle di due anni fa e quasi il triplo di quelle stanziate negli anni precedenti. Per i prossimi anni le borse di specializzazione in Medicina finanziate dallo Stato saranno stabilmente 12mila e garantiranno condizioni di equilibrio per un lungo tempo. Abbiamo praticamente azzerato l’imbuto formativo.

La formazione continua in medicina è un caposaldo per il miglioramento delle competenze dei professionisti sanitari. Crede però che il sistema di aggiornamento professionale vada cambiato?
Nei giorni più drammatici di questa emergenza, abbiamo potuto acquistare mascherine, respiratori, ma abbiamo visto come il personale non si può acquistare, o lo hai formato o non ce l’hai nel momento del bisogno. La sanità italiana può contare su professionisti straordinari, ma dobbiamo investire di più sulla formazione e incoraggiare la promozione dell’aggiornamento continuo, che è un dovere ed un’importante opportunità di crescita professionale. Considero fondamentale rafforzare adeguatamente i percorsi di formazione continua di tutto il nostro personale sanitario.

A prescindere da chi andrà al Governo quali sono a suo parere i punti fermi che dovranno essere mantenuti per garantire il Ssn?
Senza dubbio la difesa e il rafforzamento dell’impianto universalistico del SSN. Bisogna avvicinare ogni giorno la vita delle persone ai principi dell’articolo 32 della nostra Costituzione, che sancisce il diritto universale ad essere curati. Per farlo serve continuare ad investire risorse che andranno ancora accresciute. E poi serve continuare sul terreno avviato delle riforme. Troppo spesso dimentichiamo che l’Italia è uno dei i Paesi al mondo dove non serve una carta di credito o l’assicurazione per ricevere assistenza sanitaria. È un diritto inviolabile che dobbiamo difendere e tutelare per le future generazioni. Io continuerò a battermi per questo.

Luciano Fassari

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