quotidianosanità.it

stampa | chiudi


Venerdì 14 SETTEMBRE 2012
Perdita udito. Le staminali embrionali possono curarla

Per ora l’esperimento è stato condotto solo su modello murino, ma i ricercatori sono convinti che prima o poi sarà possibile ottenere lo stesso risultato anche sugli uomini. La ricerca pubblicata su Nature dimostra che le cellule staminali embrionali possono migliorare l’udito danneggiato del 46%.

Dopo la settimana scorsa, quando una terapia genica aveva ridato speranza alle persone che non hanno capacità olfattive, oggi un nuovo studio arriva a dare buone  notizie a chi non ha udito. Una ricerca appena pubblicata su Nature, infatti, dimostrerebbe come sia possibile ripristinare la capacità di sentire suoni con l’uso di cellule staminali. Il risultato però, è per ora stato ottenuto da un team dell’Università di Sheffield solo sui gerbilli, piccoli roditori usati come modello animale.
 
Quando vengono danneggiati i cosiddetti neuroni del ganglio spirale non possono essere rimpiazzati: questi elementi del sistema nervoso periferico, sono contenuti nell’orecchio e convertono le vibrazioni meccaniche dei suoni in segnali elettrici da mandare al cervello. La patologia che ne deriva viene chiamata neuropatia uditiva, è causa di circa il 10% delle sordità, e a causa della sua natura non può dunque essere corretta, a meno di non sottoporsi a una procedura costosa e rischiosa, in cui vengono impiantati elettrodi direttamente nel cervello.
 
O almeno così era fino a ieri. La nuova ricerca inglese, infatti, promette dei trattamenti molto più semplici, basati sull’uso di un particolare tipo di cellule staminali, progenitrici dei neuroni che si trovano all’interno dell’orecchio e ottenute in laboratorio a partire da staminali embrionali umane. Per dimostrare questa possibilità gli scienziati hanno iniettato circa 50 mila di queste particolari cellule nelle orecchie di 18 gerbilli, i cui neuroni del ganglio spirale erano stati deliberatamente distrutti con l’aiuto di un particolare farmaco, e che per questo erano completamente sordi. Osservando così che le staminali si trasformavano in cellule specializzate, che andavano a sostituire proprio quelle rovinate: in 10 settimane, circa i due terzi degli animali avevano recuperato in parte l’udito, e in media le cavie vedevano lo vedevano ripristinato del 46%.
 
Le cellule staminali erano già state fatte differenziare in laboratorio in cellule nervose utili all’udito in precedenza, ma mai il loro trapianto aveva fatto recuperare l’udito su modello animale. “Abbiamo aspettato per anni le prove che queste cellule potessero connettere l’orecchio interno al sistema nervoso centrale”, ha detto sempre a Nature in un commento Richard Altshuler, biologo all’Università del Michigan.
“È la prova che anche a livello pratico è possibile correggere l’udito tramite le staminali”, ha commentato Marcelo Rivolta, a capo del team che ha condotto lo studio. “Negli esseri umani un risultato del genere vorrebbe dire passare dal non riuscire a cogliere nemmeno i rumori forti – come quelli che producono i camion più grandi nella strada – a poter sostenere una normale conversazione”. Chiaramente però, aggiungono gli autori, prima che questo risultato possa essere usato per curare la sordità negli esseri umani ci vorrà altro tempo e altro lavoro, probabilmente anni.
 
Ma gli scienziati sono comunque ottimisti, poiché sono riusciti anche a riprodurre delle cellule simili a quelle cigliate che sono danneggiate nella maggior parte delle persone sorde, che però ancora non sono completamente funzionanti. “Se riuscissimo a rimpiazzare anche le cellule cigliate, riusciremmo a curare tra l’80 e il 90 per cento delle persone che non riescono a sentire suoni”, ha concluso Rivolta.
 
Laura Berardi

© RIPRODUZIONE RISERVATA