quotidianosanità.it

stampa | chiudi


Lunedì 14 NOVEMBRE 2022
La Sanità che non c’è



Gentile Direttore,
le racconto, dalla drammatica prospettiva di un familiare di un paziente fragile e non cosciente, una mia personale esperienza. Alcuni mesi fa, contattati dai medici che si prendevano cura del paziente, ci siamo recati in ospedale per rilasciare il consenso all’espletamento di una particolare indagine strumentale; quindi, ci siamo spostati presso il Servizio dove hanno eseguito – mi piace pensare con professionalità “tecnica”, perché della professionalità comunicativa, mi creda, neanche l’ombra – l’esame diagnostico.

Nessuna informazione prima e soprattutto, nessuna informazione dopo l’esame diagnostico da parte del medico specialista responsabile; nemmeno l’acquisizione del consenso informato, somministrato, di fatto contra Legem, da un altro professionista. Ho, in quegli istanti, cercato di capire la realtà che stavo vivendo, osservandola da tre prospettive diverse: quella del genitore del paziente, che riponeva in quell’atto sanitario fiducia e speranza; quella del medico, forse non capace quel giorno di essere empatico e compassionevole nei confronti di quel genitore e del dramma che stava vivendo e, la mia, che da familiare coinvolto sentimentalmente e “osservatore” esterno alla relazione medico-genitore, poteva permettersi una visione d’insieme.

Mancanza di sensibilità? Mi auguro per il professionista di no! Mancanza di tempo? Può darsi, anche se c’eravamo solo noi in sala d’attesa; ma, anche se fosse, possibile che non si trovino due minuti d’orologio da dedicare ai familiari per comunicare l’esito dell’indagine? Il tempo di comunicazione non è considerato tempo di cura? Mancanza di formazione specifica? Sì, trovo ecologico per la mente pensare che sia così; che le lacune in termini di competenze relazionali siano da attribuire al sistema universitario che lo avrebbe (e ci avrebbe) dovuto formare.

Da utente e da professionista del SSN mi piace condividere con i vostri lettori, l’idea di quanto possa essere generativa la formazione in tema di comunicazione efficace in Sanità e di quanto le competenze che ne derivano possano regalarci nuove possibilità. Non possiamo più permetterci una Sanità nella quale la relazione tra il medico e il paziente dipenda dalla sola sensibilità individuale, dobbiamo pensare a percorsi universitari e aziendali che contemplino anche l’insegnamento dei fondamentali della comunicazione. Speriamo che questo mio appello venga ascoltato!

Anche se dall’esperienza vissuta ho come percepito l’ennesima mancanza di rispetto per la dignità umana, “continuo a cercarla la Sanità che non c’è, convinto che chi abbia smesso di farlo, professionisti, manager e decisori politici sono forse ancora più pazzi di me.”

Francesco Sciacca
Utente e professionista del SSN

© RIPRODUZIONE RISERVATA